La breve storia del giardino: il racconto di Gillés Clement

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Cosa succede quando si legge, tutto d’un fiato e con crescente curiosità, il breve trattato di Gilles Clément? “Leggere un libro è vivere un’altra vita” diceva una incisiva campagna a favore della lettura. Così ti svegli ed è il 1974, osservi le piroghe lignee nel fiume Dja; stai penetrando nella foresta di Dzeng, in Camerun assieme ad esperti pigmei per cercare la femmina rarissima del Papilio antimachus.Cerchi di scoprire, con il privilegio di incontrarli, se i pigmei africani e gli aborigeni australiani realizzino giardini. Perché se “il primo giardino è quello dell’uomo che ha deciso di interrompere le proprie peregrinazioni” allora l’unica possibilità per svelarne l’origine, proviene proprio dagli ultimi nomadi sedentarizzati del pianeta. Osservi, sbigottito, un giardino recintato in mezzo alla foresta africana. Scopri che il primo giardino è alimentare, e che un recinto protettivo – da cui l’hortus conclusus – ne proteggerà i suoi frutti.

Giungi alla conclusione che il giardino non è ozio, o comunque non ha origine nello svago o vanità. Frutta e verdura per cortigiani e re provenivano da orti personali, come il Potager du Roi voluto da Luigi XIV e teatro di sperimentazioni agricole. Ti interroghi sul ruolo di architetto paesaggista, sulla legittimità delle richieste dei committenti o i mezzi non sostenibili per raggiungerli. Conservare l’immagine storica dell’orto della Roche–Guyon significa diserbare e avvelenare la tua terra: sai benissimo che non può essere la soluzione. Ti ritrovi nel giardino balinese di Ubud, il giardino verticale e mentale fatto dal fiore di loto. Metti così a confronto il verde verticale contemporaneo – rivestimento erboso su di un muro – nato da una società dell’immagine, con quello asiatico che si rivolge, invece, allo spirito. Ti chiedono cosa ne pensi di Ermenoville, il parco di Rousseau, ti addentri nel giardino romantico, dove speculazione filosofica e fantasia esotica hanno gettato le basi per la visione ecologica.

Includi nella trattazione i giardini della notte, ovvero le grotte, le cripte e tutti quei luoghi creati dall’uomo per esprimere ‘l’idea del paradiso’. Si succedono visioni e suggestioni: dall’eccentrica Grotta di Venere, raggiungibile con una pagoda dorata, alla mostruosa bocca di Bomerzo, che ti consegna nelle viscere della terra. Vivi l’emozione, assieme a pochi scienziati e dopo una lunga lista d’attesa, di entrare nella grotta di Chauvet, dove 32 mila anni l’uomo immortalò forme e dinamiche degli animali. 

Con l’agricoltura biodinamica e i calendari lunari ripristini il corretto ordine: l’uomo non più signore/padrone risulta dipendente come ogni abitante del cosmo. Abitante che realizza giardini degli astri e costruisce architetture come strumenti astronomici. Jantar Mantar, che sembra una riproposizione tridimensionale dei quadri di Escher, appare come una scala verso il cielo: altro non è che una gigantesca meridiana.

Gilles Clement si interroga, infine, sulla nostra epoca: cosa scriveranno, i posteri, sui libri di storia dei giardini? Il filosofo del paesaggio planetario e delle erbe nomadi sembra fiducioso; giardinieri e loro committenti dovranno arrendersi: il giardino non gli appartiene e, ben presto i concetti di tempo e di recinzione diventeranno assurdi. I giardinieri semineranno “alla maniera di un impressionista planetario” (noi, dall’altro canto, non ci stupiremmo che le teorie ecosofiche del francese siano riportate sui futuri trattati sul paesaggio!).

Ne Il sogno della lumaca vi sono intensi passaggi sulla lumaca, gusci, lentezza e decrescita. L’autore descrive la figura del giardiniere–artista, criticando la società–flash e lasciando aperte nuove questioni. Termina questo viaggio nel tempo con due sorprendenti scritti: un breve racconto alla Orwell – Il documento a punti – e una bibliografia ragionata sulla trattatistica del paesaggio. Il racconto fantascientifico racconta di barriere fra i popoli – che si concretizzano nei Muri anti rom –della visione antropocentrica, di uomini sorvegliati e contraddistinti da ‘punti di riscatto’. Ci ritroviamo nel ‘fitoshop’ a fianco del giardiniere Jordi; le avventure e le sue scelte di vita saranno determinate, proprio come per tutti i giardinieri–artisti di Clément,dalla ricerca di biodiversità e di libertà.

Sommario
1. Il primo giardino
2. Il recinto e la misura
3. Il giardino verticale
4. La visione romantica
5. I giardini della notte
6. Il giardino degli astri
7. L’ultimo giardino
8. Il sogno della lumaca
9. Il documento a punti (racconto). – Una breve bibliografia.

Scheda tecnica del libro
Titolo: Breve storia del giardino
Formato: 120×180
Editore: Quodlibet
Pagine: 144
Data pubblicazione: 2012
Autore: Gilles Clément
Traduzione: Maurizia Balmelli
ISBN: 9788874624263

L’autore
Gilles Clément(Argenton–sur–Creuse, 1943) è tra i più noti paesaggisti contemporanei, ingegnere, agronomo, botanico, entomologo e scrittore. Ama definirsi giardiniere e ha introdotto il concetto del Terzo Paesaggio, del Giardino della Resistenza, Planetario e in movimento. Con le sue teorie e realizzazioni (tra cui Parc André Citroën, Parc Henri Matisse e il Musée du quai Branly) ha influenzato generazioni di paesaggisti e l’intero modo di concepire l’ecologia e il paesaggio. I suoi libri tradotti in italiano sono: Manifesto del Terzo Paesaggio (Quodlibet, 2005), Il giardiniere planetario (22 publishing, 2008),Elogio delle vagabonde (DeriveApprodi, 2010) e Nuvole(ivi, 2011), Il Giardino in movimento (Quodlibet, 2011). Attualmente, è docente presso l’École Nationale Superiéure du Paysage a Versallies.

Estratto
Il primo giardino è quello dell’uomo che ha scelto di interrompere le proprie peregrinazioni. Non c’è un tempo giusto per questa tappa, nella vita di un uomo o di una società. Il primo giardino è alimentare. L’orto è il primo giardino. È atemporale poiché non soltanto fonda la storia dei giardini, ma la attraversa e la segna profondamente in ogni suo periodo. Il primo giardino è un recinto. Conviene proteggere il bene prezioso del giardino; la verdura, la frutta, e poi i fiori, gli animali, l’arte di vivere, quello che, col passare del tempo, continuerà a sembrarci il “meglio”. È la maniera di interpretare il meglio che, a seconda dei modelli di civiltà, determinerà lo stile dei giardini. La nozione di meglio, di bene prezioso, è in continua evoluzione. La scenografia destinata a valorizzare il meglio si adegua al cambiamento dei fondamenti del giardino, ma il principio del giardino rimane costante: avvicinarsi il più possibile al paradiso.

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Elisa Stellacci

Elisa Stellacci Architetto

Di origine barese e studi ferraresi, si occupa di architettura e grafica a Berlino. Lavora in uno studio di paesaggio, adora le ombre, concertini indie-rock e illustrazioni per bimbi. Volubile e curiosa, si perde nei dettagli e divide non equamente il tempo tra lavoro, amici e passioni.