It’s Alive. La ricerca di Arup sul costruito dei prossimi 50 anni

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Il gruppo di ricerca Foresight + Innovation, ha prodotto “It’s Alive!”, un report in cui si indaga l’evoluzione degli edifici nel futuro prossimo (anni ’50 del 2000) della città. Il gruppo, che fa parte di Arup, è stato fondato per aiutare le aziende e i clienti a capire il futuro dell’ambiente costruito, e Josef Hargrave spiega così il senso del report: “Nel 2050 la popolazione umana avrà raggiunto i 9 miliardi di individui, il 75% dei quali saranno abitanti urbani. Non vogliamo predire come potrà mostrarsi l’ambiente costruito tra circa 40 anni, ma offrire spunti e riflessioni per cosa potrà succedere. Questo report affronta l’idea degli edifici intelligenti, che sono capaci di prendere decisioni basandosi sul loro ambiente circostante – strutture viventi e traspiranti come supporto alle città e alle popolazioni di domani.”

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Addentrandosi più concretamente nella lettura, la ricerca parte dall’identificazione di ben 14 “motori di cambiamento”, di cui si possono riconoscere tre categorie chiave nei processi di trasformazione del costruito dei prossimi 50 anni.

LE CAUSE DEL CAMBIAMENTO
Nel report It’s Alive, la consapevolezza delle cause del cambiamento assume una grande rilevanza nel report di Arup, proprio perché si tratta della classica e preliminare indagine sull’identificazione del problema, senza cui non sapremmo dove andare a cercare le risposte.

Tra queste abbiamo: la crescita della popolazione e la relativa urbanizzazione, i cambiamenti climatici, il riconoscimento della scarsità delle risorse naturali, la coscienza ambientale e infine la consapevolezza di una società fondata sulla difesa e sulla sorveglianza.

Quest’ultima, cioè il riconoscimento di un sistema basato sulla difesa, e quindi sulla paura, è consapevolezza ben amara, sintomo di una società (forse) malata (come indaga nei suoi libri l’antropologo Z. Baumann).

GLI STRUMENTI TECNOLOGICI
Nuovi modelli di produzione del cibo, città ed edifici intelligenti, nanotecnologie e biotecnologie, robotica e automazione.

Tutti questi concetti rappresentano, nell’immaginario collettivo ma anche e soprattutto nei laboratori dei tecnici che ne preparano versioni sempre più sofisticate, ciò da cui oggi ci aspettiamo sarà popolato il mondo del futuro.

GLI OBIETTIVI E LE AMBIZIONI
Infine tre concetti chiave chiariscono bene cosa ci si augura di perseguire: l’integrazione sempre migliore tra i vari sistemi citati sopra e, perché no, anche tra le comunità umane; una sempre maggiore attenzione verso un design e una progettazione guidate dagli utenti (mirante a soddisfare le esigenze particolari dei singoli individui anziché una generalizzazione che ne appiattisca i risultati); il tutto all’insegna dell’era ecologica di cui stiamo vivendo il mito, proprio come il Novecento visse l’era del progresso, inseguendone il mito, nella riflessione di Foucault.

NET–NATIVE GENERATION
Per quanto sia impossibile predire anche in minima parte come sarà il futuro, grazie allo studio dell’andamento dei cambiamenti globali, si possono fare delle ipotesi abbastanza realistiche su quello che ci aspetto nei prossimi 50 anni.

Tanto per incominciare, la generazione di individui che popolerà la terra sarà nata nell’”era della rete”, perciò sarà molto probabile una tecnologia basata sempre di più sulla produzione di soluzioni individuali, così come c’è da prevedere un rapporto sempre più stretto tra l’abitante urbano e la sua città.

A partire da queste considerazioni preliminari, il cuore del report di Arup è strutturato intorno all’esplorazione di un progetto architettonico ben preciso, con alcune caratteristiche salienti:

  • Componenti flessibili progettati per una continua adattabilità;
  • Capacità di produrre più risorse di quante ne consuma;
  • Presenza di una pelle sensibile e multifunzionale;
  • Ipotesi di una città in cui gli edifici sono pienamente integrati con le infrastrutture urbane circostanti;
  • Smartness che consiste in un sistema connettivo paragonabile al sistema nervoso umano, una mente insomma, capace di rispondere efficacemente e (quasi) autonomamente alle necessità del singolo.

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Di questo edificio, presentato come un’alta torre dalle facciate curvilinee, si parla come di un organismo vivente (da quiil nome “it’s alive!”), nel quale materiali intelligenti, sensori per gli scambi di informazioni e un sistema automatizzato collaboreranno al suo funzionamento virtuale, come un “sintetico ed altamente sensibile sistema nervoso.

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In conclusione, nell’”era ecologica, gli edifici non creano più semplicemente lo spazio, bensì fanno l’ambiente”.

Questo report, benché del futuro analizzi solo una parte, quella più spiccatamente tecnologica, e non si interroghi forse troppo a fondo sull’opportunità di critica rispetto a certe tendenze troppo individualistiche della società, ha di certo il merito di affrontare un tema difficilissimo, nonché estremamente significativo per orientare la bussola di noi architetti, che, in piena libertà di progettazione, siamo tenuti ad interrogarci sul ruolo che ci riserva il futuro.






Giulia Custodi

Giulia Custodi Architetto

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