Geotermico toscano: numeri destinati a raddoppiare

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E’ una storia che inizia nel lontano 1827 quando il conte Francesco De Larderel, originario del Delfinato, si trasferì in Toscana, dalle parti del comune di Pomarance in provincia di Pisa, mettendo a punto una tecnica per la raccolta del vapore emesso dai soffioni boraciferi che in zona abbondavano. Il vapore veniva quindi usato per alimentare le caldaie che servivano per l’estrazione dell’acido borico dai fanghi naturali.Quest’attività creò notevoli ricadute economiche per i vicini centri abitati, grazie anche alle continue innovazioni, fino ad arrivare alla svolta, nel 1904, per opera del genero Piero Ginori Conti che riuscì ad accendere cinque lampadine tramite un meccanismo a vapore. Nel 1913, esattamente cento anni fa, il primo impianto geotermico capace di trasformare il vapore in energia, diede inizio a un’attività d’inesauribile fascino che prosegue ancora oggi con notevoli incrementi.

Nell’antica Valle del Diavolo, a Larderello, frazione di Pomarance, così chiamata in onore del conte, fumarole, geyser e soffioni boraciferi costituiscono un immenso patrimonio articolato in quattrocentocinquanta pozzi per l’estrazione di vapore collegati da 188 kilometri di tubi razionalmente sistemati per non inquinare e deturpare il paesaggio ricco di lecci, pini, ginepri e mirti.

L’energia “diabolica” si trova sottoterra a più di settecento metri di profondità e produce ogni anno più del 5% del fabbisogno energetico nazionale che, tradotto in cifre, corrisponde a una produzione di 5,2 miliardi di kilowattora, sufficienti a coprire le esigenze di 2,5 milioni di famiglie. Numeri destinati a crescere perché l’ottenimento di nuovi permessi di ricerca prevede il raddoppio al 10%.

Il segreto di questa incredibile energia sta nella giusta combinazione di tre elementi fondamentali: acqua, terra e fuoco.

A ottomila metri di profondità, sotto le colline, l’acqua di un grande lago alimentato dalla pioggia e dalle acque di recupero degli impianti, segue un percorso sotterraneo fino ad arrivare al magma dove evapora a un’altissima temperatura che a settecento metri raggiunge duecentoventi gradi ed esce in superficie all’incredibile velocità di quattrocento metri il secondo.

Anche nella zona del Monte Amiata sono presenti una cinquantina di pozzi fra cui un super pozzo chiamato Montieri5 che, da solo, fornisce elettricità pari a dieci mW e soddisfa il fabbisogno energetico di trentacinquemila famiglie evitando l’utilizzo di ventimila tonnellate di olio combustibile all’anno con conseguenti emissioni di sessantamila tonnellate di CO2.

Elena Bozzola

Elena Bozzola Architetto

Si è laureata quando la parola “sostenibile” la pronunciavano in pochi e lei si ostinava a spedire email sulla tutela ambientale a tutti i suoi amici. L’incontro con Architettura Ecosostenibile è stato un colpo di fulmine. Ama la fatica delle salite in montagna e una buona birra ghiacciata dopo la discesa.