Architettura ed ecologia. L’intervista a Vidari, architetto e docente al Politecnico di Milano

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Abbiamo chiesto al Prof. Pier Paride Vidari, architetto e docente presso il Politecnico di Milano, di esprimere il suo punto di vista in merito alle numerose implicazioni e problematiche di un fare architettonico orientato verso l’ecosostenibilità. Ne è scaturita una conversazione che, attorno a questo tema cardine, ha toccato una varietà di argomenti: dagli aspetti tecnici a quelli estetici, dalle implicazioni culturali a quelle sociali e sociologiche, dalle possibilità concrete di un costruire ecologico in Italia e all’estero alle necessità dell’ambiente e alle ripercussioni di una nuova architettura eco sullo stesso, sono emersi dalle considerazioni di Vidari molti spunti di riflessione che riteniamo di notevole interesse per gli addetti ai lavori.

PRIMA DI SCENDERE SUL TERRENO DI TEMI PIU’ SPECIFICI, VORREI CHE LEI CI ESPONESSE LA SUA VISIONE E LA SUA INTERPRETAZIONE DEI FENOMENI CHE ULTIMAMENTE STANNO ORIENTANDO L’ARCHITETTURA VERSO GLI ARGOMENTI E I PROBLEMI DELL’ECOSOSTENIBILITA’ E DELL’ECOCOMPATIBILITA’.

Il rapporto fra architettura ed ecosostenibilità vede un’attenzione accresciuta negli ultimi decenni per l’ambiente. Come fenomeno collettivo è iniziato nelle aree con maggior inquinamento industriale, come la Ruhr in Germania. Sorvolando quell’area negli anni settanta, notavo degli impressionanti e altissimi pennacchi di sostanze inquinanti. In quegli anni, perciò, nacquero i Grünen, oggi un importante partito tedesco. Simbolo del nuovo impegno è il Gasometro di Oberhausen, monumento dell’archeologia industriale della Ruhr e recuperato con sovvenzioni pubbliche. Un ascensore ne raggiunge la sommità, da cui si vede il bacino fluviale dell’Emscher. La gestione è a carico dell’adiacente Centro commerciale, che dal ’94 organizza eventi culturali, esposizioni e spettacoli pubblici. Non meraviglierà che proprio in Germania siano nate le prime architetture ecosostenibili o ecocompatibili. Dapprima si cercò l’equilibrio fra sviluppo e ambiente: l’impegno era volto più alla produzione che all’abitazione. Salvaguardare territorio, acqua, aria e così via, senza rinunciare alle “comodità” moderne, all’energia a disposizione, è impresa francamente molto difficile. Direi che l’unica strada è di concepire l’architettura veramente ecosostenibile come un obiettivo finale, e intanto cerchiamo di non peggiorare le cose, ricordando che, almeno in Europa, usiamo da millenni un territorio interamente antropizzato. L’architettura ha comunque un suo e importante ruolo all’interno di questo fenomeno: è emblematicamente un “artificiale” contrapposto al “naturale”, e ha la sua massima formulazione nella città. Le megalopoli sono nell’insieme umane e disumane: figurano l’assenza dell’equilibrio con l’ambiente. Architettura e ambiente dell’artificialità, in una visione di rinnovate sensibilità, si propongono però come le uniche attività che riconsiderano seriamente i modi della produzione d’artefatti con usi di forme, tipologie, materiali, condizioni tecniche e impiantistiche di sempre minore impatto ambientale. Vi sono materiali che non inquinano alla demolizione del manufatto, o che siano il più possibile ”naturali” (servirebbe chiarire cosa s’intende con questa parola), sistemi passivi di coibentazione e isolamento acustico, di controllo dell’ambiente interno e non inquinanti all’esterno, di grande efficienza energetica, con minori consumi di acqua, aria ed elettricità, e così via.

Ricorderei il protocollo di Montréal (1987/1989), il trattato internazionale per ridurre la produzione e l’uso di sostanze che minacciano lo strato di ozono. In Europa, con il trattato di Maastricht (1992) furono poste importanti basi per politiche di sostenibilità: ambiente, salute, uso equilibrato delle risorse, impatto controllato su scala globale. Questi inizi portarono al principio di precauzione e di risarcimento per danno ambientale, che dovrebbero essere applicati alla Comunità.

QUANTO, A SUO AVVISO, C’E’ DI UTILE E “CONCRETO” NELLE MOLTEPLICI DECLINAZIONI DELL’ARGOMENTO “SUSTAINABILITY”, IN ARCHITETTURA MA ANCHE IN ALTRI AMBITI DELLA CULTURA E DEL SAPERE, E QUANTO INVECE EMERGE COME ASPETTO DI BUSINESS? IN ALTRE PAROLE: COME DISTINGUERE, POSTO CHE CI SIANO DEL GRANO E DEL LOGLIO, L’UNO DALL’ALTRO?

