Le ombre generate dai rifiuti diventano espressività. L’arte di Noble e Webster

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Trattare di ecosostenibilità è possibile anche quando si parla di arte. Ce lo dimostrano i lavori di due artisti inglesi, Tim Noble e Sue Webster, che fanno della loro arte, fatta di ombre generate dai rifiuti, un veicolo per esprimere una “psicologia percettiva”, giocando con l’idea che gli esseri umani hanno delle cose nel percepirle come immagini astratte. Impossibile negare che il tema della compatibilità ambientale sia più che mai attuale all’interno di questo genere, basti pensare alle ultime esposizioni in tutto il mondo.
Foto in alto: Youngman, 2012

Il pianeta è pervaso dai rifiuti, montagne di materiali apparentemente inutilizzabili, pronti ad essere accumulati e sempre più spesso brutalmente smaltiti, incrementando enormemente la percentuale di inquinamento presente nell’aria che respiriamo.
Con il rifiuto, più comunemente sporca immondizia, è invece possibile generare mattoni o combustibili o addirittura arte.

È partendo da questo presupposto che Tim Noble e Sue Webster, due eclettici artisti contemporanei provenienti dall’Inghilterra, hanno dimostrato rara lungimiranza nel riutilizzare lo scarto dell’uomo per generare arte, per piacevole diletto dello stesso.

Foto: a sinistra Scarlett, 2006; a destra My Beautiful Mistake, 2012

Troppo scontato sarebbe stato per i due avanguardisti utilizzare la materia nuda e cruda, modellandola a piacimento ed esponendola cosiffatta; il genio in effetti sta proprio nel metodo di esposizione delle loro opere.

Tim e Sue hanno dunque lavorato il prodotto per poterne ricavare un significato espressivo, non all’interno della materia, quanto nella propria ombra.

Gli oggetti utilizzati vanno dal rifiuto più banale, come può essere un bicchiere di plastica schiacciato, fino ad arrivare alle carcasse di animali imbalsamati.
Innegabile è il senso di inquietudine suscitata dalla marcata differenza tra il risultato delle ombre e quello concretamente presente.

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Foto: Wild Mood Swings, 2009–10

Così l’ombra di un ammasso nauseabondo diviene il ritratto di una coppia di amici, schiena contro schiena, entrambi assorti nei meandri dei propri pensieri, durante la degustazione di una sigaretta e di un bicchiere di qualche sostanza alcolica; certo è il fatto che questa tecnica di grande espressività lasci grande spazio alla suggestione personale.

Allora il breve escursus al di fuori della sostenibilità architettonica può efficacemente esprimere un forte messaggio “al di là e all’interno” della bellezza in sé.

L’uomo può trovare un’infinità di magnifiche alternative, può rispettare il mondo che lo circonda, può materializzare la bellezza, può partire dal proprio scarto.






Federico Franchini

Federico Franchini Architetto

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