La moda delle alghe: parlano gli esperti

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Nell’articolo sulle leggende che circolano in internet sulle presunte straordinarie capacità delle microalghe come biofiltro da applicare in architettura(Alghe in architettura, i fotobioreattori e le leggende urbane), è stato spiegato perché il loro impiego come componente vivo per la costruzione di facciate sia più vicino alla fantascienza che alla realtà. Di seguito un’intervista al prof. Kevin J.Flynn, del Institute ofEnvironmental Sustainability and Centre for Sustainable Aquaculture Research, Università di Swansea, UK. Il Prof. Flynn è un esperto in microalghe e plankton di fama internazionale, con più di 100 pubblicazioni specializzate nelle sue aree principali di ricerca: fisiologia delle microalghe,misurazioni fisiologiche,coltivazione di microalghe e modellazione dei loromeccanismifisiologici e di crescita.

Mario Rosato: Sono davvero le alghe la soluzione più veloce per frenare il riscaldamento globale e sostituire i combustibili fossili? O tutta questa risonanza mediatica è solo “marketing politico”?
Prof. Kevin J. Flynn:
Certamente non rappresentano la soluzione più veloce: furono necessari milioni di anni affinché la produzione naturale dellemicroalghe aiutasse a diminuire il contenuto di CO2 atmosferico. Possono essere una parte della soluzione, ma da lì a pretendereche giochino un ruolo significativo nella cattura di carbonio indotta dall’uomo, c’è un lungo percorso. L’idea della fertilizzazione degli oceani con ferro è il meccanismo più vicino di cui disponiamo oggi, ma questa idea è molto questionabile, sia sulla sua reale efficacia come sul rischio ambientale che comporta. Non ci sono indizi dell’esistenza di una soluzione veloce o facile a corto termine.

M.R.: Secondo Lei i progetti falliti, come il fallimento di Algae Link, si sarebbero potuto evitare? Come è possibile che sia stata sovrastimata di tanto la produttività dellemicroalghe nel redigere un piano di affari?
Prof. Flynn:
Non conosco i particolari di questo caso in concreto. Nonostante, in termini generali non è raro che chi ha degli interessi commerciali tenda a vedere le cose con un realismo esagerato. In tanti settori sono state avviate cause legali per fermare la pubblicità ingannevole; ciò non sembra di essere stato applicato a questo mercato. Spesso leggo articoli dove si affermano produttività 10 volte, se non 100 volte, al di sopra di quelle che ritengo verosimili. Spesso i tassi di crescita riportati eccedono di molto quelli che si potrebbero attendere. Questi alti valori di produzione dellemicroalghe che spesso vengono pubblicati potrebbero semplicemente riflettere dei calcoli in cui sono state moltiplicate insieme tutte le migliori possibili stime dei processi in ogni fase. Non che l’idea di utilizzare le microalghe sia nuova –ormai è nota da decadi– e ciò nonostante, se è così semplice, dove si trova l’inghippo? La base di tutto è che ci mancano studi scientifici rigorosi, con dati generati per lo sfruttamento di modelli ancora da provare e le relative analisi di rischio. Esiste una storia di molti decadi di ricerca sulle microalghe, che inizia con la scoperta della fotosintesi stessa. Nonostante, perfino cercando nella letteratura tecnica ben argomentata si osserva una impressionante mancanza di dati quantitativi sulla fisiologia, in concreto del tipo di dati necessari percondurre una discussione costruttiva sull’uso dellemicroalghe nelle “problematiche del cambio climatico”.

M.R.: L’azienda americana Algal Fuels dichiara di aver sviluppato metodi di coltivazione in grande scala e produzione di biodiesel che garantiscono costi competitivi. Secondo Lei la tecnologia della coltivazione delle microalghe è già sufficientemente matura per poter saltare allaproduzione industriale, o si deve considerare con certo scetticismo la “redditività” che annunziano?
Prof. Flynn:
È naturale l’esistenza di un certo segreto commerciale. Come dice un proverbio inglese The proof of the pudding is in the eating, “la prova del budino consiste nel mangiarlo”. Certamente, riuscire a far crescere la coltivazione in modo affidabile e riproducibile è solo una parte del problema. Raccogliere e rompere le cellule un’altra. E possiamo essere sicuriche il valore di mercato dei prodotti cadrà appena la produzione salga, per tanto la redditività non è assicurata. È difficile credere che i calcoli della fattibilità della produzione di microalghe possano essere robusti in assenza di un’ analisi dettagliata del ciclo di vita completo di tutte le fasi (non solo del processo di crescita),e di una esplorazione di tutte le linee di prodotto potenziali (non solo la produzione di biocombustibili). Realizzare tutto ciò effettivamente richiede una conoscenza completa delleparti componenti, e la suddetta conoscenza sembra mancare.

M.R.: Secondo Lei la coltivazione di microalghe in acque residue è davvero fattibile? O si tratta di un’altra “strategia di marketing” per far apparire i combustibili di alghe attraenti per l’opinione pubblica?
Prof. Flynn
: La suddetta coltivazione è certamente possibile, ma se sarà redditizia, è un altro paio di maniche. Dipende tanto dal costo di depurare le acque quanto dal valore dei biocombustibili. Un altro problema è che molti di coloro che suggeriscono questa idea credono che tutte le forme di azoto e fosforo siano uguali. Non lo sono. La crescita dellemicroalghe è più rapida su certi tipi di nutrienti, mentre che altri potrebbero non risultare utilizzabili, o perfino deleteri. La contaminazione da metalli pesanti è un problema addizionale. Nonostante, il costo dei nutrienti è estremamente alto, e se non ci fosse una forma di creare cicli di nutrienti, lo stesso impedirebbe all’industria di raggiungere nemmeno il punto di equilibrio. Le acque residue devono venire utilizzate, perfino nell’ipotesi di dover riciclarle dallo stesso bioreattore.

