Scuola primaria in Africa. L’importanza sociale di un progetto architettonico

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“Una struttura di grazia, calore e raffinatezza, in accordo con il clima e la cultura locali. La pratica e la poetica si fondono. La scuola primaria di Gando infonde orgoglio e speranza nella sua comunità, gettando le basi per il progresso del suo popolo”. Diébédo Francis Kéré, architetto, unico dei suoi compaesani africani ad aver studiato all’estero, è convinto che l’istruzione sia indispensabile per lo sviluppo di una comunità.

Ma non basta disporre di spazi per le attività didattiche, è necessario che le condizioni siano adeguate all’apprendimento, soprattutto se in età scolare: – aule luminose e fresche dovranno sostituire quelle buie e assolate della vecchia struttura scolastica – sono le esigenze che l’africano dichiara di voler privilegiare.

Da studente di architettura, grazie ad una raccolta fondi organizzata dall’associazione Schulbausteine für Gando (mattoni per la scuola di Gando), da lui stesso fondata assieme a colleghi–studenti berlinesi, si è fatto promotore di un’iniziativa da subito accolta favorevolmente. Tanto da ottenere il supporto di Locomat, ente governativo in Burkina Faso, per la formazione di figure esperte nella tecnica costruttiva che utilizza blocchi di terra stabilizzati e compressi. Le autorità locali hanno riconosciuto il valore del progetto: da una parte provvedendo a reperire e pagare il personale docente, dall’altra impiegando la forza lavoro impegnata nella costruzione della scuola di Gando, un piccolo villaggio di 3.000 abitanti del Burkina Faso, anche nei progetti pubblici della città. I risultati? Altri due villaggi vicini ne hanno seguito l’esempio costruendo con uno sforzo comune le loro scuole e partecipando così ad un progetto socialmente condiviso.

L’intera comunità di Gando, uomini, donne e bambini, è stata coinvolta nella costruzione della scuola che, cominciata nell’ottobre 2000, si è conclusa nel luglio 2001. La sostenibilità del progetto risiede nell’uso e nella valorizzazione delle risorse locali, sia in termini di materiali da costruzione, sia in termini di maestranze. Poi, come per qualsiasi bioarchitettura che si rispetti, l’inserimento nel contesto ambientale, particolarmente ostico in questo paese caratterizzato da un aumento continuo e costante delle temperature massime e della piovosità (la temperatura media annuale è di 25°C), ha fatto il resto. Le esigenze climatiche, infatti, hanno influenzato profondamente forma, struttura e orientamento dell’edificio.

Tre aule allineate sono separate da due spazi esterni porticati, destinati alle attività ricreative e didattiche. L’ossatura portante è costituita da murature in blocchi di terra stabilizzati con l’8% di cemento industriale, compressi a mano sul cantiere e legati da malta di terra. Travi in cemento, che corrono trasversalmente da muro a muro, fanno da supporto ad un’orditura longitudinale di barre di acciaio da costruzione da 12 mm di diametro. Su queste, un soffitto sospeso di blocchi di terra, che si arresta a pochi centimetri dai muri perimetrali, consente l’ingresso zenitale della luce e favorisce la ventilazione. Il sistema di copertura fortemente aggettante ombreggia le facciate della scuola. Esso è costituito da una struttura a traliccio metallico (richiamo estetico alla ramificazione della parte superiore del tronco dell’albero) sulla quale sono disposti pannelli in lamiera ondulata.

L’effetto complessivo è un sapiente equilibrio tra massività propria della struttura muraria e leggerezza tipica del reticolo metallico: una sintesi tanto più armoniosa se si considera il suo ruolo di conciliare pregio estetico e vocazione funzionale. Infatti da un lato la muratura portante, con la sua elevata inerzia termica, contribuisce a mantenere costante il microclima interno delle aule mitigando le variazioni di temperatura, dall’altro la ventilazione naturale che si crea tra soffitto e copertura contribuisce al raffrescamento degli ambienti.

Il merito dell’architetto risiede nell’aver creato un’architettura di pregio, semplificando le tecniche industriali di costruzione e adattandole ai molti limiti del contesto. La forma del tetto è infatti stata determinata da esigenze pratiche: la difficoltà a trasportare per molti chilometri materiali da costruzione pesanti e lo svantaggio economico derivante dall’importazione di speciali macchine come le gru. Invece, l’architetto ha escogitato un processo in cui i comuni ferri di acciaio da costruzione sono usati per creare travature leggere, ed ha reso tutto questo possibile solo insegnando alla gente come usare una sega manuale e una saldatrice! Ma più di ogni altra cosa l’architetto ha il merito di aver concepito un’opera esemplare che di lì a poco avrebbe diffuso nelle comunità locali un senso di fiduciosa consapevolezza sulle potenzialità e sui vantaggi dei materiali tradizionali: non a caso, infatti, la scuola è stata ampliata con un progetto dello stesso architetto nel 2008, e la costruzione della scuola è stata seguita dalla costruzione di edifici residenziali del tutto simili, destinati ai docenti dei corsi di formazione.

Il prestigioso riconoscimento internazionale Aga Kahn Award for Architecture (edizione 1999 – 2002) ha premiato l’elegante chiarezza architettonica, ottenuta con strumenti e materiali umili, e la portata sociale di questa piccola scuola primaria.

“L’africa ha bisogno di noi, molto più dell’Europa”,  sentenzierà il nostro architetto-eroe.

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Barbara Brunetti

Barbara Brunetti Architetto

Architetto e dottoranda in Restauro, viaggia tra la Puglia e la Romagna in bilico tra due passioni: la ricerca accademica e la libera professione. Nel tempo libero si dedica alla lettura, alla grafica 3d, e agli affetti più cari. Il suo sogno nel cassetto è costruire per sé una piccola casa green in cui vivere circondata dalla natura.