Il bambù, decima musa ispiratrice della poetica architettonica

Il bambù, sin dai tempi di Confucio, oltre ad essere considerato “l’acciaio vegetale”, continua ad essere la musa ispiratrice di architetti di tutto il mondo nella concezione di geometrie leggere, resistenti e deliziosamente insolite. Vi proponiamo alcuni esempi internazionali - dai pionieri della sperimentazione di materiali non convenzionali agli innovatori contemporanei - dove le mirabolanti proprietà fisico meccaniche della graminacea, sono state riscontrate nelle forme da critici raffinati e da appassionati di architettura.

LE CARATTERISTICHE DEL BAMBÙ PER LE COSTRUZIONI

Le mirabolanti proprietà del bambù

Seguendo il ragionamento dell’architetto statunitense J.E. Gordon - pubblicato nel suo libro The Science of  Structures and Materials - possiamo comprendere le ragioni per le quali il bambù è stato definito come “l’acciaio vegetale”. Per quantificare l’efficienza a compressione, quindi per comparare tra di loro diversi tipi di materiali da costruzione, Gordon ci suggerisce di usare un coefficiente, ottenuto manipolando algebricamente la formula di Eulero per il calcolo del carico “P” di punta (di elementi strutturali snelli). In altri termini, nella valutazione di un materiale, oltre alle caratteristiche estetiche, è cruciale il rapporto tra densità “ρ” e la radice quadrata del modulo di elasticità “E”. In ultima analisi, ci basterà usare la formula semplificata: √E / ρ.

Dalla seguente tabella comparativa delle resistenze meccaniche a compressione si evince che il bambù consente di realizzare strutture eccezionalmente leggere, ovvero minimizzando la quantità di materiale a parità di resistenza meccanica rispetto ai materiali convenzionali come: l’abete rosso, l’alluminio, il Kevlar e l’acciaio. Tale criterio progettuale risulta estremamente sostenibile, ovvero diametralmente opposto a quello, da tempo consolidato, di sovradimensionare le strutture aggiungendo molto materiale rispetto al quale poi vengono anche computate le parcelle dei progettisti! Ritornando al nocciolo della questione, possiamo tranquillamente affermare che la resistenza agli sforzi dipende dalla struttura intrinseca, interatomica, del materiale e dunque non solo dalla geometria della sezione resistente (o momento d’inerzia). Con l’analisi fotoelastica di modelli trasparenti, bidimensionali o tridimensionali, di sezioni strutturali soggette a carichi statici in zone ben definite, è possibile distinguere le aree che non lavorano, o scariche, che non inficerebbero la stabilità della struttura se venissero eliminate.

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La notevole resistenza del bambù, aggiunta al suo facile ed economico reperimento, spiegano il perché durante le due grandi guerre mondiali, ovvero in tempi di autarchia, in Giappone si costruirono aerei ultraleggeri in maglie reticolari in canne di bambù e pannelli in legno. I primi pannelli in multistrato di bambù, invece, si costruirono a partire dagli anni '40 in Cina, uno dei maggiori coltivatori di questa graminacea. Pur essendo quest’ultima un’erba e non un albero contiene un’elevata quantità di lignina, pari al 25% della sostanza secca, ricordiamo che il legno da costruzione ne contiene il 28% .

Richard Buckminster Fuller 

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L’architetto statunitense Richard Buckminster Fuller (Massachusetts: 1895-1983) focalizzò i sui esperimenti sul bambù in quanto, essendo una risorsa rapidamente rinnovabile ed economica, lo riteneva la migliore alternativa sostenibile, quindi un materiale da costruzione ideale al quale ispirarsi per progettare massimizzando il rapporto tra resistenza e massa. Per tali motivi, Fuller è ancora oggi considerato un visionario e pioniere della sperimentazione di strutture leggere tese al raggiungimento della perfezione sviluppata da Madre Natura mediante il processo di selezione. Profondamente consapevole delle risorse limitate del nostro Pianeta, egli dedicò gran parte della sua carriera ad inventare abitazioni sostenibili universali. Ideò una cupola geodetica per risolvere la crisi degli alloggi del dopoguerra influenzando molti strutturisti dell’epoca ma anche odierni. Egli stesso sperimentò, assieme alla sua famiglia, il comfort della geodetic dome a Carbondale vivendoci per diversi lustri. Dal disegno e dalle foto, qui pubblicate, possiamo farci un’idea di quanto fosse avanguardistico il suo progetto a quei tempi.

