Orizzonte 2030, Piano d'azione verde per le PMI europee

Il Piano d'azione verde per le PMI europee

A distanza di quattro anni dal suo lancio sono ancora pochi i beneficiari - Piccole medie imprese (PMI) e liberi professionisti - a conoscere il Piano d’azione verde della UE per trasformare le sfide ambientali in opportunità di business, attraverso una serie di facilitazioni tecniche e finanziarie. Dato che finora, i risultati conseguiti nell’ecoinnovazione, uso più efficiente delle risorse, sono abbastanza limitati pensiamo sia utile riassumerlo in vista dell’uscita dei prossimi bandi di finanziamento

I presupposti del Piano d'azione verde per le PMI dell'UE

Il Piano d’azione verde per le PMI dell’UE è un documento -denominato Comunicazione- pubblicato a luglio del 2014 dalla Commissione europea (CE) e indirizzato a: Parlamento europeo, Consiglio, Comitato Economico e Sociale europeo e Comitato delle regioni. Ci si puo riferire al Piano d'azione verde per le PMI dell'UE anche come Comunicazione 2014/7/CE.

Nacque dalla consapevolezza generalizzata del bisogno di una base industriale forte e competitiva, in termini sia di produzione che di investimenti, quale motore principale di crescita economica e di occupazione.

I suoi presupposti erano i seguenti dati statistici rilevati fino al quel momento: il 40% dei costi dell'industria manifatturiera europea dovuti alle materie prime, quota che saliva al 50% del totale dei costi di produzione se si aggiungevano quelli dovuti ai consumi di energia e acqua, a fronte di una quota del 20% dovuta al costo del lavoro.

L’applicazione del Piano d’azione verde mirava a rendere competitive le PMI europee mediante una gestione efficiente delle risorse.

Inoltre, il Consiglio europeo chiedeva un impegno costante per contenere i costi dell'energia gravanti sugli utenti finali, in particolare attraverso ingenti investimenti nel campo dell'efficienza energetica e la gestione della domanda di energia, lungo l'intera catena del valore del prodotto e nella fase di Ricerca e Sviluppo (R&S).

Il Piano venne presentato a complemento delle seguenti comunicazioni della CE: "Iniziativa per favorire l'occupazione verde: sfruttare le potenzialità dell'economia verde di creare posti di lavoro", la quale proponeva una tabella di marcia per la promozione della creazione di lavori verdi nell'UE, "Opportunità per migliorare l'efficienza delle risorse nell'edilizia" e, infine, del pacchetto sull'Economia circolare e dell'analisi degli obiettivi per la riduzione dei rifiuti.      

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La CE prospettava per il 2030 il raggiungimento di tre obiettivi specifici:

  1. una riduzione del fabbisogno in termini di materiali del 17-24%, legata ad una gestione più efficiente delle risorse lungo le intere catene del valore;
  2. una riduzione superiore al 40% (sul totale, inferiore agli obiettivi UE) dell’enorme spreco di risorse preziose (e limitate, n.d.r.) nonché la creazione di significative opportunità di business nello sviluppo del commercio verde, di prodotti, servizi e soluzioni, grazie all’aumento della percentuale di rifiuti riciclabili mediante soluzioni come il compostaggio o riutilizzo;
  3.  l'integrazione di modelli di business più circolari e tecnologie verdi nelle PMI, esistenti e future, in tutti i settori, compresi i servizi. 

Gli orientamenti della politica per l'ecoinnovazione erano indicati nel Piano d'azione EcoAP, il quale stabiliva i finanziamenti nel quadro della Strategia Europa 2020. Tutte le iniziative previste nel Piano d'azione verde e nell'EcoAP vennero pensate per essere complementari e funzionali a stabilire rilevanti sinergie come: il Quadro europeo per l'innovazione, l'osservatorio sull'ecoinnovazione, il forum europeo sull'ecoinnovazione, i partenariati europei per l'innovazione.

