Riciclabilità dei materiali edili, progettazione e sostenibilità

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I vantaggi del riciclo dei materiali edili, alla luce delle nuove indicazioni normative sulla sostenibilità e di un approccio più razionale all’uso dei materiali nel progetto architettonico. Parlare di riciclabilità non è così immediato, né è semplice attribuire un valore ai parametri che la caratterizzano. Ad oggi tuttavia è inserita a pieno titolo tra i le schede di valutazione del protocollo ITACA (schede B.4.6 e B.4.10), che da diversi anni costituisce un criterio di selezione per gli appalti pubblici di alcune regioni più evolute dal punto di vista della sostenibilità, e da quest’anno a livello nazionale. Il maggiore punteggio attribuito è motivato dalla possibilità di allungare il tempo (o ciclo) di vita utile di questi ultimi, rendendo il rapporto costo/uso più conveniente, in controtendenza coi dogmi del consumismo.

Innanzi tutto occorre spogliarsi del pregiudizio verso i materiali che definiamo sintetici o artificiali: qualsiasi materiale viene prodotto con elementi “naturali” e la differenza, quantitativa, è nella complessità della lavorazione e nella conoscenza che si ha del materiale. La possibilità di riusare un materiale dipende dalle caratteristiche dello stesso e dalle tecnologie a disposizione, e comporta un costo che può variare molto.

PARAMETRI DI RICICLABILITA’

Per quanto riguarda le caratteristiche del materiale, volendo ad esempio considerare un pannello coibente, i derivati cellulosici e le fibre vegetali possono essere reimpastati un numero limitato di volte, deteriorandosi sempre di più, mentre i materiali plastici possono essere ricostituiti un numero più elevato di volte, mantenendo inalterate la maggior parte delle proprietà utili (per approfondire l’argomento, leggi l’articolo sul ciclo di vita del poliuretano espanso): è per questo che, quando siano ben conosciuti, possono costituire un’ottima alternativa, purché se ne preveda il riciclo.

Per quanto riguarda le tecnologie un esempio viene dalle bottiglie in PET: esse possono essere riciclate come plastica semplice, con bassi costi di separazione ma elevati costi di lavorazione, per tessuti come il gore–tex o il pile, con costi medi di separazione e di lavorazione, o tornare bottiglie, attraverso sterilizzazione, con costi medi di separazione e bassi costi di lavorazione.

LA RICICLABILITA’ NELLE CONSIDERAZIONI DI PROGETTO

L’analisi della bontà di un materiale dal punto di vista della riciclabilità procederà dunque da considerazioni tratte dal LCA (life cycle assessment):

  • Disponibilità delle materie prime necessarie in natura e alterazione dell’ecosistema.
  • Onerosità delle lavorazioni che generano il materiale a partire dalle materie prime.
  • Inalterabilità nel tempo delle proprietà, in base all’uso previsto.
  • Possibilità di riuso al termine della vita utile del manufatto cui si applica.
  • Onerosità delle tecnologie di riciclo.

Se le prime due sono pertinenti alla produzione e commercializzazione, e vanno richieste al fornitore, le altre sono valutazioni che compaiono nella relazione tecnica del progetto, e condizionano le scelte architettoniche sin dall’inizio.

Tali considerazioni, assieme ad altre del LCA come la sostenibilità “sociale”, i meccanismi di finanziamento, gli obiettivi politici e socio–economici, fanno parte di un approccio sistemico al problema, ovvero in grado di “tenere d’occhio” (se non controllare o gestire) tutte le implicazioni, precedenti e successive, delle scelte operate anche nei piccoli cantieri di edilizia civile.

ALCUNI ESEMPI

Riguardo alla disponibilità dei materiali, spesso confondiamo la “naturalità” con le disponibilità reali: a volte un materiale derivato da processi di riciclaggio è molto meno oneroso per l’ambiente di uno che consideriamo naturale, come la pietra o il legno massello per i quali dobbiamo scavare cave o tagliare boschi.

L’onerosità delle lavorazioni prevede tra l’altro la conoscenza dei trattamenti necessari alla buona resa del materiale, che a volte si avvalgono di solventi chimici o procedimenti che ne compromettono l’iniziale “integrità”.

La buona conoscenza del materiale e delle modalità di applicazione porta invece ad una maggiore sicurezza riguardo all’inalterabilità nel tempo: conosciamo bene caratteristiche e comportamenti del legno, dell’argilla e di alcune malte. Meno conosciute sono le proprietà sul lungo termine di soluzioni come il cemento armato e alcuni premiscelati di nuova generazione, o di materiali fibrosi come la lana di vetro e di roccia. Un altro aspetto di questo problema è costituito dai tempi di garanzia dei materiali e delle componenti impiantistiche: ad oggi spesso essi coincidono con i tempi di vita utile, ovvero funzionale, che pur arrivando in alcuni casi a 5 o 10 anni, rimangono però largamente inferiori ai tempi di vita utile dell’edificio in cui si applicano.

IPOTESI AUSPICABILI

Per quanto riguarda le tecnologie di riuso e i costi di tali processi, nell’edilizia purtroppo si è ancora agli inizi, e l’unica possibilità per gli “uomini di buona volontà” è quella di immaginare le disponibilità tra 20 o 30 anni, considerando la sensibilità alle problematiche ambientali ma anche le capacità infrastrutturali delle zone interessate dal cantiere. Sarà fondamentale la presenza di aziende in grado di smontare, ripristinare e gestire i materiali prefabbricati che già da alcuni decenni sono sul mercato, mentre la futura richiesta di mercato ne determinerà la convenienza.

Una pagina a parte meriterebbe l’analisi delle procedure di demolizione: come succede per la raccolta dei rifiuti, l’introduzione di una specificità nelle operazioni (smontaggio di infissi, separazione del ferro, etc.) comporterebbe sì un maggior onere di demolizione, ma anche dei vantaggi funzionali ed economici notevoli nel successivo recupero e riuso dei materiali.

Infine non si può omettere l’importanza che stanno avendo e che sempre di più avranno in futuro gli indirizzi normativi e la capacità di controllo della buona regola di progettazione, da parte di istituzioni ma anche albi ed associazioni di categoria, nel dare diritto di cittadinanza in ambito architettonico alle pratiche di riuso ai fini della sostenibilità ambientale.

Francesco Cherubini

Francesco Cherubini Dottore in Fisica

Nasce ricercatore biofisico per morire progettista HVAC tra ingegneri, architetti e geometri. E’ il classico soggetto che ha una lavatrice a pedali in cantina e l'estate fa campeggio con i pannelli solari e l'impianto a 12 volts autocostruito. Passione per l'artigianato, il rugby e l'essenzialità.