Economia sostenibile. Lavoro, risorse naturali e capitale prodotto dall’uomo

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Poiché la validità di un’idea dipende dai risultati che si ottengono, i risultati dell’economia votata al saccheggio che ha caratterizzato gli ultimi due secoli rendono le idee che l’hanno originata quantomeno discutibili. Il modello classico di un’economia basata su due parametri, il lavoro e il capitale, lungamente

proposto come il non plus ultra, ha invece mostrato miseramente tutti i suoi limiti e fatto danni che vanno dalla creazione di disuguaglianze sociali e conflitti di ogni ordine e grado, fino alla distruzione degli equilibri su cui si reggono gli ecosistemi naturali da cui tutte le attività umane, che lo si voglia o no, dipendono e dipenderanno per sempre. Un’economia ecologica e sostenibile, che non minacci le generazioni future ma che anzi le arricchisca, deve riconoscere l’esistenza di tre parametri: il lavoro, il ’capitale prodotto dall’uomo’ e il capitale naturale’. Intendendo per capitale naturale l’insieme dei sistemi naturali (mari, fiumi, laghi, foreste, flora, fauna, territorio, paesaggio), ma anche i prodotti agricoli, i prodotti della pesca, della caccia e della raccolta e il patrimonio artistico–culturale presente nel territorio. L’attuale tracollo economico di cui non siamo affatto “vittime”, ma artefici consapevoli ed ipocriti, è il segnale d’allarme che ci avvisa quanto sia più che mai urgente un cambio di direzione, di priorità e di idee.

Herman Daly, tra i fondatori dell’economia ecologica, afferma che ci sono almeno tre ovvi principi di sviluppo sostenibile:

LA VELOCITA’ DI PRELIEVO DELLE RISORSE
La velocità del prelievo delle risorse rinnovabili dovrebbe essere pari o inferiore alla velocità di rigenerazione di queste ultime (rendimento sostenibile).

LA VELOCITA’ DI PRODUZIONE DEI RIFIUTI
La velocità di produzione dei rifiuti dovrebbe essere uguale o minore alle capacità naturali di assorbimento da parte degli ecosistemi in cui i rifiuti vengono emessi. “Le capacità di rigenerazione e di assorbimento debbono essere trattate come capitale naturale, e il fallimento nel mantenere queste capacità deve essere considerato come consumo del capitale e perciò non sostenibile".

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LO SFRUTTAMENTO DI RISORSE NON RINNOVABILI
Lo sfruttamento di risorse non rinnovabili è bene che avvenga ad un ritmo tale da non superare il ritmo di introduzione di risorse rinnovabili.

Preservare il capitale naturale è perciò condizione necessaria, ma non sufficiente, visto che anche la ricchezza prodotta dall’uomo ha ragione di esistere. La sfida è proprio quella di fare in modo di preservare entrambi, senza che le attività che permettono il benessere dell’uomo infrangano gli equilibri naturali del pianeta.

Le strade che possiamo scegliere di percorrere in questo senso sono apparentemente due, ma a ben vedere, solo una porta davvero al raggiungimento dell’obiettivo che di certo è ambizioso, ma proprio per questo affascinante.

La prima prevede che la somma del capitale naturale e di quello prodotto dall’uomo sia tenuta ad un valore costante; oppure nella seconda ipotesi che ad essere tenuta costante sia invece ciascuna componente. Il primo punto di vista sarebbe ragionevole qualora si pensasse che i due tipi di capitale fossero sostituibili l’uno all’altro. Ma in quest’ottica il saccheggio del capitale naturale diventerebbe completamente accettabile, poiché sarebbe sufficiente all’uomo produrre un capitale di valore equivalente. La seconda strada è più impegnativa, ma di sicuro più ragionevole poiché il capitale naturale e quello prodotto dall’uomo non sono affatto equivalenti, ma complementari. Ambedue le parti devono quindi essere mantenute intatte nelle proporzioni, perché la produttività dell’una dipende dalla sostenibilità dell’altra. Si tratta quindi di due visioni differenti, la prima detta “sostenibilità debole” o apparente, la seconda “sostenibilità forte” o effettiva. Oggi stiamo vivendo la transizione da un’economia da ’mondo vuoto’, dove le risorse abbondavano per i pochi che abitavano il pianeta ad un’economia da ’mondo pieno’, dove le risorse diminuiscono ogni giorno e la popolazione mondiale aumenta reclamando la sua fetta di torta, ma ormai il piatto è quasi vuoto. In questa seconda fase l’unica strada possibile è la sostenibilità, una scelta strategica che mira all’investimento nella risorsa più scarsa, nel fattore limitante.

Sviluppo sostenibile significa quindi effettuare scelte coraggiose in grado di trasformare un punto debole in un punto di forza, prima che sia davvero troppo tardi per poterlo fare. E se crediamo di avere ancora qualcosa da perdere bene, significa che siamo ancora in tempo per cambiare rotta. Quando non avremo più niente da perdere sarà invece troppo tardi, avremmo perso tra le tante cose anche l’occasione di migliorare le nostre condizioni.

Fonti | Earth Rights | Growth Madness