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Le iniziative del Piano d'azione verde e il loro impatto

Il Piano d’azione verde riprendeva i quattro primi punti dello Small Business Act “Una corsia preferenziale per le PMI” del 2007,  e infine integrava il quinto:

  • rendere le PMI europee più verdi per assicurare maggiore competitività e sostenibilità,
  • promuovere l'imprenditorialità verde per le imprese del futuro,
  • sfruttare le opportunità offerte da catene del valore più verdi,
  • facilitare l'accesso al mercato delle PMI verdi,
  • Governance e rete dei Garanti per le PMI in ogni Stato membro

Gli obiettivi del Piano d'azione verde europeo

Vediamo in sintesi gli obiettivi del Piano d’azione verde europeo.

1-Rendere le PMI europee più verdi e competitive

Un migliore uso delle risorse significa portare all'industria europea risparmi per un valore totale di 630 miliardi di euro l'anno. Attualmente, sono ancora troppo poche le PMI consapevoli di tali potenzialità vantaggiose. Inoltre, esse non sono sufficientemente sostenute nel loro impegno a realizzare risparmi sui costi, specialmente attraverso una migliore gestione delle risorse. Trascurare l’importanza della gestione efficiente, alla lunga, determinerebbe non soltanto un allargamento del divario in termini di produttività tra le imprese più e quelle meno ecologiche, ma anche un indebolimento della competitività complessiva dell’UE e la riduzione delle possibilità di posizionarsi nelle catene globali del valore anche per l’aumento dei costi dei materiali, negli ultimi cinque anni, per il 75% delle PMI. Di queste, ha saputo reagire ben il 93% adottando, come minimo, un'iniziativa per promuovere un uso più efficiente delle risorse e, nella maggior parte dei casi, si trattava di iniziative a basso costo. Tuttavia, soltanto il 42% delle PMI, resilienti alle nuove direttive ecologiste comunitarie, ha registrato una diminuzione dei propri costi di produzione. Per facilitare le PMI, verso il cambio di rotta, da un’economia lineare ad una circolare, sono stati creati degli enti di supporto a partire dal 2015: il Centro di eccellenza europeo per la gestione efficiente delle risorse, l'Eurobarometro e la rete Enterprise Europe Network (EEN).

2-Promuovere l'imprenditorialità verde per le imprese del futuro

La chiave dello sviluppo futuro è l’ecoinnovazione, un modello di economia a basse emissioni di carbonio. Il presupposto dello sviluppo a basso impatto è ancora oggi un fertile ecosistema, così come gli innovatori verdi hanno bisogno di ricevere sostegno e accesso ad adeguati finanziamenti per poterle realizzare. Sono considerate forme di innovazione vari tipi di attività come: la ricerca, la dimostrazione di tecnologie ecologiche, le iniziative commerciali, il coordinamento e la costituzione di reti di contatti. Funzionale all’imprenditorialità verde rimane tuttora la sua vicinanza a centri di conoscenza (cluster ecoinnovativi), la disponibilità di personale qualificato e le relazioni industriali facilitatrici della collaborazione intersettoriale. In quest’ottica, la mentalità imprenditoriale verde dovrebbe formarsi già all’interno delle scuole superiori, attraverso programmi di studio specifici. Le nuove idee imprenditoriali oggi devono abbinare meglio la creatività a una gestione efficiente delle risorse, come ad esempio il nuovo fenomeno dello "upcycling", tra riciclaggio e design. Inoltre, l’UE ha adottato un programma pilota, l’ETV (Environmental Technology Verification) per promuovere la fiducia degli imprenditori e riducendone i rischi di investimento in tecnologie verdi innovative.

