Renzo Piano lascia il progetto di recupero urbanistico dell'area ex-Falck

“Tutto è legittimo, per carità. Anche farsi da parte”. Con queste parole l’architetto Renzo Piano ha commentato la sua decisione di abbandonare il progetto di riqualificazione di Sesto San Giovanni, comune a 10 km da Milano.

Con una superficie di circa 1.400.000 metri quadrati, quello dell’area denominata “ex-Falck” doveva essere il più grande recupero urbanistico d’Europa. Forse lo sarà ancora ma senza Piano che da qualche mese non ne è più il progettista; il Senatore a Vita ha infatti spiegato che firmerà solamente il Piano Integrato di Intervento.

La decisione è scaturita dopo l’acquisto, da parte di alcuni investitori arabi, di una porzione di 140 mila metri quadrati; su di essa sorgeranno uno shopping center e un parco divertimenti. Il progetto, finanziato dai nuovi partner, Piano non lo conosce nemmeno e taglia corto: “i megacentri commerciali sono esattamente l’opposto della mia idea di urbanità”.

In copertina: A sinistra render di progetto © RPBW. A destra foto di alcuni stabilimenti delle ex acciaierie Falck © Gianni Berengo Gardin.

RENZO PIANO SI RACCONTA  ATTRAVERSO LE SUE OPERE

La decisione di Piano sull'area ex-Falck

 foto di © Gianni Berengo Gardin foto di © Gianni Berengo Gardin

Non è un capriccio da archistar quella dell’architetto genovese ma una scelta dolorosa; dietro ad essa si cela una “personale sofferenza” dovuta al forte significato simbolico e al legame affettivo con un progetto cominciato più di 10 anni fa.

Secondo il progettista, Sesto San Giovanni è infatti il paradigma “della modernità sociale, grande distretto del lavoro, capitale di un’emancipazione che ha fatto la storia del movimento operaio e del capitalismo illuminato”.

Nel disegno per il recupero della città egli aveva racchiuso tutti i principi che da anni accompagnano i suoi progetti ovvero il verde, la scuola modello, l’ospedale a misura di malato e il parco urbano. “Istruzione e sanità parlano un linguaggio comune, sono luoghi di cultura, di cura e di umanità e il rammendo è la ricucitura, la restituzione alla comunità di un posto altrimenti abbandonato”.

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Il progetto del Renzo Piano Building Workshop per l'area ex-Falck

 Schizzi di progetto e Masterplan dell'area "ex-Falck", Immagini di © RPBW Schizzi di progetto e Masterplan dell'area "ex-Falck", Immagini di © RPBW

Il primo Masterplan del RPBW (Renzo Piano Building Workshop) per il recupero di Sesto San Giovanni risale al 2005. L’area è quella delle acciaierie Falck le cui fabbriche, ora dismesse, coprono circa 1/8 dell’intero territorio comunale; questo dato dal solo è sufficiente a comprendere la vastità dell’intervento e quindi la sua importanza, sia a scala locale che metropolitana.

La rete infrastrutturale, con la ferrovia che corre lungo la diagonale nord-ovest sud-est, ha contribuito alla frammentazione della città enfatizzando quello che risulta essere ancora oggi il problema principale: la frattura tra il centro storico, densamente popolato, e l’area industriale, ormai vuota ed abbandonata.

Per questo motivo lo schema urbano pensato dallo studio RPBW aveva come obiettivo la riconnessione delle varie parti di metropoli, tra di loro e con il territorio circostante.

Con un’operazione che potrebbe essere definita “sartoriale”, alla base del rinnovato layout c’era la creazione di un nuovo tessuto urbano articolato intorno a due assi principali. L’asse nord-sud, l’attuale Viale Italia, ne costituiva la “spina dorsale”: un viale alberato di 2 km scandito da edifici con funzione prevalentemente commerciale e residenziale. L’asse est-ovest aveva il compito di collegare la stazione ferroviaria, completamente riprogettata, con le altre parti di città; era inoltre destinato a funzioni pubbliche di eccellenza e a terziario direzionale, come Università e centri di Ricerca.

Tra questi spiccava sicuramente la “Città per la Salute”, complesso ospedaliero centro di eccellenza per la sperimentazione in campo oncologico e neurologico: un edificio di tre piani, alto non più di 18-20 metri, immerso in un parco la cui vegetazione penetrava intorno ai 5 padiglioni.

 Render, planimetrie e assonometrie del progetto per la “Città della Salute e della Ricerca”. A sinistra foto da UrbanFile.org, a destra immagini di © RPBW. Render, planimetrie e assonometrie del progetto per la “Città della Salute e della Ricerca”. A sinistra foto da UrbanFile.org, a destra immagini di © RPBW.

Ma quello dell’ospedale rappresentava solamente una parte (la più consistente) del “Parco”, inteso dal progettista come verde a tutte le scale: dai giardini urbani a quelli intercomunali fino al semplice verde attrezzato. Ecco perché un altro dei punti cardine del progetto era l’abbattimento dei cosiddetti “muri Falck”, le recinzioni che circondano l’area industriale separando i vecchi impianti dall'immediato intorno. Liberare le antiche fabbriche da queste barriere fisiche per lasciare spazio alla vegetazione rappresentava il primo passo per il recupero dei “templi del lavoro” che nel masterplan erano tutti riconvertiti a nuovi usi.

Si trattava in sostanza di una riqualificazione totale, in cui una vasta e strutturata area pubblica faceva da sfondo alla zona industriale esistente e da connessione con i nuovi edifici, tutto guidato da un unico filo conduttore: la sostenibilità ambientale.

