Un avveniristico rifugio sostenibile tra i ghiacci: la Monte Rosa Hütte

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Per festeggiare i 150 anni dalla sua nascita, il Politecnico di Zurigo (ETH) sentì l’esigenza di creare qualcosa di durevole e proiettato al futuro. E’ così che nel 2003 esso propose al Club Alpino Svizzero di realizzare un rifugio sostenibile nel comprensorio del Monte Rosa, in particolare nella zona che comprende

i ghiacciai del Grenz e del Gorner attorniati dal Cervino e dalla Punta Dufour, nel cuore di un paesaggio montano severo e incontaminato.

Qui, già dal 1895, esisteva un rifugio alpino di proprietà della Sezione CAS Monte Rosa, che in realtà necessitava di vari interventi di risanamento e ristrutturazione. La decisione di sostituirlo con una nuova struttura determinarono l’avvio di un concorso di idee fra gli studenti laureandi, assistiti da docenti ed esperti in diversi settori, dando vita a un’opera estremamente avveniristica costituita da una struttura portante in legno a cinque piani (con capienza di 120 posti letto) e ancorato alla roccia da profonde fondamenta in acciaio.

La nuova Monterosa Hütte, a 2883 metri di altitudine, vide la posa della prima pietra nell’estate del 2008, cui seguì l’inaugurazione ufficiale nel settembre 2009; il suo scintillante rivestimento esterno in alluminio e la particolare forma poligonale che richiama la sagoma del Cervino sullo sfondo, la fecero presto ribattezzare Berg Kristall ovvero “cristallo di montagna”.

Ma qual è la sua impronta moderna ed ecosostenibile?

Innanzitutto si è cercato di minimizzare l’utilizzo di risorse energetiche sin dalla fase realizzativa, in particolare nella scelta dei materiali, perciò è stato preferito l’impiego di piccoli componenti prefabbricati in legno per pareti e solai, più leggeri e facilmente trasportabili dagli elicotteri.

Per i serramenti di ultima generazione con vetrata a tre strati, si sono effettuate misurazioni che simulano venti ad alta intensità ma è stato ritenuto conveniente contenere sia le superfici vetrate che quelle fotovoltaiche per non creare sovra riscaldamento estivo.

L’energia necessaria ad alimentare le varie utenze (illuminazione, elettrodomestici, ventilazione, depurazione dell’acqua piovana) viene garantita da un impianto a pannelli fotovoltaici inseriti nella facciata sud, permettendo di raggiungere un’autonomia energetica del 90%. Tutta la produzione in eccesso si raccoglie in appositi accumulatori con valvole di regolazione che permettono la distribuzione omogenea di corrente anche nelle giornate di cielo coperto.

Nei periodi di maggior consumo inoltre, entra in funzione una centrale termica integrativa alimentata con olio di colza e si sfrutta l’energia termica dell’aria di scarico tramite il recupero di calore.

Il tutto controllato da un sistema domotico che, in base al periodo dell’anno, alle condizioni climatiche e al numero di ospiti presenti, regola la temperatura dell’acqua e degli ambienti, i dispositivi elettrici ed elettronici allo scopo di assicurare sempre la massima efficienza e il minor spreco di risorse.

Lo scioglimento delle nevi e le piogge provvedono ad assicurare una riserva d’acqua immagazzinata in cisterne sotterranee, mentre le acque reflue recuperabili sono utilizzate per gli scarichi dei bagni.

Per la sua gestione ottimizzata dell’energia e l’elevata efficienza, il nuovo rifugio produce circa due terzi in meno di gas serra a pernottamento rispetto al vecchio, questo perché a quote così elevate il rendimento solare è molto più alto che in pianura.

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Infine gli interni presentano una notevole libertà distributiva caratterizzata dal calore degli arredamenti in legno naturale grezzo, trattato con raffinatezza tale da evidenziare e accentuare le venature delle travi. La grande sala da pranzo al piano terra, grazie ad una finestratura continua, permette di ammirare pienamente lo spettacolare panorama alpino e di goderne i molteplici punti di vista.

Possiamo parlare di nuovo archetipo? Certamente ci troviamo di fronte a un’architettura lontana da nostalgie romantiche e tradizioni, proiettata verso nuove concezioni formali e culturali in grado di conciliare attenzione all’ambiente, innovazione e valore economico e destinata a far parlare di sé per molto tempo ancora.

Fonte | “Lo Scarpone” rivista del Club Alpino Italiano – nr. 7 – Luglio 2010














Elena Bozzola

Elena Bozzola Architetto

Si è laureata quando la parola “sostenibile” la pronunciavano in pochi e lei si ostinava a spedire email sulla tutela ambientale a tutti i suoi amici. L’incontro con Architettura Ecosostenibile è stato un colpo di fulmine. Ama la fatica delle salite in montagna e una buona birra ghiacciata dopo la discesa.