Laterizio in pixel per immagini socialmente utili

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La fotografa austriaca Barbara Krobath è l’autrice di un progetto artistico, intitolato “Luce per il mondo”, che usa l’architettura, e in particolare le coperture in laterizio degli edifici rurali, per dare vita a un’opera di sensibilizzazione su problematiche molto sentite dalle comunità locali. Attraverso la distribuzione attentamente orchestrata di tegole in laterizio a coda di castoro, i tetti degli edifici si colorano di immagini socialmente utili cariche di significato. Si tratta di un procedimento di texturizzazione originato a partire da singoli moduli, appunto le tegole, usati come “pixel” all’interno di una immagine.

Tetti e pixel: la copertura texturizzata del mercato di Barcellona di EMBT

Il ruolo mediatico assunto dall’architettura non è fatto recente: da decenni assistiamo ormai impotenti al sempre più diffuso fenomeno della strumentalizzazione dell’architettura come mezzo per diffondere immagini, pensieri, opinioni, messaggi, alla stregua di qualsiasi altro mezzo di comunicazione e con qualsiasi tecnica. È quello che avviene anche nei progetti artistici di Barbara Krobath dove la texturizzazione delle superifici del tetto dà vita ad immagini fortemente comunicative impiegando le tegole in laterizio alla stregue di pixel.

Abbiamo assistito a superfici di palazzi e grattacieli, spesso occultate da gigantesche stampe digitali, che diventano sempre più espressione di un mondo globalizzato che attribuisce alla comunicazione e all’informazione un’importanza strategica ed un ruolo di primo piano nel panorama culturale dei nostri tempi.
Quando si tratta di installazioni temporanee, nella maggior parte dei casi a carattere pubblicitario, l’involucro architettonico è usato come substrato di supporto senza implicare modifiche alla morfologia dell’oggetto; diversamente quando si tratta di installazioni permanenti, l’architettura si trasforma, nei materiali, nelle forme, nelle funzioni, in nome di una ragione più “alta”, che è quella di dar voce ad un messaggio di una certa importanza sociale.

La fattoria Himmelsreich nei pressi di Engelsdorf, offre ai viaggiatori un’immagine in pixel nitida e colorata che ritrae cinque adulti somali affetti da cataratta. È il richiamo artistico al tema sociale della malattia, appunto la cataratta che, mentre nei paesi occidentali è combattuta e curata con un’operazione chirurgica breve e poco costosa, in molti paesi africani miete ancora vittime, soprattutto fra gli anziani.

A Unterthurnau, in bassa Austria, il tetto di un mulino a vento propone il motivo del filo spinato, richiamo forte alla vicenda della caduta della cortina di ferro che separava l’Europa americana da quella sovietica all’indomani della seconda guerra mondiale. Le tegoleche disegnano il filo spinato sono espressione della rigida cultura di confine che ha influenzato la percezione che le persone del posto hanno delle loro vite. La commistione di tegole opache e riflettenti, la particolare inclinazione dei raggi solari, diversa in base alle ore del giorno e alle stagioni, le mutevoli condizioni meteorologiche, sono alla base del progetto di visibilità sotteso all’installazione artistica.

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Le due esperienze citate confermano che si tratta di vere e proprie installazioni permanenti, perché i manti di copertura delle strutture interessate sono modificati definitivamente, e questo nonostante il fatto che l’effetto che l’artista vuole sortire sia legato alla transitorietà tipica della processo di percezione del paesaggio, come oggetto cognitivo che il viaggiatore–visitatore costruisce solo in fieri.

L’artista austriaca, in collaborazione con un’azienda locale produttrice di tegole in laterizio, ha messo a punto un sistema di copertura che, se non ha niente di nuovo dal punto di vista della posa in opera, custodisce un potenziale rivoluzionario nel ruolo della copertura in o tradizionale all’interno della percezione del paesaggio antropizzato. Non è un caso che il colore che l’immaginario collettivo attribuisce alla copertura a falda della casa di campagna tradizionale sia il rosso: proprio perché l’impiego “rituale” della tegola in laterizio ha avuto un ruolo determinante nella genesi dell’immagine della casa tradizionale dal tetto rosso.

Alla luce di queste considerazioni, in riferimento al progetto artistico, ci sarebbe da chiedersi quanto le immagini siano integrate nel paesaggio circostante ed in che modo sia stato valutato l’impatto visivo di tali installazioni su di esso. Ancora, in che rapporto si pone la questione dell’impatto sul paesaggio delle installazioni artistiche rispetto a quelle di carattere spiccatamente tecnologico (vedi questione pale eoliche). E infine, quando e come ha l’arte il potere di rendere l’architettura veicolo di trasmissione di messaggi sociali? Quali sono gli spazi di cui oggi essa dispone per esprimere se stessa al di fuori delle mura asettiche dei musei e degli spazi impersonali delle mostre?

Insomma si dovrebbe valutare il valore etico dei messaggi che si vuole comunicare in rapporto alla questione estetica, e non solo, dell’integrazione di queste immagini a forte carattere comunicativo, nel paesaggio circostante.




Barbara Brunetti

Barbara Brunetti Architetto

Architetto e dottoranda in Restauro, viaggia tra la Puglia e la Romagna in bilico tra due passioni: la ricerca accademica e la libera professione. Nel tempo libero si dedica alla lettura, alla grafica 3d, e agli affetti più cari. Il suo sogno nel cassetto è costruire per sé una piccola casa green in cui vivere circondata dalla natura.