La trasformazione in normative degli ideali dedicati al concetto di sostenibilità, da un lato ne ha ridotta la carica filosofica, dall’altro ha dato una maggiore efficacia pratica. La Regione Lombardia propone alcune novità: attenzione al benessere termo–igrometrico, quindi il controllo delle temperature dell’aria in rapporto alle condizioni stagionali; benessere respiratorio olfattivo e qualità dell’aria per garantire un idoneo ricambio d’aria fra interno ed esterno; benessere acustico, che prevede l’edificio come a un unicum con migliorate prestazioni, specie presso le finestre; benessere visivo ottimizzando lo sfruttamento della luce naturale. Questa ultima è un requisito discutibile: si pensa all’illuminazione naturale, anche negli ambienti di lavoro, come a una condizione ottimale, in verità è una fonte d’illuminazione incontrollata e addirittura dannosa ai fini ergonomici, specie con gli schermi dei computer. Infine s’incoraggia il risparmio energetico, con riscaldamenti centralizzati o addirittura di quartiere, con preferenza ai misuratori di calore. La Regione Lombardia propone anche una riduzione del 10% al coefficiente di dispersione termica nei confronti del massimo permesso dalla Legge 10/91. Delega anche la manutenzione dell’edificio al processo edilizio, con migliori scelte dei materiali e soluzioni costruttive che agevolino la messa in opera in termini di economicità, facilità e controllo nel tempo. La prevalenza è dunque connessa al concetto di benessere, ma non serve incoraggiare l’attenzione alla sostenibilità senza la capacità della costruzione di mantenersi adeguata e poter sostituire le parti ammalorate.

Non vorrei dimenticare che anche alcune correnti artistiche, filosofiche o religiose hanno incontrato il favore pubblico proprio a causa dell’intensificazione nell’interesse alle considerazioni di sensibilità verso l’ambiente, la casa e il luogo di lavoro. Citerei solo l’arte d’origine cinese del feng shui, oppure le comunità inglesi del “Popolo degli Alberi” di Woodland, Spirit Land o Tinkers Bubble.

Materiali e tecnologie sono legati a produttori che cercano un guadagno, spesso eccessivo, soprattutto per le condizioni dell’utente finale. Nessuna meraviglia: è il nostro mondo. Vi giocano alcuni fattori: la scarsa considerazione che il nostro Paese ha della ricerca tecnico–scientifica, la necessità delle imprese che sviluppano tecnologie di autofinanziarsi ricorrendo al prestito bancario, l’abusivismo al di fuori di ogni regola e il fai–da–te che ne è una delle basi, la scarsità di controlli anche locali. Se si utilizzassero meglio i tecnici progettisti (in Italia ne abbiamo una grande varietà: ingegneri civili, ingeneri edili, architetti, geometri, periti edili …). Questi esperti, spesso anche di valore, non dovrebbero essere impiegati come complici per sfuggire alle regole, bensì come alleati per realizzare architetture ecosostenibili. Sono convinto che solo la ricerca scientifica e, paradossalmente, la tecnologia derivata, porterà alla soluzione dei problemi d’inquinamento e dell’enorme produzione di rifiuti e sostanze inquinanti della nostra, cosiddetta, civiltà.

LEI E’ UN VIAGGIATORE DAL RICCO CARNET DI ESPERIENZE; COME VEDE POSIZIONATO IL NOSTRO PAESE RISPETTO AD ALTRI, PER QUANTO CONCERNE L’EMERSIONE DEI TEMI TOPICI DELLA SALVAGUARDIA DELL’AMBIENTE, DEL RISPARMIO ENERGETICO ECC? GLIELO CHIEDO SOPRATTUTTO PER QUANTO CONCERNE L’ARCHITETTURA, MA – POICHE’ SO CHE LEI CREDE FORTEMENTE CHE “TUTTO SI LEGHI CON TUTTO” – POSSIAMO ALLARGARE LA DOMANDA AD ALTRI ASPETTI E AMBITI CHE VORRA’ PRENDERE IN CONSIDERAZIONE.