Grazie al restauro messo a punto dal gruppo RBF Dome NFP, la casa di Fuller esiste ancora oggi, registrata come monumento storico nazionale è quindi aperta al pubblico per essere studiata. Nel 1986, la concezione tecnologica di Fuller influenzò il brevetto industriale della American Ingenuity di Rockledge, conseguito in Florida per la costruzione di una cupola geodetica in cemento armato, caratterizzata dalla particolarità di essere sostenuta da pannelli triangolari laminati in EPS e rivestita internamente con cartongesso. Il brevetto sostanzialmente riguardava un sistema di prefabbricazione completo di un kit per l’autocostruzione semplice, veloce e relativamente economica, da parte dell’utente della propria casa geodetica.

Frei Paul Otto 

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L’architetto e ingegnere strutturista tedesco Frei Paul Otto (Chemnitz: 1925) dopo la seconda guerra mondiale -durante la quale prestò servizio come pilota di caccia della Luftwaffe- riprese i suoi studi universitari e trascorse qualche tempo negli Stati Uniti, dove lavorò come docente entrando in contatto con i padri dell’architettura moderna come: Frank Lloyd Wright, Mies van der Rohe e Buckminster Fuller. Nel 1964 fondò l'Istituto per le strutture leggere (IL) presso l'Università di Stoccarda, dove iniziò ad analizzare le proprietà del bambù. La sua ricerca culminò con la pubblicazione, nel 1985, del libro IL 31 Bamboo. Grazie alla progettazione della straordinaria tensostruttura del parco inaugurato nel 1972 a Monaco di Baviera per i Giochi olimpici estivi il tecnologo si è guadagnato l'attenzione internazionale. Come possiamo osservare nelle foto, la copertura è una maglia di cavi, previamente messi in tensione, avente un interasse di 75 cm, in entrambe le direzioni e angoli d’intersezione variabili per seguire le curvature.

Arata Isozaki 

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L’architetto giapponese Arata Isozaki (Oita: 1931) fu allievo del connazionale Kenzo Tange e nel 1986 vinse la medaglia d'oro al RIBA (Royal Institute of British Architects) Award. Nel 2005 a Milano inaugurò, insieme al suo socio Andrea Maffei, lo studio Arata Isozaki & Andrea Maffei Associati srl. Il suo miglior esempio di architettura ispirata al bambù è l'ingresso del Museo Nazionale d'Arte di Osaka, in Giappone, uno dei pochi che si trova completamente interrato e addirittura con alcuni piani al di sotto del livello dell’acqua. In fatti, il museo è situato a Nakanoshima, un’isola tra il fiume Dojima e il Tosabori a cinque minuti dal centro di Osaka. Lo studio Isozaki, ispirandosi alla forza vitale delle canne di bambù dei meravigliosi boschetti naturali trasformati in luoghi pubblici, grazie alla scultura nata dalla mano dell’italo-argentino Cesar Pelli, ha risolto in modo magistrale la necessità di richiamare l’attenzione dei visitatori sull’unica parte dell’edificio fuori terra, situata in un’area urbana definita e sovrastata da una cortina di edifici alti dai venti piani in su. La scultura è anche un marchingegno sofisticato in grado di portare luce ed aria fresca nei tre piani sotterranei. Sin da quando è stato inaugurato, nel 2004, il museo è diventato un’icona della città grazie all’originale, quanto inconfondibile, hall vetrata caratterizzata da un ardito intreccio di tubi in acciaio inossidabile, che raggiungono il picco massimo di 52 metri.