3-Sfruttare le opportunità offerte da catene del valore più verdi

Le attività di rifabbricazione, riparazione, manutenzione, riciclaggio ed ecodesign rappresentano potenzialmente i principali volani della crescita economica sostenibile, soprattutto in termini di creazione di nuovi posti di lavoro, risolvendo nel contempo sia la piaga sociale della disoccupazione che la riduzione dell’effetto serra, causa di molte costose calamità ambientali. Pertanto, le imprese possono ridurre i consumi di materie prime costose e limitare la produzione di rifiuti sfruttando, come sottoprodotti, almeno il 60% del totale dei rifiuti dell'UE. In un'economia circolare il valore aggiunto dei prodotti viene mantenuto così più a lungo rispetto a quello della lineare (usa e getta) e riduce a zero i rifiuti poiché intesi come risorse produttive, assicurando ulteriore valore. Nel 2015 il 44% delle grandi imprese nell'UE vendeva i propri materiali di scarto a un'altra impresa, mentre nel caso delle PMI tale percentuale arrivava solo al 24%. Una proposta mirava a facilitare le PMI a sviluppare e a condividere le conoscenze in materia di buone pratiche di gestione ecoefficiente delle risorse. Ancora oggi, le barriere all’ecoinnovazione sono costituite dagli elevati costi delle transazioni e investimenti iniziali per le attività connesse al riutilizzo e al riciclaggio delle risorse, in particolare la difficoltà di determinare in anticipo i potenziali benefici, per la scarsa esperienza e le incertezze connesse ai cambiamenti in termini di prestazioni, specifiche o tempi di consegna. In Italia, abbiamo assistito a politiche inverse, a quelle dell’Unione: gli osservatori sui rifiuti, introdotti con il Decreto Ronchi, sono stati recentemente aboliti con il governo Renzi, perciò attualmente non esistono banche dati aggiornate accessibili agli imprenditori per poter pianificare le loro strategie di business.

4-Facilitare l'accesso al mercato delle PMI verdi

Nel 2015 l'UE rappresentava all'incirca un terzo del mercato mondiale per le imprese ambientali ed esportatore netto. Le stime vedevano il settore nel mercato mondiale delle tecnologie verdi in crescita a un ritmo del 5% l'anno e la possibilità dovrebbe triplicare entro il 2030, offrendo così importanti opportunità per chi sia preparato a coglierle. Attualmente, sono poche PMI dell'UE che esportano le proprie tecnologie, servizi o prodotti verdi in paesi extra UE perchè l'87% di esse preferisce vendere sul proprio mercato nazionale. La carente internazionalizzazione delle PMI è spesso considerata una conseguenza della mancanza di un quadro di sostegno idoneo all'accesso ai mercati esteri. Pertanto nel prossimo futuro tutte le politiche UE tenderanno ad azioni per il superamento delle barriere all’internazionalizzazione.

5-Governance e rete dei Garanti per le PMI

Nel quarto trimestre del 2013 vennero presentate alle consultazioni pubbliche le linee generali del piano d'azione verde per le PMI, le quali vennero accolte favorevolmente non solo dai destinatari delle stesse ma anche dalle amministrazioni degli Stati membri e dalla rete dei Garanti per le PMI. Nel nostro Paese il garante è rappresentato dal Ministero dello Sviluppo economico. In quest’ottica, ciascuno Stato membro, dovrà svolgere un monitoraggio riguardo l’uso delle risorse finanziarie destinate a facilitare le PMI nella fase di transizione dal modello di economia lineare a quello, più ecosostenibile, di economia circolare.

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Il Quadro programmatico

Per ulteriori approfondimenti tecnici rimandiamo all’Allegato della Comunicazione trattata, “L'anello mancante - Piano d'azione dell'Unione europea per l'economia circolare“  contenente il cronoprogramma delle azioni intraprese dal 2015,  quelle in corso e in previsione per il 2019, divise per settori tra cui Costruzioni e biomateriali.

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Gli strumenti finanziari

Per concludere e completare l’illustrazione del Piano d’azione verde riassumiamo di seguito i principali strumenti di finanziamento pubblico per sostenere gli obiettivi enunciati sopra, che gli Stati membri e le regioni emaneranno annualmente, tramite i loro programmi operativi e d'investimento europei:

  • Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR),
  • Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR)
  • COSME,
  • Horizon 2014-2020 (progetti di innovazione e di collaborazione intersettoriale e interregionale delle PMI),
  • Erasmus Plus
  • LIFE.
Giovanna Barbaro

Giovanna Barbaro Architetto e Tecnologo

Deve il suo carattere cosmopolita a Venezia, dove si laureò in architettura (IUAV). Dal 2008 europrogettista nei settori green economy e clean tech. Nel 2017 ha realizzato uno dei suoi più importanti sogni: fondare Mobility-acess-pass (MAP), un'associazione no profit per la certificazione dei luoghi pubblici per le persone con disabilità motorie. Tra i suoi hobby preferiti: la fotografia e la scrittura