Energia dal profondo dell’oceano

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Non vi è mai capitato di avere un’idea, parlarne con qualcuno e sentirvi dire “ma ci hanno già pensato!”? È ciò che probabilmente è successo quando qualcuno dell’azienda americana Lockheed Martin ha pensato di sfruttare il differenziale di temperature tra le acque superficiali dell’oceano e quelle più profonde per generare elettricità. Il progetto è molto ambizioso e si prevede che entro la fine dell’anno possa essere realizzato.

Vediamo di cosa si tratta.

In copertina “Vista aerea degli impianti del National Laboratory for Natural Energy (NELHA) presso le isole Hawaii" (Wikimedia).

QUALCUNO CI AVEVA GIA’ PENSATO

Nel 1881 il fisico francese Jacques Arsène D’Arsonval basava la sua teoria sui processi naturali che alimentano i movimenti dell’aria e dell’acqua dall’equatore verso i poli, movimenti durante i quali aria e acqua si raffreddano cedendo gradualmente calore. In quegli anni non era possibile determinare quanto questa intuizione poteva essere fondamentale nella produzione di energia, tuttavia si intravedeva il potenziale insito nello studio dell’energia termica di quelle grandi masse che sono gli oceani. Grazie a Georges Claude, allievo di D’Arsonval, nel 1930 a Cuba viene realizzata la prima centrale OTEC, Ocean Thermal Energy Conversion, che generava fino a 22 kilowatt. Negli anni a seguire l’interesse in materia è cresciuto, e negli anni ‘70 arrivano immancabili Stati Uniti e Giappone che avviano programmi di ricerca per lo sviluppo di tecnologie in questo tipo di risorsa energetica.

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Immagine 2: “Il tubo di pompaggio della future centrale in preparazione alla Lockheed Martin, lungo almeno un chilometro, ovvero circa tre volte l’Empire State Building (Lockneed Martin)”

GIAPPONE E STATI UNITI

Negli anni ‘80 il Giappone realizza nell’isola di Nauru la sua prima centrale OTEC, che produce 120 kilowatt. L’America però era stata più veloce: nel 1974 infatti viene inaugurato il Laboratorio per l’Energia Naturale delle Hawaii (Nelha 4) che realizza nel 1979 una prima centrale da 50 kilowatt. Gli stessi laboratori sono ad oggi attivi nella ricerca e nella sperimentazione di nuovi impianti. Le condizioni climatiche e la grande disponibilità di acqua che le Hawaii presentano, le rendono la destinazione scelta dall’azienda statunitense per la nuova centrale.

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Immagine 3: “Rappresentazione computerizzata della nuova centrale OTEC realizzata da Lockheed Martin al largo delle Hawaii (Lockheed Martin)”

UN TUNNEL VERTICALE NEL MARE

Lo sfruttamento del principio su cui si basano queste centrali prevede la realizzazione di una struttura verticale di pompaggio dell’acqua, con diametro pari a qualche metro e altezza di almeno un chilometro: un tunnel verticale che viene immerso nell’oceano e che garantirebbe una produzione di energia “economicamente sfruttabile” con una differenza di temperatura tra le acque superficiali e quelle in profondità di soli 20 °C.

I PUNTI DI DOMANDA

Tutto questo ci fa ben sperare nella possibilità di una nuova fonte di energia pulita ed inesauribile, se pensiamo che ogni giorno i mari tropicali assorbono una quantità di energia solare pari all’energia prodotta da 250 miliardi di barili di petrolio. Inoltre sono stati studiati utilizzi secondari delle centrali OTEC, come l’impiego dell’acqua fredda per l’alimentazione dei sistemi di aria condizionata e l’utilizzo degli impianti stessi per desalinizzare l’acqua marina velocemente.

Tuttavia alcuni quesiti sono da sollevare.

È davvero energia “pulita” quella che deriva dalla realizzazione di impianti lunghi un chilometro e larghi almeno qualche metro, immersi per una profondità di circa 10 km nel mare aperto, che diventano una nuova struttura in un ecosistema di flora e fauna?

È una valida alternativa in termini di costi di realizzazione degli impianti a ciò che ad oggi ci fornisce energia? E in termini di costi ambientali?

Elena Zonca

Elena Zonca Architetto

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