Villa Vals, la poesia di un’abitazione ipogea immersa nella natura

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In un piccolo paese della Alpi svizzere abitato da un migliaio di persone, una quindicina di anni fa Peter Zumthor ha recuperato un vecchio hotel e l’ha ristrutturato realizzando un nuovo centro termale; questo ha reso Vals una località famosa e visitata ogni anno, non solo da persone in cerca di una vacanza–relax, ma anche da molti architetti. E così è stato anche per Bearne Mastenbroek, dello studio olandese SeARCH che, affascinato dal paesaggio di questa zona delle Alpi, ha pensato di costruire un’abitazione in un’area prossima all’edificio di Zumthor che, pur trovandosi proprio accanto alle terme, non è sottoposta a vincoli ed è edificabile.

Data la normativa svizzera, che consente questa pratica soltanto ai cittadini della federazione, solo dopo aver fondato una società con un altro architetto, lo svizzero Christian Müller ottiene i permessi necessari. A questo punto si pone il problema di come insediarsi nel territorio, non solo per la preesistenza architettonica di rilievo ma anche per la ricchezza del territorio, per gli scorci, per il paesaggio.

Questo ultimo aspetto viene fissato come uno degli elementi chiave: le scelte fatte sono orientate dalla volontà di preservare la vista della valle, sia dall’abitazione, sia dai terreni circostanti del paese. L’orientamento è per una tipologia parzialmente ipogea: sfruttando la pendenza del terreno risulta possibile organizzare gli ambienti al di sotto del livello del suolo a diverse quote incastrandoli come in un puzzle, garantendo comunque a tutti luminosità e vista diretta all’esterno.

Un forte legame con la tradizione costruttiva locale è manifestato dalla scelta di utilizzare la pietra a spacco locale, solitamente quarzite, generalmente impiegata nei tetti del paese e utilizzata anche da Zumthor nelle nuove terme. La volontà di stringere una profonda relazione con il contesto emerge anche dal modo in cui viene recuperato e inserito nel progetto il fienile in legno e pietra presente nell’area. In questo edificio viene collocato un ambiente di vita separato dalla struttura principale, una sorta di dependance, e da qui si accede, tramite un collegamento interrato in cemento di 21 metri, all’abitazione.

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Qui sono disposti, al piano terra, alcuni spazi comuni e una stanza da letto che risultano quindi aperti sul patio e inondati di luce; al livello superiore, con accesso da un corridoio che si sviluppa lungo il muro di contenimento, ci sono invece delle stanze da letto caratterizzate da un maggiore senso di ritiro, consentito anche dalla modulazione della luce che penetra dalle aperture. Si tratta di finestre disposte in maniera apparentemente casuale sulla facciata; in realtà la loro posizione denuncia la scelta di una composizione libera degli spazi interni che, sfruttando il più possibile lo scavo, dà vita a continui cambiamenti di quota che consentono ai diversi locali una comunicazione fra di loro ma, allo stesso tempo, permettono di mantenere un carattere di ambitoprivato.

Dal punto di vista energetico la casa, scavata nel terreno per una profondità di circa 8 metri, ne sfrutta l’inerzia termica e, grazie alla disposizione semicircolare della facciata principale, offrirà molte opportunità di apertura e di captazione della radiazione solare. Ad integrazione è stato progettato un sistema di pompe geotermiche, scambiatori di calore e pannelli radianti; in questo modo i progettisti sono riusciti a portare avanti la loro scelta di non utilizzare combustibile fossile e di ridurre l’impatto ambientale progettando un edificio il più possibile autosufficiente.

Non avremmo mai potuto competere con la perfezione degli edifici delle terme, con quell’approccio radicale, minimale e puro. Così abbiamo pensato di orientarci verso un edificio sperimentale, quasi industriale e abbiamo sviluppato il tipo di imperfezione che ci interessava.” Mastenbroek & Müller.

Ester Dedè

Ester Dedè Architetto

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