La risposta dell’Amministrazione comunale

Dopo il passo indietro da parte del Senatore a Vita, la Giunta Comunale ha cercato di fare chiarezza sull’accaduto; dal comunicato ufficiale rilasciato si evince che il progetto per l’area commerciale non snatura in alcun modo il piano generale elaborato dall’architetto. Non si tratta infatti del classico shopping center ma di “un insediamento commerciale di nuova generazione, che conferisce molto spazio alla cultura, al cibo, al benessere e al parco, cioè al tempo libero”. Il baricentro dell’intero intervento è lo stabilimento T5, dalla parte opposta del parco, a più di un chilometro dalla Città della Salute e la nuova destinazione d’uso del padiglione non comporterà l’aggiunta di volumi o stravolgimenti di alcun tipo rispetto alla struttura originaria.

 A sinistra planimetria del verde, in alto a destra schizzi di progetto, in basso a destra viste prospettiche sull’asse nord-sud in cui l’attacco a terra è destinato a spazio pubblico e a funzioni commerciali mentre i piani superiori sono adibiti a residenza. Immagini di © RPBW. A sinistra planimetria del verde, in alto a destra schizzi di progetto, in basso a destra viste prospettiche sull’asse nord-sud in cui l’attacco a terra è destinato a spazio pubblico e a funzioni commerciali mentre i piani superiori sono adibiti a residenza. Immagini di © RPBW.

La questione però è un’altra; il progetto di Renzo Piano fondava uno dei suoi cardini proprio sul mantenimento degli edifici esistenti che, privati delle recinzioni, emergevano dal parco come “creature fantasmagoriche” a memoria del passato. In particolare per alcuni di essi, come il T3 e, appunto il T5, erano previsti solo interventi di pulizia e messa in sicurezza, lasciando tutto il resto praticamente intatto. Nel disegno di Piano erano pensati come reperti di “archeologia industriale”, custodi della storia del sito. Questo però non deve trarre in inganno: l’idea non era quella di lasciarli come “pittoresche rovine” bensì di riconvertirli ad usi originali, per esempio come scenografia per spettacoli e manifestazioni pubbliche. I restanti edifici invece erano concepiti per diventare centri di eccellenza, ospitando luoghi come il museo del lavoro e la biblioteca. In sostanza le ex acciaierie dovevano costituire il cuore della rinnovata “urbanità” mentre le funzioni commerciali erano collocate sull’altro asse, a servizio della zona residenziale.

Le reazioni alla decisione di Piano di lasciare il progetto

Le reazioni alla decisione di Piano di abbandonare il progetto sono state molteplici.

L’architetto Stefano Boeri, progettista del bosco verticale, non ha tardato ad esprimere la sua solidarietà al collega: «La grande saggezza e generosità sociale del suo progetto si è persa con l’intervento di una proprietà che arriva e stravolge tutto. È incredibile: le variazioni vanno discusse. Mi pare un’ingenuità non capire l’importanza delle idee di Piano, in primo luogo il principio per cui era il parco a contenere l’ospedale e non viceversa».

Simile è anche la linea di pensiero del Presidente dell’Ordine degli Architetti di Milano, Valeria Bottelli; pur specificando di non conoscere a fondo le ragioni dietro la scelta dell’Amministrazione, si è detta dispiaciuta che decisioni tanto importanti per la città siano state dettate “dall’opportunismo immobiliare del momento”, senza una reale pianificazione.

La dignità del mestiere di architetto

 foto da IlSole24Ore foto da IlSole24Ore

Certo che dalle “vestigia dell’industria possa nascere un nuovo umanesimo urbano”, negli anni Renzo Piano si è battuto per le acciaierie Falck anche all’UNESCO. A chi gli chiede cosa resterà di suo a San Giovanni, con l’ottimismo che lo contraddistingue risponde che prima di tutto resteranno le idee, il rapporto con le persone e l’ospedale “umanizzato” progettato con il Dott. Umberto Veronesi (Oncologo ed ex Ministro della Salute).  

Tale affermazione non stupisce. Già quasi 20 anni fa, in un discorso più che mai attuale (quello per il ricevimento del premio Prizker), aveva definito l’architettura come società, “perché non esiste senza la gente, senza le sue speranze, le sue aspettative, le sue passioni”. Anche se è più facile imporre le proprie idee, o peggio il proprio stile, un buon architetto deve saper ascoltare la gente; deve perciò mantenere un atteggiamento leggero ma ostinato, che gli consenta di testimoniare le proprie idee ma allo stesso tempo essere permeabile a quelle degli altri. Non un sermone bensì un richiamo alla dignità del proprio mestiere: “Senza questa dignità rischiamo di perderci nel labirinto degli stili e delle mode.”

Un centro commerciale è sicuramente alla moda ma, per quanto all’avanguardia, non ha nulla a che fare con un’architettura pensata con e per la gente, libera da interessi diversi da quelli sociali.

Spesso la dignità sta anche nella coerenza e l’ostinazione comporta prendere decisioni che, seppur difficili, risultano necessarie.

Vanessa Tarquini

Vanessa Tarquini Ingegnere edile-architetto

Razionale e puntigliosa, ama la progettazione a 360° e si concede per hobby sporadici viaggi mentali. Salutista, pratica regolarmente yoga e sfrutta la sua passione per la corsa per ordinare le idee. Nel tempo libero si perde in escursioni tra le montagne abruzzesi.