I paradossi del bioetanolo. Combustibili e sostenibilità

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A nessuno stupirà sapere che la Spagna, assieme all’Italia, è uno dei Paesi europei dove l’infrastruttura per le auto ad alcol risulta quasi inesistente (meno di 5 pompe nel 2007 – fonte Eubia.org). Stupisce però apprendere sempre dalla stessa fonte che un paese piuttosto arido come la Spagna sia invece il primo esportatore di etanolo in Europa, anche se fanalino di coda per quanto riguarda l’uso. Infatti, l’ipocrisia del sistema è evidente: l’etanolo spagnolo è prodotto con frumento, perlopiù importato dal Sud America.

Nel nostro paese il DL n. 28 del 3/3/2011 fissa come obiettivo sostituire entro il 2014 il 5% di tutti i combustibili per autotrazione con biocarburanti, e rimanda alla direttiva europea 2009/30/CE per quanto riguarda i criteri di sostenibilità. La menzionata direttiva sancisce l’obbligo per le petroliere di ridurre del 10% entro il 31/12/2020 le emissioni totali di CO2 nell’intero ciclo di vita dei carburanti. Quindi non basta aggiungere bioalcol alla benzina, bisogna dimostrare che le emissioni di tutto il processo produttivo della miscela sommate alle emissioni derivate dalla sua combustione raggiungano almeno il 90% rispetto a quelle della produzione e combustione della benzina pura. La Direttiva sopracitata introduce una serie di tabelle con coefficienti di riduzione delle emissioni di CO2 per ogni tipo di biocarburante. Stupisce vedere che quelli con il maggiore indice di riduzione delle emissioni nette di CO2 sono proprio il bioetanolo da canna da zucchero (71%) e quello da cereali (69%). Ci stupisce ancora di più questo computo delle emissioni fatto dagli euroburocrati alla luce di quanto denunciato dall’attivista brasiliano Sydney Possuelo in un’intervista per Radio Radicale.
Il governo della dichiarata ecologista Dilma Rousseff sta autorizzando il disboscamento di enormi aree di giungla amazzonica. Al migliore vecchio stile Bush, cioè senza alcun rispetto per la biodiversità né per i diritti degli aborigeni, e ignorando le stesse leggi brasiliane in vigore. Tutto per incrementare le esportazioni nazionali di alcol da canna di zucchero.

Cos'è il bioetanolo

Il bioetanolo non è altro che alcol etilico ottenuto dalla distillazione di prodotti di fermentazione della biomassa. Il prefisso bio sottolinea le sue origini biologiche, forse più per una questione di moda che altro, in quanto la produzione di etanolo da petrolio non è mai stata economicamente conveniente. La fermentazione di frutta e cereali per produrre bevande alcoliche è nota fin dagli albori dell’umanità. Nel VII secolo gli alchimisti arabi inventarono l’alambicco e perfezionarono la tecnica di distillazione dell’alcol (che trae il suo nome precisamente dall’arabo al kohol). Risale alla fine del XIX secolo, la tecnica di produzione di etanolo da cellulosa, oggi pomposamente chiamata “etanolo di seconda generazione” per differenziarlo da quello prodotto con i cereali.

L’uso dell'alcol come combustibile

L’uso dell’alcol come combustibile per il trasporto non è nuovo: già Henry Ford era convinto che il petrolio sarebbe finito, e così sviluppò una versione del leggendario modello T che poteva funzionare con alcol puro. Durante la Seconda Guerra Mondiale, entrambi i bandi svilupparono tecnologie per la produzione di alcol dalle fonti più svariate, e motori capaci di utilizzarlo come combustibile primario per alimentare la macchina da guerra. Già negli anni 70, paesi ricchi di biomassa come il Brasile e l’Argentina promossero l’uso di etanolo (puro o miscelato con benzina in diverse proporzioni). Nel 2006, l’amministrazione Bush varò una politica (per questioni di “sicurezza nazionale” e non di ecologia) tendente a sostituire il 15% delle importazioni di petrolio con il bioetanolo. Ciò provocò una valanga di critiche per l’impatto nefasto sui prezzi dei cereali, specialmente nei Paesi del Terzo Mondo. Vignette come quella del giornalista pakistano Chapatta qui riprodotta sono purtroppo ancora attuali, in quanto lo scempio continua.

L’etanolo ottenuto dalla distillazione semplice è conosciuto come alcol di 92 gradi, perché contiene 8% di acqua. Il massimo tenore di alcol che si può ottenere con la successiva distillazione è del 95 %, ed è definito miscela azeotropica. Vuol dire che anche se venisse ulteriormente distillato, sarebbe impossibile eliminare il 5% di acqua rimanente. Esistono diversi processi industriali che eliminano tale problema producendo l’alcol assoluto (99% o più di alcol). Per evitare che assorba l’umidità dall’aria, ridiventando azeotropo, l’etanolo assoluto viene denaturato con l’aggiunta di benzina o altri idrocarburi. Il mix ottimale per l’industria automobilistica è conosciuto come E85 (85% etanolo, 15% benzina). L’attuale standard europeo consente di aggiungere fino al 5% di etanolo assoluto alla benzina senza piombo, senza che perda la sua denominazione di “benzina”. In effetti, l’etanolo è un antidetonante, migliora il numero di ottani della benzina e i motori convenzionali possono funzionare con miscele contenenti fino al 15%. L’etanolo ha un potere calorifico inferiore a quello della benzina, ma il suo potere antidetonante consente l’utilizzo in motori con un rapporto di compressione più elevato, in modo che l’aumento di efficienza compensi in parte il minore contenuto energetico, ciò è possibile solo in motori appositamente progettati.

Il bioetanolo è davvero "verde"?

Ma è davvero “verde” il bioetanolo? Dal punto di vista globale, l’uso del bioetanolo non dovrebbe alterare il bilancio di CO2 dell’atmosfera (il condizionale è di obbligo, perché il bilancio dipende anche da come e dove sia stato prodotto). A livello locale cambia poco o niente: l’inquinamento atmosferico urbano sarà quasi uguale a quello prodotto dalla benzina, in estate forse è peggio per via della maggiore volatilità della miscela E5 oggi utilizzata. Sebbene la combustione di un chilo di etanolo produca 2,88 kg di CO2, contro i 3,08 kg di CO2/kg di benzina, è altrettanto vero che aumenta la quantità di NOx e aromatici incombusti, che sono nocivi per la salute. Veicoli specificamente progettati per funzionare con l’E85 in parte risolvono questo problema mediante l’impiego di catalizzatori speciali. Purtroppo nel nostro mercato tali veicoli ancora non ci sono, anche se la tecnologia è stata inventata proprio in Italia dalla Magneti Marelli, mentre la Svezia detiene il primato di stazioni di servizio e di veicoli adatti a funzionare con l’E85.

Mario Rosato

Mario Rosato Ingegnere

La sua passione sono le soluzioni soft tech per lo sviluppo sostenibile, possibilmente costruite con materiale da riciclaggio. Un progetto per quando andrà in pensione: costruire un'imbarcazione a propulsione eolica capace di andare più veloce del vento in ogni direzione.