- scritto da Annalisa Tirrito
- categoria Progetti
Riconversione di Palazzo Butera a Palermo: l’elegante dimora diventa museo
Lungimirante approccio europeo a Palermo per palazzo Butera, fascinosa dimora privata aperta al pubblico, come spazio museale dei coniugi Valsecchi, e progetto strutturale e museografico dell’architetto Cappelletti.
Non c’è una regola per l’innovazione, e può succedere che a Palermo non ci si aspetti un progetto tanto moderno, mentre al contrario la sensazione del visitatore a Palazzo Butera, è meraviglia, forse ancor più inattesa per l’iniziale pregiudizio. La stessa meraviglia che nel quatiere antico della Kalsa hanno provato a primo acchitto, innanzi alla bellezza imponente, i coniugi Francesca e Massimo Valsecchi, collezionisti d’arte di formazione europea. Che già in ascolto e aperti alla contaminazione e all’innovazione, hanno subito visto oltre, trasferendo a Palermo l’intera loro vita, arte, aspettative e visione formativa lungimirante, interpretando al meglio il Palazzo per trasformare ciò che aveva da dire in occasione di progetto.
Qui l’architetto e museografo Giovanni Cappelletti ha messo in pratica il loro sogno, diventato empaticamente anche il suo, convertendo Palazzo Butera, da dimora privata a spazio museale, che così sintetizza:
Si tratta a nostro avviso di un progetto innovativo perché cerca di realizzare in tutte le occasioni possibili un dialogo impostato su di un piano di parità tra i due poli – potenzialmente conflittuali – costituiti dai nuovi interventi da una parte e dall’antico manufatto dall’altra.
Il risultato non poteva essere più accattivante, eppure l’architetto con semplicità racconta del progetto condotto perlopiù su sottrazione:
Sono pochi i nuovi elementi previsti dal progetto e realizzati a piano terra: una scala, una passerella, il disegno dei serramenti, la scelta di un nuovo e omogeneo tipo di pavimentazione: tutti elementi caratterizzati da un linguaggio che vorrei dire austero. Elementi che non intendono sovrapporsi alla lingua parlata dall'edificio ma che anzi in qualche modo sono derivati da essa. Sono elementi che interpretano l'edificio come un palinsesto, proponendo una chiave di lettura contemporanea per le stratificazioni che il tempo ha depositate su di esso.
E proprio sulla citata “passerella” si sofferma l’attenzione, perchè è di una genialità ed eleganza unica, più propriamente un nuovo percorso in quota nelle sale espositive a piano terra, ovvero una scala in ferro e vetro retroilluminato. Galleria espositiva con pavimento in vetro, come un nastro che si affaccia sulla cavallerizza e consente l’utilizzo degli spazi espositivi in un modo inusuale, compreso l’utilizzo della nuova galleria dei disegni.
Questa ed altre meraviglie fanno del palazzo un percorso nel percorso, con una gara impari tra contenitore ed arte contenuta, ma dove il palazzo, risorto dalle ceneri di un passato inglorioso per divisioni improprie e ambienti sviliti gioca un ruolo di primo piano e straordinariamente assolvere la sua nuova funzione museale.
Arte contemporanea al piano terra, dipinti antichi, porcellane e mobili inglesi al primo e secondo piano. Una struttura complessa anticamente, con percorsi per la famiglia e gli ospiti e percorsi per la servitù, che ne garantivano separazione, e con una terrazza lineare nel suo impianto esterno verso il mare che oltre ad essere un colpo d’occhio con maioliche verdi e bianche e di più di cento metri di lunghezza, è una risorsa di grande bellezza per il Palazzo, come pure i due cortili, accoglienti e raccolti come delle piazze in cui si affacciano le nuove aree espositive.
Ed ancora straordinario il percorso del sottotetto, con la passeggiata che ne svela dimensione e importanza, grazie alla passerella in doghe di legno da cui apprezzare l’antica sapienza costruttiva. Il Belvedere, piattaforma in ferro lineare e funzionale, sui tetti del palazzo fino a spaziare con la vista su tutte le coperture. Mantenendo lo sguardo della prima ora, ma con evidente contemporaneità capace di rimettere in moto l’organismo architettonico ereditato dalla storia, avviandolo verso una nuova vita e aprendo al pubblico con nuove funzioni e significati, fino ad essere organismo vivo all’interno della Kalsa, come polo culturale e di rigenerazione urbana che, fin dall’inizio di questa avventura, è stato uno degli obiettivi più alti del progetto di Francesca e Massimo Valsecchi.