Come difendersi dall’Obsolescenza Programmata

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In molti dibattiti sui limiti dello sviluppo e sul “problema” dei cosiddetti “rifiuti” si incolpa spesso (e a ragione) il consumismo, identificandolo come la causa. In realtà il consumismo è solo l’effetto. La causa è un’altra ed ha un nome ben preciso: Obsolescenza Programmata, teorizzata ufficialmente senza alcuna vergogna nel 1932 da Bernard London (dimostrando come spesso le cose peggiori vengono fatte con le migliori intenzioni)

in uno dei più fulgidi esempi di manifesto allo spreco, ovvero “Ending the Depression Through Planned Obsolescence”.Titolarlo “Starting” The Depression…” sarebbe stato forse meno enfatico, ma di certo più profetico.

Di obsolescenza programmata non se ne sente parlare spesso per il semplice motivo che il nostro sistema economico si basa sulla produzione di cose inutili ed effimere tramite il consumo irreversibile delle risorse, e non sull’incremento delle risorse tramite la produzione sostenibile di cose utili e durevoli. Moltissimi degli oggetti che ci circondano infatti, spesso nostro malgrado, sono di qualità infima o comunque scadente, in larghissima parte progettati per rompersi il prima possibile (ma sempre dopo la scadenza del periodo di garanzia). Chiedete ai vostri nonni, ma anche solo ai vostri zii o genitori: con quanta frequenza si buttavano gli utensili e gli oggetti d’uso domestico in passato e con quanta frequenza se ne buttano invece ai giorni nostri?

Spessissimo buttiamo via le cose solo perché sono “vecchie”, ma in realtà perfettamente funzionanti, per sostituirle con altre più “nuove”, ma che deperiscono sempre più in fretta o vengono a loro volta sostituite perché nel frattempo è uscito l’ultimissimo modello. Tutto è progettato per durare il meno possibile, perché il mercato deve essere in continuo movimento.

Eppure, per cominciare a difendersi dall’obsolescenza programmata basta fermarsi un momento e provare a riflettere su alcune realtà nascoste, come il caso emblematico della lampadina di Livermore, accesa per la prima volta il 18 giugno 1901 risplende ancora oggi dopo più di un secolo di glorioso servizio ininterrotto mentre nel frattempo si sono rotte due telecamere che la “sorvegliavano”, a ulteriore riprova del cartello fra le industrie per accorciare scientificamente la vita delle loro lampadine allo scopo di venderne di più

O ancora quello del chip intenzionalmente inserito nelle stampanti per bloccarle dopo un tot di stampe, come mostrato in questo esauriente documentario di cui consiglio caldamente la visione

Tutti questi argomenti sono volutamente ignorati dai media tradizionali, salvo le solite rarissime e lodevoli eccezioni. Per non parlare dei cosiddetti “opinionisti” (da quando chiacchierare in un salotto è diventato un mestiere?) che discettano di cose largamente irrilevanti per l’umanità, ma con aria molto seria e professionale.

Se fossimo meglio informati, avremmo risolto la metà dei problemi della nazione. Ma chi è così stupido da volere dei cittadini informati e agguerriti? Un consumatore che ha le informazioni diventa un problema, cioè si trasforma da burattino inconsapevole in una persona cosciente e consapevole che può e soprattutto vuole scegliere, e questo è inammissibile. Perché quando puoi scegliere consapevolmente significa che hai la conoscenza, e se hai la conoscenza non sei più disposto a farti prendere in giro.Ma l’obsolescenza programmata per ora gioca in casa, e sta vincendo dieci a zero.

E poiché l’obsolescenza programmata l’ho sperimentata in prima persona, mi sembra doveroso testimoniarlo direttamente: il computer da cui (ancora per poco) scrivo, ne è un esempio calzante. Stando attento a non menzionarne la marca proverò a spiegare l’arcano. Da giorni il mio caro portatile aveva cominciato ad emanare suoni raccapriccianti dovuti alla ventola di raffreddamento, che girava talmente veloce che ci mancava poco sollevasse in aria il pc (ops, ho quasi fatto un nome). La causa? La povera ventola era costretta a girare forte (e a fare altrettanto rumore) per via del surriscaldamento dovuto all’accumulo di polvere nelle prese d’aria. Ok, rimuoviamola questa polvere, mi sono detto. E qui mi sbagliavo. Dopo un combattimento corpo a corpo con le 250 viti sul fondo del pc, la ventola che mi aspettavo di trovare aprendo la mascherina in plastica non c’era. O meglio, era sotto le componenti più delicate della macchina, irraggiungibile senza un intervento chirurgico a cuore aperto. Mi sono rivolto a degli esperti riparatori: “Il suo modello, purtroppo ha questo difetto di progettazione, è ormai un fatto noto. Per raggiungere e pulire la ventola, andrebbe smontato completamente e dissaldato il processore, con danneggiamento praticamente assicurato. Non le conviene rischiare, potrebbe ritrovarsi con una ventola messa a nuovo, ma con un computer che non si accende più. Anche la ventola poi è debole e converrebbe cambiarla. Solo che non si trovano ventole sostitutive per questo modello (di appena due anni fa, ndr), o comunque costerebbero troppo. Fa prima a cambiare pc quando questo sarà cotto. Coraggio, non pianga così, si tiri su dal pavimento”. Ovvero: come costringere le persone a buttare un computer altrimenti funzionante per un “problema” di progettazione di una banalissima ventola. Eppure ricordo che in altri pc la ventola si raggiungeva molto facilmente, e forse proprio per questo hanno deciso di complicare un’operazione altrimenti semplicissima. È come se all’improvviso progettassero un’automobile a cui per sostituire i gommini dei tergicristalli occorresse fare a fette la centralina. (Ehi, non vorrei aver dato un’idea a Marchionne!)

Vittime dell’obsolescenza programmata però lo siamo tutti, ogni giorno e ogni minuto, al di là dei casi limite (la fortuna dicono sia cieca, ma la sfiga ci vede benissimo, ve lo assicuro). La soluzione? Esiste, e non potrebbe essere più banale dell’uovo di Colombo. Si tratta di cambiare innanzitutto noi stessi, rifiutando ora e sempre il paradigma “compra, consuma, crepa”, ripudiare con il proprio stile di vita la legge dell’usa e getta, dare alle mode e alla pubblicità l’importanza che meritano: nessuna. Spegnere il televisore, per esempio, è già un buon inizio. E se siete arrivati su questo sito e state leggendo questo articolo, è probabile che l’abbiate già fatto e ne siate più consapevoli di me.

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E soprattutto, la cosa più importante in assoluto: torniamo a riappropriarci della nostra manualità. Se qualcosa si rompe o smette di funzionare ingegniamoci a trovare una soluzione, chiediamo consigli a chi è più esperto di noi e impariamo l’arte di riparare le cose con le nostre mani. Proviamoci: non costa nulla. Al massimo avrete un’esperienza tragicomica in più da raccontare agli altri per metterli in guardia dalle trappole dell’obsolescenza programmata.








Alberto Grieco

Alberto Grieco Architetto

Frequentando una signora chiamata Storia, ha scoperto che l’architettura bio-eco-ecc. non ha inventato Nulla©, ed è per questo che perde ancora tempo sui libri. Architetto per vocazione; tira con l’arco, gira per boschi, suona e disegna per vivere. Lavora nel tempo libero per sopravvivere.