Le case tipiche delle isole Eolie: sostenibilità e tradizione

Le case tipiche delle isole Eolie (Lipari, Salina, Vulcano, Stromboli, Filicudi, Alicudi, Panarea), fortemente condizionate da fattori ambientali oltre che dall’influenza dell’edilizia Campana e di quella del Mediterraneo orientale, sono state costruite e si sono evolute nel tempo per garantire un comfort abitativo anche in condizioni climatiche svantaggiose, e in modo da resistere al meglio a terremoti di varia intensità, in un’area caratterizzata da una sismicità piuttosto elevata.

In copertina: foto di Adriano Bacchella

VIVERE SU UN'ISOLA: LE CASE DI PANTELLERIA

L’orografia di queste isole è caratterizzata da terreni scoscesi, e ciò ha determinato il profilo degli insediamenti a gradoni terrazzati. La struttura della casa eoliana, che si è sviluppata dapprima in verticale tipo torre, e poi in orizzontale, è il risultato dell’adattamento nel tempo al clima locale, alla scarsità d’acqua e al suolo vulcanico che caratterizzano le isole.

Tipicamente le strutture delle case venivano realizzate con un sistema modulare di celle cubiche dal tetto piatto (detto astricu), a cui si affiancavano secondo le esigenze altri elementi cubici indipendenti, che non erano comunicanti tra di loro ma erano aperti sul bagghiu, il terrazzo-cortile caratteristico di queste abitazioni, che era il cuore della casa e il punto d’incontro per la vita sociale della famiglia.

 Il bagghiu di un casa eoliana con i biseli, le sedute in muratura. Foto Adriano Bacchella Il bagghiu di un casa eoliana con i biseli, le sedute in muratura. Foto Adriano Bacchella

Il bagghiu tradizionale consisteva in un terrazzo, sempre coperto da un pergolato sorretto dalle pulere – i pilastri tradizionali – sul quale di solito cresceva la vite. Tutt’attorno alla terrazza erano disposti i sedili in muratura, detti biseli e vi era anche un forno a cupola per la panificazione (il furnu); inoltre, al bagghiu, erano raccordati tutti I percorsi che conducevano alla casa, ovvero la cucina, le stalle, l’ovile, la tettoia per il ricovero estivo degli animali, gli essiccatoi per l’uva e per i pomodori, i magazzini e il lavatoio. Il bagghiu era il cuore della casa eoliana perché era lì che la famiglia passava il tempo insieme, il posto dove si mangiava, si lavavano i panni con l’acqua della cisterna, si riposava e si faceva appassire l’uva sui cannizzi.

 Il bagghiu di una casa di Panarea. Fonte Adriano Bacchella Il bagghiu di una casa di Panarea. Fonte Adriano Bacchella

 A sinistra, una casa tradizionale eoliana situata sulla costa orientale di Panarea. (Foto di Adriano Bacchella); a destra il tradizionale forno eoliano a cupola. ( Foto dell'agriturismo CasaGialla). A sinistra, una casa tradizionale eoliana situata sulla costa orientale di Panarea. (Foto di Adriano Bacchella); a destra il tradizionale forno eoliano a cupola. ( Foto dell'agriturismo CasaGialla).

La raccolta dell’acqua piovana

Per raccogliere l’acqua piovana, preziosa in un territorio arido e con poche fonti naturali, il terrazzo era impermeabilizzato con il latte di calce mista a sabbia, e veniva costruito con una pendenza minima che permetteva all’acqua piovana di defluire attraverso dei canali in terracotta (detti casulere) che andavano ad alimentare la cisterna posta sotto al calpestio del bagghiu. Sulle casulere veniva spesso inserito un deviatore che faceva in modo che le prime acque canalizzate, sporche di polvere, foglie ed insetti, venissero scartate e non entrassero nella cisterna.

Isolamento termico e antisismicità degli edifici

Le fondamenta delle case venivano realizzate in blocchi di pietra lavica massiccia, mentre i muri erano di solito in pietra pomice, e il tufo veniva usato per la pavimentazione dalla terrazza: grazie all’utilizzo di questi materiale ad elevata inerzia termica l’edificio era adeguatamente isolato dal freddo invernale e soprattutto dalla calura estiva, per via della lenta escursione termica delle pietre laviche con cui erano costruite le pareti.

Inoltre il pergolato che ombreggiava il bagghiu attenuava il caldo torrido delle estati riparando anche gli interni della casa dai potenti raggi solari.

Per via della scarsa quantità di vegetazione a fusto alto si ha un ridotto utilizzo del legno nell’edilizia, le coperture delle abitazioni erano tuttavia realizzate in travi di legno dispose a 40 cm l’una dall’altra, e sulle travi veniva disposta una stuoia di canniccio  ricoperta a sua volta da uno strato di pietrame piuttosto fine e isolato con malta pozzolanica e calce, battuto per rendere il tetto impermeabile. Il tetto era così leggero e friabile rispetto alla massa solida dei muri: la diversa risposta che i muri (pesanti) e il tetto (leggero) hanno se sottoposti a vibrazioni ha fatto si che le abitazioni resistessero  alle frequenti sollecitazioni sismiche a cui sono sottoposte le isole eolie.

Orientamento delle case

L’orientamento delle case veniva scelto sia per ragioni di sicurezza, ovvero per avvistare in anticipo eventuali pericoli di attacchi via mare e cambiamenti climatici, ma anche per ragioni di confort abitativo (come per ripararsi dai forti venti di tramontana) e per sfruttare al meglio la ventilazione naturale all’interno degli ambienti: per questi motivi si prediligeva l’esposizione verso sud e a ponente, con la facciata principale sempre rivolta verso il mare.

Per evitare che i venti freddi entrassero in casa e per avere una migliore esposizione ai raggi solari, le aperture delle abitazioni erano poche e piccole, di solito orientate a mezzogiorno e a levante, mentre gli altri lati erano ciechi, fatta eccezione per la cucina che richiedeva un ricircolo d’aria maggiore rispetto alle altre stanze.

L’intonaco naturale da materiali locali

L’intonacatura a calce bianca, oggi popolare sulle isole insieme agli altri colori pastello che caratterizzano le abitazioni eoliane, è sopraggiunta solo negli ultimi anni: l’intonaco tradizionale poteva essere o di colore grigio, ottenuto da una miscela di pietra vulcanica con poca calce (che era costosa perché importata dalla Sicilia), oppure giallo ocra come a Panarea, e veniva creato mescolando la calce con l’ossido di magnesio depositato dalle fumarole della Calcara, una spiaggia a nord dell’isola.

Virginia Patrone

Virginia Patrone Urbanista

Femminista, ecologista, vegetariana: è urbanista e autrice freelance. Vive a Istanbul, dove durante la giornata scrive di architettura e di bizzarri esperimenti culinari sul suo blog Veganbul, di notte s’immerge nei mondi dei suoi autori preferiti, escogita nuovi progetti artistici cullandosi in calde atmosfere jazz.