Metodologia LCA: l’analisi del ciclo di vita di un edificio

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La Life Cycle Assessment (LCA) è una metodologia di studio mirata a quantificare il carico ambientale ed energetico associato ad un’attività e a un edificio. Già nel presupposto sono individuabili i suoi limiti dell’analisi del ciclo di vita ma anche i suoi stessi vantaggi, dal momento che paragonare due processi per scegliere quello migliore è un’operazione quasi di quotidiana realizzazione ma che permette, contemporaneamente, di ottimizzare tempi, costi e risultati. Si configura così come uno strumento estremamente interessante e versatile, la cui efficacia è soggetta all’abilità dell’operatore.

LCA IN ITALIA: LO STATO DELL’ARTE DELL’ANALISI DEL CICLO DI VITA

La filosofia di base dell’analisi del ciclo di vita è tutta racchiusa in questa citazione: “considerato che non esistono processi produttivi (e quindi prodotti) a costo energetico ed ambientale nullo, la via è quella di comprendere come tali processi funzionano per poi proporre azioni di miglioramento” (Baldo Gian Luca, Marino Massimo, Rossi Stefano, Analisi del ciclo di vita LCA. Materiali, prodotti, processi, Milano, Edizioni Ambiente,2005), il che riduce la responsabilità del metodo a strumento ausiliario per comparare un processo che sia stato già controllato e validato con altre indagini.
Non a caso, emerge una visione lievemente diversa dalla lettura delle due definizioni ufficiali di Life Cycle Assessment.

Il SETAC, durante il congresso tenuto a Vermont nel 1990, la definì come un procedimento oggettivo di valutazione dei carichi energetici e ambientali relativi a un processo o un’attività, effettuato attraverso l’identificazione dell’energia e dei materiali usati e dei rifiuti rilasciati nell’ambiente. La valutazione include l’intero ciclo di vita del processo o attività, comprendendo l’estrazione e il trattamento delle materie prime, la fabbricazione, il trasporto, la distribuzione, l’uso, il riuso, il riciclo e lo smaltimento finale”.
Pertanto la LCA viene considerata una procedura obiettiva, in quanto atta a descrivere tutte le fasi sia in modo qualitativo (tipo di operazioni, di materiali, di strumenti e di emissioni) sia quantitativo (quantità di materie prime usate, di consumi energetici, di sostanze emesse in ambiente nel ciclo produttivo o nella costruzione di un edificio).

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Le norme ISO, invece, definiscono la LCA come “la redazione e la valutazione degli ingressi e delle uscite e degli impatti potenziali sull’ambiente di un sistema produttivo”, ma chiarisce anche che si tratta di una procedura non legata ad un singolo obiettivo, priva di una base scientifica e basata su di una procedura iterativa. Per questo più che come un metodo certo, va intesa come una procedura che diviene rigorosa se l’operatore è capace di mantenere la coerenza nel corso della sua redazione. A riprova di ciò la il Comitato ISO parla di impatti potenziali che possano scaturire dal suddetto processo.

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Perché si genera questa aporia?
I fattori possono essere sia esogeni (e fondamentalmente ciò risiede nell’attendibilità dei dati) sia endogeni (uniformità del system boundaries e compatibilità delle unità di misura). Le banche dati, inserite nei software di calcolo, si riferiscono spesso a statistiche internazionali, causando un’elevata approssimazione. Infatti se si volesse valutare l’impatto della produzione del blocco di laterizio in una regione italiana precisa, un conto è conoscere l’impatto ambientale legato alle operazioni di estrazione dell’argilla in quella regione ed un altro conto è riferire lo stesso a delle medie europee.

Viceversa si può optare per una banca dati costruita ad hoc e allora bisogna tenere in conto la difficoltà di reperire dati omogenei per tutti i componenti che incidono sul processo. Ad esempio, se si verificasse il ciclo di vita di una calzatura, bisognerebbe sapere la quantità di materiali usati nella produzione, il consumo energetico legato alla fase produttiva, di trasporto, di uso e dismissione, la quantità di materia riciclabile e la quantità di emissioni in ambiente associata ad ognuna di queste operazioni.
Questo genere di informazioni dovrebbe essere reperito, in modo assolutamente omogeneo, per il rivestimento esterno della scarpa, così come per quello interno, per la suola, per la cerniera, per i lacci, per il sopratacco e così via.

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Altro aspetto interessante è rappresentato dall’unità funzionale. Definita come “una misura della prestazione del flusso in uscita funzionale del sistema prodotto”, permette all’operatore di tarare tutti i processi –intesi come input ed output– sulla base di un’unità di riferimento convenzionale. Dovendo essere tale unità di misura obiettiva e facilmente calcolabile, la decisione del parametro da utilizzare non è semplice in quanto deve poter permettere un immediato o futuro confronto della LCA redatta con altre.

E qui arriviamo al nocciolo della questione: un’analisi del ciclo di vita può verificare un processo considerato singolarmente ma, non essendo una procedura fondata su leggi matematiche, rischia di fornire risultati scarsamente efficaci. Pertanto si predilige la versione in cui si effettua una comparazione tra due sistemi/attività /processi analoghi che differiscano di un singolo step. Ricollegandoci all’incipit dell’articolo, in tal modo una LCA acquisisce valore in quanto supporta un’azienda, un ente o un progettista di un edificio nella scelta di un materiale/un fornitore/un procedimento piuttosto che un altro.

La consuetudine a stilare una LCA comparativa non è dovuta, tuttavia, ad un’impossibilità assoluta di realizzarla singolarmente; è più una convenienza operativa, che trova conferma nel fatto che generalmente i risultati sono costituiti da dati che non hanno una leggibilità rapida, se non vengono riferiti ad un termine di paragone: si tratta, infatti, di quantità di risorse consumate o quantità equivalenti di emissioni in ambiente di una determinata sostanza (anidride carbonica, nitrati, fosfati,...) riferiti quindi all’unità funzionale.

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Infine, un’ultima difficoltà procedurale consiste nella definizione del system boundaries, ossia il sistema dei confini del processo analizzato, durante la fase intermedia della Life Cycle Inventory.
Bisogna stabilire un termine nella risalita della catena produttiva, scegliendo se analizzare input ed output delle fasi di reperimento delle materie prime, produzione ed assemblaggio, trasporti, utilizzo e dismissione relativamente ai soli materiali o anche agli strumenti e macchinari adoperati nelle varie fasi ed ai beni strumentali in genere, prefigurando un ciclo di vita potenzialmente illimitato. Ciò inoltre evita di causare una disomogeneità nello studio: se soltanto per qualche categoria venissero considerate più informazioni, si apporterebbe una difformità procedurale che non gioverebbe affatto ad ottenere risultati più esaustivi.

In conclusione, con questo scritto si è voluto mettere in luce la complessità che sta dietro il metodo LCA, il quale però, proprio in virtù di tale articolazione, risulta di grande interesse e spendibilità progettuale, compatibilmente con costi e tempi necessariamente elevati per la sua redazione.

Federica Zagarella

Federica Zagarella Architetto

Formazione siciliana, lavoro milanese, in futuro si vedrà. Ama passeggiare a piedi ed in bici ma è decisamente poco sportiva, ama leggere e non solo paper, scrive per ae perché è uno svago...intelligente: forse "equilibrio" è la sua parola d'ordine!