Casa de la Mujer: saperi antichi e tecnologia moderna uniti a scopo umanitario

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La Casa de la mujer si trova nella zona desertica di Rabouni (Tindouf) in Algeria, dove vivono i rifugiati Saharawi. È stata realizzata nel 2006–07 da maestranze locali, su progetto e direzione dell’ingegnere italiano Guido Moretti, coadiuvato dall’amico Mirco Monari. Si tratta di un centro culturale con finalità umanitarie per le donne Saharawi che qui hanno la possibilità di svolgere attività indirizzate all’impiego di strumenti informatici. Un edificio in cui Moretti ha unito la tecnologia moderna agli antichi saperi delle popolazioni del deserto, con riferimenti alle costruzioni dell’Algeria meridionale e del Mali e alle opere di Hassan Fathy in Egitto.

Architettura della terra di Hassan Fathy

La Casa de la Mujer presenta un pianta quadrata, 15 metri di lato. Al suo interno, quattro ambienti con copertura a cupola si dispongono a 2 a 2 lungo il corridoio voltato, intervallati da due cortili interni che contribuiscono a raffrescare gli spazi destinati alle attività formative.

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Le murature di 40 cm di spessore sono state realizzate in mattoni di adobe, in linea con la tradizione locale, e caratterizzati da una buona coibentazione termica.

La costruzione sorge su un dolce rilievo come protezione dalle alluvioni causate da improvvise piogge torrenziali che si abbattono su queste zone. La struttura architettonica è costituita da fondamenta in pietra e legante in cemento, non profonde ma eseguite alla perfezione, e contrafforti esterni lì dove pareti in muratura hanno bisogno di un elemento di rinforzo.

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Le cupole in terra cruda e la volta a botte sono state realizzate con una tecnologia che si ispira al cemento armato impiegando cantine , tondini e rinzaffi. nLa finitura superficiale delle pareti è anch’essa in terra cruda, stesa a mano nelle superfici interne, mentre l’intonaco esterno è dato da una mistura di latte di calce e terra che rendono impermeabile la Casa de la Mujer.

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Il comfort interno, nonostante le elevate temperature esterne, è garantito dal sapiente moto dell’aria generato dai vuoti ( i cortili), dalle geometrie di cupole e volte e dall’aria in entrata dalle finestre.
I cortili inclusi funzionano come magazzini per l’aria più fresca, grazie all’ombra generata dai volumi. Le aperture invece presentano la tradizionale “claustra”, una griglia geometrica realizzata in mattoni che lascia passare solo la luce essenziale (quindi protegge dall’eccessivo irraggiamento) e nello stesso tempo contribuisce ad accelerare il moto dell’aria che raffresca gli ambienti interni.
Il risultato è frutto di molte ricerche condotte negli anni in questi luoghi desertici da Moretti stesso.

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Le volte a cupola e a botte, rispetto alla copertura piana, presentano i seguenti vantaggi:

  • Riduzione della temperatura della superficie unitaria in presenza di irraggiamento zenitale, data dal fatto che la superficie di una volta a sfera o a botte è maggiore della corrispondente superficie piana.
  • La più estesa superficie esposta comporta una maggiore dispersione termica notturna quando la temperatura esterna si abbassa rispetto a quella interna (le zone desertiche sono caratterizzate da una grande escursione termica notte–giorno).
  • Volume maggiore di aria calda che è possibile raccogliere in alto lasciando più freschi e vivibili gli ambienti sottostanti.
  • La cupola, esposta a raggi solari non zenitali, presenta sempre una parte illuminata e una in ombra: ciò determina una differenza di temperatura tra le due parti che genera un costante moto d’aria.
  • La forma della cupola modifica la sezione del flusso d’aria esterna che la colpisce, aumentandone la velocità: vi è così un effetto raffrescante dato dal moto di aria calda dall’interno all’esterno attraverso le aperture.

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La Casa de la mujer incarna la speranza: su questa costruzione sperduta tra le dune e colpita dai venti del Sahara, dall’8 marzo 2007 è attivo il collegamento di una piccola stazione internet che vi è ospitata. Come da una grande finestra le donne Saharawi e tutto il loro popolo possono così comunicare con tutto il mondo, per diffondere le loro ragioni che sono “ragioni di pace”.

Federico Da Dalt

Federico Da Dalt Architetto

Vive a Colle Umberto (Treviso) e Venezia, città dove si è laureato con la tesi Abitazioni sostenibili in Bangladesh: un progetto di alloggi in bambù e terra cruda adatti a convivere con le alluvioni. Si diletta nella poesia, nel canto e nel teatro, ama i giri in bicicletta e le escursioni in montagna.