Il nostro Paese è organizzato malamente. I migliori riferimenti si trovano nel nord, in Scandinavia, Canada e Germania. Ci salviamo ancora una volta con il passato: le vecchie costruzioni spesso resistono ai terremoti, alle alluvioni, agli incendi (fattori tragicamente presenti nel nostro territorio). I paesi sull’Appennino, per esempio, sono meravigliosi patrimoni di edilizia nei quali la sostenibilità è possibile “semplicemente” favorendo il recupero. La tradizione europea delle case di pietra propone edifici isolati dal punto di vista termico e acustico, modi naturali contro le punte stagionali di caldo o freddo. Più si va verso l’Europa settentrionale, più prevalgono costruzioni tradizionali in legno: tutte palesano un uso attento delle risorse locali e l’attenzione alle condizioni climatiche. Certi villaggi delle comunità Walser sulle Alpi sono formidabilmente impegnati alla difesa contro il freddo. Osservandole si prova un grande turbamento per il cambiamento climatico avvenuto in poche generazioni. Nel deserto centrale dell’Iran ho visto il funzionamento veramente efficace delle tradizionali “torri del vento”, le Baud Geers o “acchiappa vento”, le cui dimensioni possono variare dai 40x80 centimetri a misure maggiori della base e un’altezza che oscilla tra gli 8 e 15 metri. In particolare le ho apprezzate nella città di Yazd, dove per molti mesi l’anno ci sono 40/50 gradi all’ombra, con un clima molto secco. Le torri facilitano la fuoriuscita dell’aria calda, come i nostri camini, e favoriscono il risucchio dall’aria fresca e umida dai canali sotterranei (Qanat). Non consumano un volt d’elettricità, non inquinano, e forniscono un fresco adatto, confortevole, usando il vento del deserto. Potrei citare anche le flessibili abitazioni della popolazione Miccosukee, nella Florida (Everglades): capanne in armonia con l’habitat costituite solo dai pali di sostegno e da una copertura che favorisce l’areazione e difendono gli abitanti dagli alligatori. A Montréal, dove si contano decine di case ecologiche, esiste la casa in Avenue du Parc, abitata da tre generazioni di un’unica famiglia, ove crescono dei vegetali, una parte dell’acqua si ricicla, il riscaldamento è geotermico e l’isolamento è a base di soia. L’inventore è Emmanuel Cosgrove, esperto in eco–costruzioni. Qui è stato anche brevettato un sistema per sciogliere neve e ghiaccio lungo il fiume San Lorenzo che usa la sabbia anziché il sale per evitare d’inquinare il fiume stesso. Con il clima piuttosto freddo del Québec, l’uso di decongelanti a basso impatto ambientale è perciò formidabile. Vorrei anche ricordare che il Canada è una Confederazione la cui densità è di tre o al massimo tre e mezzo di abitanti per Chilometro quadrato: ciò facilita le cose.

Si potrebbe imparare molto dalle regole del passato, in una visione globale dell’ambiente. L’ecosostenibilità è un approccio culturale – ancor oggi ideale – fortemente legato al luogo e che vede trasformare in risorsa (Yazd insegna) ciò che pare un ostacolo ambientale da combattere. Significa innovare le relazioni fra l’ambiente e il processo di sviluppo edilizio, senza danni all’ecosistema. Ciò è possibile curiosamente anche con i materiali moderni o innovativi che la ricerca ci propone.

L’ARCHITETTURA ECOSOSTENIBILE E’, O SARA’ IN UN PROSSIMO FUTURO, PER TUTTI O PER POCHI? MI SPIEGO MEGLIO: L’ARCHITETTURA ECOSOSTENIBILE, SE E QUANDO DOVESSE TRASFORMARSI DA FENOMENO EMERGENTE A ORIENTAMENTO COSTANTE E SEDIMENTATO DEL COSTRUIRE, POTRA’ AVERE UNA DIFFUSIONE MASSIFICATA, IN QUANTO CARATTERIZZATA DA COSTI CONTENUTI, O VICEVERSA RESTERA’ ALLA PORTATA DI POCHI, IN QUANTO “HIGH COST”? OPPURE NON SI PUO’ PARLARE DI “UNA SOLA” ARCHITETTURA ECOSOSTENIBILE, MA OCCORRE INVECE PARLARE DI DIVERSE DECLINAZIONI DEL FENOMENO, ALCUNE DELLE QUALI DESTINATE A RADICARSI E DIFFONDERSI A VARI LIVELLI DELLA SOCIETA’, ALTRE INVECE A RIMANERE PIU’ ELITARIE?

In Italia, credo che l’ecosostenibilità rimarrà legata alla sensibilità di pochi, se non interverranno leggi corrette e soprattutto fatte osservare. Oggi la situazione è piuttosto disperata se pensiamo alle nostre coste e all’abusivismo edilizio, alla mancanza di etica del Paese. È visibilmente rappresentata dalla marea di cemento che riempie ogni vuoto, compresi i terreni agricoli, da nord a sud. Parlare di ecosostenibilità sembrerebbe addirittura un vezzo in una situazione così grave. I costi certamente incidono persino come giustificazione. In ogni caso, osservando gli studi di Legambiente ed Ecosistema Urbano, le città più sostenibili d’Italia sono Belluno, Verbania e Parma. Le prime diciotto sono tutte città del Nord, ma le cose stanno migliorando anche al sud. Troviamo Salerno al diciannovesimo posto da trentaquattresima che era nel 2009. La classifica, i cui dati sono stati elaborati dall’Istituto Ricerche Ambiente Italia, è stata ottenuta tenendo conto di parametri come il trasporto pubblico, la presenza di zone a traffico limitato, la percentuale di raccolta differenziata, la gestione delle acquee e altro. La sostenibilità DEVE diventare un modo diffuso di costruire.

