LCA in Italia: lo stato dell’arte dell’analisi del ciclo di vita

Life-cycle-assessment

Al convegno «LCA in Italia dall’ecodesign alla gestione del fine vita» organizzato dall’ENEAe svoltosi durante l’ultima edizione della fiera di Rimini “Ecomondo”, appena conclusa, sono state presentate novità degne di nota e di buon auspicio per lo sviluppo nel prossimo futuro in Italia dell’uso della metodologia LCA, acronimo inglese di Life Cycle Assessment (analisi del ciclo di vita). Innanzitutto, per i non addetti ai lavori, precisiamo che la LCA consente di formulare valutazioni su un insieme di interazioni tra un prodotto, un processo o un’attività e l’ecosistema. Il suo scopo principale è di ridurre l’impatto ambientale di ciascuna delle fasi di cui si compone l’intero ciclo di vita, perfettamente in linea con le direttive europee in tema di risparmio energetico e di riduzione dei rifiuti. Ambiti nei quali al nostro Paese, ovvero tutti noi, è stata applicata la procedura di moratoria per infrazioni e per errato recepimento delle direttive. Dunque ci aspetta ancora molta strada da percorrere e in fretta.

UNA BREVE RETROSPETTIVA PER INQUADRARE LA SITUAZIONE ATTUALE

Le prime applicazioni note di LCA risalgono alla fine degli anni ‘60, ancora in pieno boom economico caratterizzato dalla sperimentazione di materiali derivati dal petrolio, e riguardano l’analisi delle conseguenze ambientali dovute alla produzione di diversi contenitori per alimenti.

Negli anni ’80 vengono tracciate le basi per un modello di economia olistica mondialmente condivisibile. Ricordiamo il noto Rapporto Burtland (cognome della coordinatrice e presidente della Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo)il quale introduce la definizione di sviluppo sostenibile: «…è uno sviluppo che soddisfi le esigenze del presente senza compromettere la possibilità per le generazioni future di soddisfare i propri bisogni. »

Negli anni ‘90 grazie al lavoro congiunto della SETAC (Society of Environmental Toxicology and Chemistry) e dell’ente ISO (International Standard Organisation) la metodologia LCA può contare su una vera e propria standardizzazione, la quale costituirà la base della norma europea di riferimento: la UNI EN ISO 14040 approvata dal CEN (Comitato Europeo di Normazione).
Agli inizi degli anni 2000 la UNEP (United Nations Environment Programme) promuove un progetto finalizzato all’applicazione pratica della LCA a livello mondiale, si tratta della prima risposta concreta alle problematiche ambientali enunciate con la Dichiarazione di Malmö;unsegno evidente della consapevolezza diffusa a livello trasversale riguardo la limitatezza delle risorse planetarie – rispetto ai ritmi imposti dai consumi – e l’impossibilità dei governi di garantire il controllo dell’inquinamento ambientale nel tempo e in zone ben circoscritte.

LO STATO DELL’ARTE IN ITALIA

Un progetto ambizioso nato nel 2006 su iniziativa dell’ENEA ha dato vita a una “Rete Italiana per la LCA” con lo scopo dimettere a punto una mappatura a livello nazionale mediante la compilazione di un apposito formulario, accessibile dal suo sito web, per favorire la diffusione dell’applicazione dell’analisi e lo scambio di buone pratiche. Fanno già parte della rete LCA circa 400 persone le quali sono organizzate nei seguenti gruppi di lavoro:

  • Energia
  • Tecnologie sostenibili
  • Prodotti e processi chimici
  • Edilizia
  • Legno arredo
  • Gestione e trattamento rifiuti
  • Servizi turistici
  • Automotive–elettrico–elettronico
  • Ricerca metodologica alimentare ed agro–alimentare

QUANDO SI USA LA LCA?

L’impiego dell’LCA è molto utile in fase di progettazione–ideazione per valutare in primo luogo l’eco–profilo, abbiamo detto di un’attività produttiva o di un servizio, e in secondo luogo per comparare gli impatti ambientali delle differenti opzioni possibili. Le recenti linee di indirizzo europee raccomandano la LCA come l’unico strumento efficace per promuovere l’eco–innovazione e la competitività in termini di sostenibilità.

IN QUALI AMBITI SI USA LA LCA?

