Architettura a chilometro zero: Villa Welpeloo

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Un diverso procedimento progettuale ha guidato i membri del gruppo olandese 2012Architecten nel realizzare Villa Welpeloo: un’abitazione a chilometro zero per una coppia di collezionisti d’arte. Il loro approccio all’architettura, che sono soliti definire ricyclicity o anche superuse, ribalta il tradizione procedimento, partendo da un approfondito studio dell’area circostante il sito, fino a un raggio massimo di 15 chilometri, per stabilire quali possano essere i materiali di recupero disponibili in modo da ridurre drasticamente le emissioni di anidride carbonica per il trasporto ma anche per la produzione di componenti nuove ove queste non siano necessarie.

Una volta definite le linee generali della composizione questo tipo di studio permette notevoli risultati dal punto di vista ambientale: in questo caso è stato possibile garantire l’utilizzo del 60% di materiali di recupero per gli esterni e ben il 90% per l’interno.
L’edificio si articola in una serie di volumi semplici che spiccano a Roombeek, un sobborgo di Enschede, in Olanda, proprio per la loro sobrietà e le linee chiare e per il loro netto contrasto con le abitazioni circostanti realizzate con la più tradizionale struttura a capanna.

I MATERIALI

Non si tratta di semplice recupero di porzioni di altri edifici; si tratta di utilizzare parti di altre strutture con una funzione in precedenza del tutto diversa che non sono più in grado di soddisfare i requisiti a loro richiesti ma che hanno ancora caratteristiche di qualità e resistenza tali da essere nuovamente impiegati.
La struttura principale è realizzata in profili d’acciaio recuperati dalla dismissione di macchinari per la produzione tessile ampiamente presenti in quest’area grazie alla sua tradizione manifatturiera: una sola delle macchine è stata sufficiente per l’intera struttura portante.
Per le facciate, interamente realizzate in legno, sono stati utilizzati gli elementi centrali delle bobine per l’avvolgimento di cavi dismessi da una ditta produttrice di cavi: la loro modularità, le dimensioni standard e la loro alta qualità li ha resi elementi perfetti per lo scopo pur non essendo più adatti alla loro funzione originaria.
Molte delle aperture sono realizzate con scarti di vetro recuperati da una fabbrica locale mentre gli scarti di polistirolo di una ditta produttrice di roulotte sono serviti come materiale da isolamento.

GLI INTERNI

Considerate le particolari richieste dei committenti, amanti dell’arte, del collezionismo e organizzatori di piccole mostre private, i progettisti hanno dovuto studiare gli interni in funzione della luce e disporre gli spazi in modo da creare un ambiente adatto.
Le ampie vetrate e le superfici bianche delle pareti interne danno un senso di ampiezza e creano proporzione grazie al contrasto con le piccole aree scure e in ombra per la presenza dell’arredo. Il bianco che circonda chiunque entri nell’abitazione e che è indispensabile per costruire un ambiente adatto alla fruizione di un’opera d’arte, viene rotto nel momento in cui si apre un cassetto o una porta: per realizzare gli elementi interni infatti sono stati usati vecchi manifesti e cartelloni pubblicitari che aggiungono quegli elementi colorati altrimenti quasi assenti nell’abitazione.
Per l’illuminazione, anch’essa studiata appositamente, l’abitazione sfrutta il più possibile l’illuminazione naturale; in aggiunta sono state progettate delle lampade realizzate a partire dalla struttura di ombrelli rotti raccolti nel quartiere.
Anche l’elevatore utilizzato in fase di cantiere è stato recuperato per diventare una parte della costruzione stessa, per rispondere alla richiesta dei proprietari di avere a disposizione un elevatore per trasportare i dipinti al piano superiore.

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Ingegno, creatività e amore per l’ambiente: dietro all’architettura a km zero non può che esserci tutto questo!

  • crediti fotografie © 2012Architecten
Ester Dedè

Ester Dedè Architetto

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