M.R.: Qual è il vero ordine di grandezza della produttività del biodiesel che ci si può aspettare dallealghe? Possono le alghe catturare davvero tanta CO2 come si proclama?
Prof. Flynn
: La produzione di biodiesel da microalghe dipenderà dall’organismo coltivato, e dallecondizioni di coltivazione. La più alta produzione per cellula potrebbe non corrispondere con quella delle cellule che crescono più rapido, o dell’organismo più facile da raccogliere, o della famiglia di cellule più robusta. Lei cosa sceglierebbe, un organismo produttore più efficiente ma che cresce più lentamente? O uno che cresce rapidamente, ma solo in sospensioni molto diluite? Non è possibile decidere con certezza cosa risulta meglio da fare nell’arco di molti mesi, o perfino anni. Nonostante, quasi sicuramente la risposta è no: le microalghe non sono così produttive come vengono dipinte. Le comparazioni con le piante superiori non sono lineari. Per cominciare, raccogliere piante è relativamente facile, con una metodologia ampiamente collaudata, mentre raccogliere microalghe è tutt’altro che “facile”.

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M.R.: Le alghe geneticamente modificate (GM) comporterebbero qualche rischio per l’ambiente se venissero prodottein grande scala?
Prof. Flynn: Il tema dellemicroalghe GM sarà tanto spinoso quanto lo è stato per le piante superiori. Che le stesse esistono e saranno utilizzate da qualche parte da qualcuno è sicuro. Costituiranno un rischio? Certamente potrebbero. Il problema non è semplicemente se riusciranno a soppiantare le microalghe naturali (che secondo le nostre ricerche non è così) bensì che la loro appetibilità per i loro predatori (zooplancton) potrebbe vedersi alterata. Questo è un problema che si osserva spesso quando vengono introdotte piante alloctone da un ecosistema in un altro; crescono fuori controllo perché non c’è un predatore che se le mangi. Questo può essere ideale per la cattura di CO2 (produrre grandi proliferazioni di alghe che poi s’inabissano, trascinando il carbonio al fondo per rimanere seppellite in condizioni anossiche) ma costituirebbe un disastro per l’ecologia.

M.R.:Quanta ricerca è ancora necessaria per poter saltare dalla produzione a scala di laboratorio alla produzione industriale dicombustibili da alghe?
Prof. Flynn:
Sospetto che ci vorranno 5, se non 10 anni, per una produzione di routine a livello significativo

M.R.: È il biodiesel l’unico biocombustibile che si può ottenere dallemicroalghe? Non è possibileprodurre anche bioalcol?
Prof. Flynn
: Penso che considerare questi organismi solo per la produzione di energia è uno spreco di materiale e del suo potenziale. Gli integratori alimentari e altre industrie relazionate con la farmaceuticaconferiscono a questa biomassa un valore molto più alto di quello dei biocombustibili (il cui valore è legato a quello dei combustibili fossili). È necessario considerare un settore commerciale integrale altamente differenziato.

M.R.: Perché allora i mass media pongono tanta enfasi nelle alghe con alto contenuto di grassi, atte per laproduzione di biodiesel ? Non sarebbe più facile coltivare alghe di rapida crescita, come la Chlorella, e poi digerire la biomassa risultante per ottenere biometano?
Prof. Flynn: In assenza di studi scientifici integrali, i cui dati siano stati esaminati rigorosamente, con tutti icosti intermedi inclusi, non è possibile affermare con esattezza quale potrebbe risultare il percorso industriale più redditizio.

M.R.: Quali politiche ritiene Lei che la UE dovrebbe adottare per lo sviluppo dei combustibili da alghe nell’immediato termine?
Prof. Flynn:
È necessario realizzare uno studio scientifico serio di tutti i passi, non solo la coltivazione, non solo la raccolta,non solo la rottura della parete cellulare e successive trasformazioni del prodotto, bensì tutto il processo dall’inizio alla fine. Penso inoltre che ibiocombustibili NON dovrebbero essere LA PRIORITÀ. Ad esempio, questi organismi producono valevoli supplementi nutrizionali. Incentivando il consumo dei medesimi, la necessità di pescare (con grandi costi tanto economici come ecologici) si ridurrebbe. Il trattamento delle acque residue,il raggiungimento degli obiettivi delledirettive europee sull’ambiente, la qualità delle acque, ecc., possono e debbono essere tutti inclusi dentro dell’analisi costo–beneficio totale per la società di questa tecnologia. La mia speranza è che i fallimenti passati nello sviluppo di questatecnologia non generino una tale sfiducia che si finisca col bloccare il tema al dibattito scientifico serio.

Mario Rosato

Mario Rosato Ingegnere

La sua passione sono le soluzioni soft tech per lo sviluppo sostenibile, possibilmente costruite con materiale da riciclaggio. Un progetto per quando andrà in pensione: costruire un'imbarcazione a propulsione eolica capace di andare più veloce del vento in ogni direzione.