Renzo Piano

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L’architetto Renzo Piano (Genova: 1937) figlio di una famiglia di costruttori, si formò al Politecnico di Milano. La sua recente onorificenza di senatore a vita, come riconoscimento dello Stato per il suo operato di progettista internazionale, ci permette di affermare senza dubbi che è uno dei massimi esponenti dell’architettura italiana contemporanea. Grazie ai suoi tre studi a: Genova, Parigi e New York è dunque un’importante esempio soprattutto per i giovani architetti di tutto il mondo. Ricordiamo lo studio di un nodo per unire otto canne di bambù, il quale probabilmente gli servì per mettere a punto il disegno di travi strutturali da utilizzare nei suoi progetti come ad esempio il Centro nazionale di arte e cultura Georges Pompidou Beaubourg inaugurato nel 1977 a Parigi, l’opera che lo ha lanciato sul palcoscenico internazionale grazie alla co-progettazione con l’architetto inglese Richard Rogers. Forse, tra i numerosi esempi d’ispirazione alla leggerezza del bambù, quello migliore è il Centro culturale Tjibaou, realizzato nel 1998 a Nuova Caledonia un’isola del Pacifico. Il centro culturale si articola in tre villaggi per un totale di dieci "capanne" allineate e affacciate sulla baia. Tutte sono realizzate con centine e listelli in legno assemblati in modo da evocare gli intrecci delle fibre vegetali che caratterizzano le costruzioni locali, ma hanno dimensioni diverse.  La struttura curva del guscio traforato è realizzata in doghe di iroko, le quali, al passaggio del vento, emettono un fruscio simile a quello che si ascolta passeggiando nei boschetti di bambù.

John McAslan & Partners

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L’architetto scozzese John McAslan (Glasgow: 1954) si formò all'Università di Edimburgo, dove conseguì un Master in Architettura nel 1977. Negli USA, lavorò nello studio Cambridge Seven Associates e successivamente in quello di Richard Rogers & Partners. Sin da quando ha fondato, nella seconda metà degli anni ‘90, il proprio studio, John McAslan + Partners, ha ricevuto la bellezza di 75 premi internazionali di design. Tra questi, egli annovera 15 riconoscimenti solo dal RIBA, sia per progetti nazionali che internazionali. L’opera che più ricorda la vitalità delle sinuose canne di bambù è la copertura mozzafiato dell’ottocentesca stazione dei treni, la King’s Cross, disegnata da Lewis Cubitt. Il nuovo progetto, secondo il concorso, prevedeva un accurato restauro della stazione originale con il rifacimento della copertura vetrata e la sostituzione dell’angusta estensione alla vecchia stazione, costruita negli anni 70, con una piazza di circa 7.500 metri quadrati di ampio respiro per una fruibilità più fluida dei 150.000 viaggiatori che vi transitano quotidianamente. Riaperta al pubblico nel 2012, la rinnovata stazione dei treni rappresenta già un’importante icona della capitale, graficamente rappresenta una nuova porta d’ingresso, un nodo strategico del trasporto pubblico multimodale, che la collega: alla stazione di St. Pancras, ai servizi della Thameslink, alla metropolitana di Londra e alle fermate dei taxi e degli autobus.

Conclude la carrellata di architetture poetiche, non di certo esaustiva ma simbolica, un invito alla riflessione rivolto al progettista ecosostenibile e innovativo, suggerita da una citazione mediata dal mondo della pittura, ovvero tratta dalle memorie di uno dei più grandi ammiratori romantici, nonché magistrale interprete di Madre Natura:

"Il giovane pittore deve diventare l’allievo paziente della natura, deve camminare nei campi con mente umile. A nessun arrogante è mai stato permesso di guardare la natura in tutta la sua bellezza – l’arte di guardare la natura è cosa da essere imparata quasi come l’arte di leggere i geroglifici egizi."
John Constable
(Regno Unito:1776 -1837) Lecture on Painting.

Giovanna Barbaro

Giovanna Barbaro Architetto e Tecnologo

Deve il suo carattere cosmopolita a Venezia, dove si laureò in architettura (IUAV). Dal 2008 europrogettista nei settori green economy e clean tech. Nel 2017 ha realizzato uno dei suoi più importanti sogni: fondare Mobility-acess-pass (MAP), un'associazione no profit per la certificazione dei luoghi pubblici per le persone con disabilità motorie. Tra i suoi hobby preferiti: la fotografia e la scrittura