Architetture INsostenibili. L’ecomostro di Sapri

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Non c’è assolutamente dubbio che si possa definire “ecomostro” l’enorme scheletro in cemento che doveva diventare un cementificio nell’immediata periferia di Sapri, in località Pali. Quello che adesso è un po’ meno visibile grazie alla crescita del verde incolto nell’area ormai abbandonata, è diventato quasi un monumento,

un simbolo degli antichi errori e della cattiva politica urbanistica degli anni ’50. Costruire un cementificio a ridosso del porto naturale di Sapri, centro dalle forte potenzialità turistiche, si può considerare una pura follia.

Cinquant’anni fa , però, di errori di strategia economica e territoriale se ne sono fatti tanti e quello che non si può tollerare è il fatto che attualmente, nonostante leggi, divieti e una forte sensibilizzazione pubblica verso tematiche paesaggistiche, si facciano ancora tentativi di speculazione su aree protette. In attesa quindi che una decisione venga presa sul futuro di questo scheletro strutturale, si spera che esso valga come monito a non commettere ulteriori scempi sulle aree limitrofe.

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La collina/promontorio che si può ammirare immediatamente dopo, che chiude il porto saprese e che segna l’inizio di uno dei tratti di costa più belli d’Italia, continua ad essere oggetto di interesse di costruttori e di proposte che sono puntualmente bocciate a giusta ragione. Ma fino a quando si riuscirà a mantenere alta la guardia?
Non molto lontano da questo luogo e solo negli ultimi quattro anni, nella vicina Policastro, una collina verde e vergine è stata prima sventrata e poi riempita da un filare di cubetti di cemento, oggi proposto al mercato come conveniente villaggio turistico con vista sul mare. Che il lettore giudichi liberamente la bellezza dell’intervento visitando personalmente il sito, perché non siamo qui a fare critica architettonica. Rimane comunque oggettivamente contrario a qualsiasi canone di sviluppo sostenibile costruire un agglomerato edilizio in un luogo incontaminato, senza infrastrutture e attività preesistenti. Questo gruppo isolato di casette necessiteranno strade di accesso, allacciamenti remoti e soprattutto creeranno l’ennesimo bagliore di luci artificiali dopo il tramonto.













Giuseppina Ascione

Giuseppina Ascione Architetto

Dopo aver cambiato case e paesi per 10 anni, si stabilizza definitivamente a Rovereto. Qui inizia a concepire l'architettura come un mezzo per  investigare ed influenzare il nostro benessere psicofisico. Da allora sogna e promuove un’architettura sostenibile non concepita tanto nell'accezione ecologica del termine, quanto mirata a creare una esperienza rigenerativa per chi la vive.