La seconda parte della domanda è d’altro genere. Vi sono effettivamente molti tipi d’ecosostenibilità, come ho già accennato. Esse vanno dal risparmio energetico – per il quale il legislatore ha fatto qualche proposta – all’uso di materiali migliori, al controllo del cantiere, alla posizione degli edifici rispetto al contesto. Alla fine dovrebbe essere il tipo di approccio, e quindi essere le scelte progettuali, a voltare pagina. Servirebbe un uso migliore dell’edificio, delle sue risorse e maggior educazione da parte dell’utente, senza gli eccessi di calorie e frigorie in inverno e in estate.

CI FA QUALCHE ESEMPIO DI ARCHITETTO O ARCHITETTURE DI SUO PARTICOLARE INTERESSE SUL VERSANTE DELL’ECOSOSTENIBILITA’, E CI SPIEGA I MOTIVI DEL SUO PARTICOLARE APPREZZAMENTO?

Rimane da fare un elenco, forzatamente lacunoso, ma cercherò di rendere evidente come e in quante differenti occasioni si propone l’architettura ecosostenibile.

In Germania sono certamente stimolanti, dal punto di vista dell’architettura, le contemporanee Case Prefabbricate di Werner Sobek, a Stoccarda. Interessante il quartiere Vauban a Friburgo. Del resto già fra il 1985 e il 1990 e nell’ambito dell’I.B.A., Otto Frei e altri, aveva realizzato una delle più note “case ecologiche”. Un intervento per cinquanta unità abitative. Prima era approntata la sola struttura in cemento armato, con un nucleo verticale per i servizi, erano poi appoggiati i solai, infine era realizzata in modo autonomo dai futuri abitanti, con architetti di loro scelta. Fu redatta un’elaborata normativa che prevedeva l’adozione di energia solare sia passiva, sia attiva. In questa nazione, è esemplare l’architettura sostenibile, l’innovazione, l’efficienza energetica, i materiali riciclati e riciclabili, però abbonda l’uso del cemento, vetro e acciaio, che ad alcuni non paiono materiali ecologici e costituiscono perciò motivo di critica.

Per la Spagna, citerei l’opera di Gil Torres Carmen, Centro per anziani e Servizi sociali, Madrid, del 2007.

A Montréal, è interessante la sfera di Buckminster Fuller, costruita nel 1967 come padiglione degli Stati uniti all’Expo sull’isola di Sainte–Heléne nel San Lorenzo, e bruciata nel 1976 per un effetto serra. È stata restaurata e trasformata in Biosfera, un museo dedicato all’ambiente e ai vari climi d’America. All’interno si volgono eventi dedicati al cambiamento climatico, all’aria, all’acqua, alla sostenibilità e alle eco tecnologie. Da essa si controlla il grandioso invaso del San Lorenzo dal punto di vista dalla protezione ambientale. Ancora a Montréal, la seconda più grande discarica industriale dell’America settentrionale, oggi è trasformata in polo cultural – artistico (Cité des Arts du Cirque). Il complesso della Tohu è un caso esemplare di architettura ecosostenibile e riqualificazione di un’area urbana degradata.

Negli Stati Uniti segnalo l’opera di Obie Bowman, Brunsell Residence, Sea Ranch, California U.S.A. 1987; caratterizzata dal tetto in erba, come sulle nostre Alpi o in Scandinavia.

La Finlandia è uno dei paesi dove la sostenibilità ha avuto numerose interpretazioni, vorrei porre l’accento sull’eco–villaggio di Viikki, un esempio significativo di gestione ecologica del territorio del dipartimento di pianificazione del comune di Helsinki e premiato in numerose occasioni. In Svezia l’intera città di Malmö, aspira a essere il modello di sviluppo sostenibile a livello mondiale.

Personalmente non mi sento di parteggiare per nessuna di queste opere. Per quanto siano veramente interessanti, mi paiono o ancora a livello sperimentale, o degli ibridi fra architetture tradizionali e proposte a cavallo fra il passato (la casa californiana) e il moderno, come nell’Europa settentrionale.

(Ottobre 2011. Risposte di Pier Paride Vidari, architetto e docente presso il Politecnico di Milano).

Laura Montingelli

Laura Montingelli Laureata in Lettere moderne

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