Spreco energetico e deficit economico: colpa degli edifici pubblici?

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Consigli, proclami, esempi virtuosi non bastano a quanto pare: sono gli edifici pubblici e quelli scolastici il problema! Parliamo di spreco energetico, oltre a quelli di ordine strutturale ed estetico. Non sarà certo un solo edificio virtuoso a fare il cambiamento, ma può servire da esempio concreto, in un periodo di scarsi investimenti e deficit economico. Il problema serio è che spesso gli edifici esistenti non sono completamente adeguabili alla normativa energetica e per ovviare la mancanza di comfort il più delle volte, anziché agire sull’involucro mediante radicali opere di manutenzione (dai costi indubbiamente non trascurabili, ma inferiori a quelli delle bollette salate che si protraggono per anni) si pensa bene di impiantare decine di condizionatori per raffrescare e alzare al massimo la temperatura in inverno. Il tutto avviene rigorosamente con infissi aperti o semiaperti per permettere all’aria di circolare e non creare il cosiddetto “effetto stalla”, che non è una battuta ma viene chiamato così ed è semplice intuire di cosa si tratti.

Riqualificazione energetica e sostenibile del costruito

I RESPONSABILI DEGLI SPRECHI SONO ANCHE GLI UTENTI

I dipendenti pubblici, insegnanti e gli stessi scolari hanno la medesima responsabilità dei progettisti: avere in prestito una struttura che, a prescindere dalle sue condizioni, va rispettata in tutto e per tutto poiché ogni danno arrecatole e lo spreco indiscriminato di risorse al sui interno sono costi che paga l’intera società.
Quante volte vi è capitato di passare di notte davanti alla sede di una scuola o di un municipio e vedere che le luci all’interno sono sempre accese? Quante volte – se siete dipendenti pubblici – vi capita di lasciare o di vedere i colleghi lasciare il computer e i vari hardware da lavoro in stand–by andando via a fine giornata? Quante volte i ragazzi delle scuole lasciano i rubinetti dei bagni aperti per gioco o per altri futili motivi sprecando litri e litri di acqua potabile? Queste e molte altre sono le domande che non vorremmo doverci fare, eppure, sebbene pensiamo che le lamentele sullo spreco energetico ed economico valga solo per carenza tecnica degli edifici, le cose non stanno proprio così.

A proposito di questo potete trovare in rete numerosi consigli per essere meno spreconi o insegnarlo ai vostri ragazzi, come il vademecum redatto dall’Associazione E.C.O. o con la guida de “Il risparmio energetico in ufficio” .

LA SITUAZIONE ITALIANA E LO SPRECO ENERGETICO NEL SETTORE PUBBLICO

Legambiente lancia una stima preoccupante: 9 edifici su 10 consumano energia, cioè il 90% del patrimonio immobiliare italiano. Si tratta di una stima a campione svolta su un numero limitato di immobili (100) divisi in diverse località ma, a parte le indagini termografiche dirette, la stima si basa su altri dati indiretti come costi delle bollette, delle manutenzioni impiantistiche, del parere degli stessi utenti e altro ancora.

La campagna di monitoraggio chiamata non a caso “Tutti in classe A” è un chiaro monito a migliorare le condizioni del patrimonio immobiliare che rischia di diventare un danno enorme per la nostra economia e per l’ambiente.
Il riscaldamento delle scuole, degli uffici pubblici, degli immobili utilizzati per le attività pubbliche in generale è un problema serio perché ha un costo considerevole per il bilancio dello Stato e, dalle stime attuali, l’energia sprecata è un terzo di quella acquistata. Questo problema è stato discusso addirittura all’assemblea degli Stati Generali della Green Economy a Ecomondo–Rimini e tra gli atti conclusivi di quell’assemblea i due Ministri (Ambiente e Sviluppo Economico) hanno pensato bene di stilare una legge per intervenire mediante misure di efficienza energetica : su 11.000 uffici pubblici, 30.000 edifici scolastici e 70.000 realizzati mediante social housing, pare sia possibile un risparmio energetico di 1 Mtep entro il 2020 (33% dei consumi negli edifici considerati per gli edifici esclusivamente pubblici).

