Alberghi diffusi, occasione di recupero architettonico: l’esempio virtuoso dei Sassi di Matera

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Un modo innovativo e sostenibile di prendersi cura dei borghi di interesse storico–architettonico sta prendendo piede anche in Italia, ed è il modello degli alberghi diffusi, che occupano piccole porzioni di spazio urbano estendendosi in orizzontale, come un micro quartiere, anziché in verticale come un palazzone multipiano. Più simili ad abitazioni che ad hotel, gli alberghi diffusi si rivolgono a chi vorrebbe fare

del turismo un’occasione per interagire più con i residenti della casa di fianco, piuttosto che con i vacanzieri dell’hotel di fronte.

Potrà sembrare un’idea assurda, eppure non molto tempo fa si viaggiava per conoscere cose nuove, e tornando a casa ci si sentiva arricchiti come se si fosse importata un po’ di cultura. Oggi invece la vacanza è piuttosto un mezzo per esportare ignoranza. La nostra. È noto infatti il motto “sembri un italiano in vacanza” che gli stranieri usano per etichettare (certo, è un pregiudizio) il prototipo del coatto sprovveduto da villaggio vacanze.

I progetti di alberghi diffusi nascono invece da un’interessante ambizione culturale: dare dignità nel nostro Paese al cosiddetto “Patrimonio Storico Minore” ed al nostro Paesaggio. L’aggettivo “minore” (una distinzione in realtà fuorviante) deriva semplicemente dal fatto che tali patrimoni non sono stati creati dall’opera demiurgica di una ricca committenza, attraverso l’interpretazione, unica, creativa e “artistica”, di un architetto, ma da una collettività indifferenziata con le sue professionalità “artigianali” che affonda le sue radici in uno specifico contesto storico legato indissolubilmente al suo territorio e alla sua gente.

Quello realizzato nei Sassi di Matera dal gruppo Sextantio è un albergo diffuso molto suggestivo che nasce anche grazie all’esperimento di successo realizzato (contro ogni pronostico) nel borgo medievale di Santo Stefano di Sessanio (AQ), e pur con tutte le differenze dei due contesti, i due progetti mirano a generare sostanzialmente due cose:

  • un modello di ospitalità originale
  • un modello di sviluppo turistico sostenibile del territorio.

Obiettivi ambiziosi, ma realizzabili. I requisiti che un albergo diffuso deve rispettare sono i seguenti:

Qualità dei servizi – Struttura ricettiva alberghiera gestita in forma professionale.
Centro storico abitato –Unità abitative dislocate in più edifici separati e preesistenti.
Servizi comuni – Presenza di locali adibiti a spazi comuni per gli ospiti (ricevimento, sale comuni, bar, punto ristoro).
Distanza ragionevole degli stabili – massimo 200 metri tra le unità abitative e la struttura con i servizi di accoglienza (i servizi principali).
Presenza di una comunità viva – Comunità ospitante, integrazione concreta nel territorio e nella cultura del luogo.
Presenza di un ambiente autentico – Integrazione con la realtà sociale e la cultura locale.
Riconoscibilità – Identità definita e uniforme della struttura; omogeneità dei servizi offerti.

L’albergo diffuso di Sextantio nei Sassi di Matera riesce a mantenere incredibilmente intatto l’arcaico rapporto di reciproca integrità tra territorio naturale e costruito storico, tutelando quell’insieme delicato di elementi spesso trascurato chiamato “paesaggio”. Qui tutto è stato recuperato in modo da alterare il meno possibile, prendendo alla lettera la parola “conservazione”. Scordatevi dunque alberghi multipiano, maxi residence con piscina, camionistiche insegne al neon (che io proibirei per legge, ma questa è una mia idiosincrasia), reception tanto sofisticate quanto tamarre, luci invadenti e tutto quanto c’è di inutile nel mare magnum del “cianfrusagliame elettronico” che decora allegramente i nostri spazi. Qui tutto è essenziale, tutto è minimale, tutto è perfetto.

E come potrebbe essere altrimenti? Il paradosso dei Sassi di Matera è proprio questo: un perfetto equilibrio di pietra, un anacronismo sempre attuale: un borgo antico, ma mai antiquato; preistorico, eppure tutt’altro che arretrato. Matera è la Signora che fu Contadina, passata da “vergogna nazionale” (a causa delle sue condizioni di degrado nel dopoguerra) a “Patrimonio Mondiale dell’Umanità”. La doppia anima di questa città rappresenta l’espressione paradigmatica di molto patrimonio culturale italiano, spesso trascurato, dimenticato e oltraggiato, che attende solo di essere riscoperto.

Per valorizzare tali contesti di enorme pregio ma a rischio degrado, lo sviluppo di progetti come gli alberghi diffusi si è rivelato particolarmente adatto:in tal modo sipossono recuperare e valorizzare interi quartieri, andando a riqualificare pezzi di città storica trascurati, vecchi edifici non utilizzati ed al tempo stesso si contribuisce concretamente a potenziare l’offerta della ricettività turistica senza occupare nuovo suolo con nuove costruzioni. Una soluzione brillante dunque, del tipo che gli anglosassoni chiamerebbero win–win, dove tutti hanno qualcosa da guadagnare: cittadini, imprenditori, architettura, ambiente. Il che in definitiva, è esattamente quello che dovrebbe essere la sostenibilità.

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Alberto Grieco

Alberto Grieco Architetto

Frequentando una signora chiamata Storia, ha scoperto che l’architettura bio-eco-ecc. non ha inventato Nulla©, ed è per questo che perde ancora tempo sui libri. Architetto per vocazione; tira con l’arco, gira per boschi, suona e disegna per vivere. Lavora nel tempo libero per sopravvivere.