Cicada, un rifugio naturale nel caos metropolitano di Tapei

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Cicada è il nome dell’ultimo progetto dell’architetto finlandese Marco Casagrande, che punta a ricreare nel centro della moderna città di Taipei, in Taiwan, uno spazio in cui l’uomo possa ritrovare quel forte contatto con la natura che è spesso venuto a mancare nelle grandi città contemporanee. Situato nel mezzo di un piccolo parco, in un’area caratterizzata dal forte impatto visivo di svincoli stradali, infrastrutture sopraelevate e grandi costruzioni residenziali e industriali, il rifugio naturale Cicada interrompe il caos metropolitano con l’organicità delle sue forme e la semplicità della sua struttura.

IL PROGETTO

L’idea alla base del progetto consiste nel ricreare una sorta di vuoto urbano, un’architettura a destinazione pubblica e a misura d’uomo che possa essere utilizzata dagli abitanti del quartiere per attività comuni e come spazio di servizio per scopi culturali ed educativi.

Dopo aver attraversato un percorso pressoché rettilineo all’interno del parco, si raggiunge lo spiazzo dove il progetto prende vita: il verde si arresta e l’area su cui sorge la costruzione sembra essere una grande impronta ovale di sassi e calcestruzzo. L’opera appare come una massa di forma organica costituita da una fitta struttura scura in bambù, che si differenzia completamente dai fabbricati del quartiere e dona uno spiccato connotato naturale all’intero progetto.

L’interno

L’accesso avviene attraverso una soglia circolare che richiama metaforicamente l’ingresso di una grotta: le intenzioni dell’architetto consistono infatti nel ricreare un ambiente considerabile come una sorta di rifugio naturale nel centro della città. La luce penetra attraverso l’ossatura in bambù dando vita a scenografici effetti di luce ed ombra che caratterizzano gli spazi interni. Il suolo è costituito da ghiaia e sassi che creano un forte contrasto visivo con il resto dell’opera e, differenziandosi completamente dalle abituali pavimentazioni urbane, arricchiscono l’aspetto sensoriale e percettivo dei fruitori. L’arredo è limitato a semplici panche in metallo disposte irregolarmente, secondo un tracciato concentrico, attorno a un braciere centrale che riprende l’antico significato simbolico dei focolari domestici e si pone come vero e proprio fulcro del progetto. Un’apertura ovale posta sulla copertura, in corrispondenza del braciere, permette l’uscita del fumo prodotto dal fuoco che diventa, nell’immaginario di Casagrande, un significativo segnale visivo in tutto il quartiere.

Materiali e scelte costruttive

Il sistema costruttivo e l’utilizzo di materiali naturali rispecchiano pienamente la filosofia di base del progetto. La flessibilità del bambù ha permesso di sviluppare una struttura organica, modellata direttamente sul sito e in parte improvvisata, sulla quale crescono naturalmente piante rampicanti. Per le pavimentazioni sono stati utilizzati ghiaia, sassi e detriti di calcestruzzo.

Utilizzando le stesse parole di Marco Casagrande, l’intera opera è considerabile come un vero e proprio “mediatore tra l’uomo e la realtà” della vita quotidiana, in cui “una volta entrati la città circostante scompare”.

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  • crediti fotografie © AdDa
Alessandro Zerbi

Alessandro Zerbi Architetto

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