Quale è il quadro attuale per l’Italia?

Non è confortante visto che la Corte dei conti europea ha messo sotto esame tre Paesi in particolare (Repubblica Ceca, Italia e Lituania),che avevano ricevuto i maggiori contributi dal Fondo di Coesione e dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale per il periodo 2007–2013 e che avevano anche stanziato gli importi più elevati per i progetti entro il 2009, senza poi raggiungere gli obbiettivi prefissati.

Quel che è accaduto è che gli Stati membri hanno essenzialmente utilizzato i fondi europei per interventi sugli edifici pubblici in cui quelli per il risparmio energetico erano raramente contemplati. Il risultato è che gli investimenti si ripagheranno in tempi che vanno dai 50 ai 150 anni, superando la vita utile delle tecnologie utilizzate per gli efficientamenti.

Ottenere un risultato in tempo di crisi e di deficit non è affatto semplice poiché gli investimenti richiesti sono impegnativi, ragion per cui occorre innanzi tutto pensare ad un sistema efficace per gli incentivi e le detrazioni fiscali che già nel quadriennio concluso nel 2010 (oggetto di monitoraggio e di bilancio consuntivo) hanno permesso 12 mld di euro di investimenti con oltre 40.000 posti di lavoro salvati ogni anno.

Quanto si può risparmiare con investimenti in efficientamento energetico sul patrimonio pubblico?
Si stima che con un investimento di 17 miliardi di euro per la riqualificazione dei circa 85 milioni di mq di edifici pubblici,il risparmio sarebbe di 750 milioni di euro all’anno per i costi energetici; di conseguenza si otterrebbe una crescita del Pil annuo dell’1,4% che aumenterebbe fino ad una soglia del 2,8% se gli interventi si protraessero per almeno 10 anni consecutivi (stima dell’Agenzia Mf Dow Jones sulla base di una ricerca realizzata da Nomisma). Questo significherebbe minori costi per lo Stato, minore inflazione per noi cittadini, più posti di lavoro e condizioni di vita migliori per studenti e lavoratori che stazionano negli immobili pubblici molte ore.

Esisterebbe anche una complessa valutazione di sostenibilità finanziaria a sostegno di queste proposte, ovvero si giustificherebbe l’investimento sulla base di un ritorno economico che ripagherebbe in poco tempo il denaro investito, ma non è questa la sede per approfondire la faccenda.

QUALI SONO LE FASI PER L’EFFICIENTAMENTO?

Il primo step per l’efficientamento energetico degli edifici consiste nelpianificare perintervenire nel settore edilizio al fine di contenere i consumi energetici, riducendo gli sprechi e le relative emissioni di CO2. Prima di intervenire è però necessario conoscere le condizioni dell’esistente ed è per questo che l’Unione Europea ha varato precise Direttive che hanno reso obbligatoria, anche in Italia, la Certificazione Energetica degli edifici nuovi e nelle compravendite e locazioni di quelli già esistenti.

La normativa avrebbe però già dovuto aprire interessanti opportunità per i professionisti che offrono questo tipo di servizi e, in particolare, per i Certificatori Energetici, ma al momento non sono mancati anche per questo settore i problemi, come lo screditamento dei professionisti qualificati per via di fantomatiche offerte per certificati a poco prezzo.

Mariangela Martellotta

Mariangela Martellotta Architetto

Architetto pugliese. Prima di decidere di affacciarsi al nascente settore dell’Ecosostenibilità lavorava nel settore degli Appalti Pubblici. È expert consultant in bioarchitettura e progettazione partecipata. Opera nel settore della cantieristica. È membro della Federazione Speleologica Pugliese.