La metodologia è ideale perorientare i processi decisionali di politici, amministratori, progettisti e stakeholder in genere coinvolti in un investimento, e per suggerire le misure da attuare con il minor rapporto costi/benefici ambientali. Vediamo alcuni ambiti strategici:

  • Business sostenibile
  • Project management
  • Marketing etico ed ambientale (Eco labelling)
  • Consumo responsabile

QUALI SONO LE FASI DA ANALIZZARE?

Il calcolo dell’impatto ecologico, di un qualsivoglia oggetto di studio, è in genere estremamente complesso, pertanto è essenziale utilizzare software specialistici. Inoltre, a coloro che in futuro vorranno dedicarsi alla valutazione ambientale mediante LCA consigliamo una formazione specifica, di dotarsi di banche dati (eco indicatori) aggiornate e pertinenti al campo della propria ricerca o professione.
Per semplificare l’argomento immaginiamo il contesto da analizzare come se fosse un grande insieme caratterizzato al suo interno dai seguenti sottoinsiemi, in questo caso tipici del ciclo di vita di un prodotto:

  • Estrazione
  • Lavorazione
  • Processo produttivo
  • Trasporto
  • Distribuzione
  • Uso (inclusi recupero e manutenzione)
  • Riciclaggio
  • Riuso
  • Dismissione e stoccaggio
  • Smaltimento finale

L’analisi dell’insieme complesso si traduce nella valutazione dell’impatto degli input dati (fonti energetiche e risorse necessarie per alimentare i singoli sottoinsiemi considerati) attraverso il calcolo quantitativo e qualitativo dei seguenti output, determinanti per la definizione della “impronta ecologica ©” (M. Wackernagel & W. Rees, USA):

  • Emissioni di gas climalteranti in atmosfera
  • Acque reflue
  • Rifiuti solidi
  • Sottoprodotti
  • Altre esternalità indirette

I SOFTWARE PIU’ DIFFUSI IN EUROPA

  • Sostenipra (catalano)
  • Eime (francese)
  • SimaPro (olandese)
  • GaBi (tedesco)

GLI “ECO INDICATORI”

  • EDIP 96 (danese)
  • Eco–indicator 99 (olandese)
  • EPS 2000 (svedese)

COME S’INTERPRETANO I DATI?

In Italia, dal momento che non è ancora disponibile una banca dati nazionale completa, per ottenere risultati attendibili, è consigliabile precedere la valutazione d’impatto ambientale da una meticolosa e delicata raccolta dati direttamente nelle aziende coinvolte nell’ambito o settore oggetto di studio. In una fase successiva, è opportuno confrontare i dati raccolti con quelli riportati dalle banche dati europee specializzate. In fine, i dati ottenuti devono essere validati per costruire modelli il più possibile aderenti alla realtà da analizzare.

IN QUALI SETTORI SI APPLICA LA LCA?

I casi di studio di applicazione della metodologia illustrati al convegno della fiera Ecomondo 2011 riguardano i seguenti settori:

  • Pianificazione urbana sostenibile
  • Green Building
  • Green Procurement (Acquisti verdi)
  • Energia
  • Prodotti e processi chimici
  • Innovazione di processi industriali e servizi
  • Eco Design
  • Rifiuti
  • Automotive

FIGURE PROFESSIONALI CHE SI AVVALGONO DELLA LCA

  • Ricercatori e dottorandi in materie scientifiche
  • Docenti universitari
  • Consulenti
  • Responsabili della gestione ambientale
  • Legislatori
  • Responsabili di acquisti

LIMITI E PROSPETTIVE DELLA LCA IN ITALIA

Il primo limite della LCA, sebbene regolata dalla citata norma ISO è di essere uno strumento facoltativo per valutare i reali impatti ambientali di un progetto, di un prodotto, o di una qualsivoglia attività economica, nei confronti della salute umana, dell’ecosistema, del depauperamento delle risorse naturali e per comprendere altre esternalità negative economico–sociali. Un altro limite all’efficacia della LCA è la attendibilità della banca dati in termini sia qualitativi che quantitativi.
Nel nostro paese attualmente la LCA più attendibile ma comprensibilmente costosa si basa su dati di input prelevati direttamente dal mercato, caso per caso, e con le difficoltà che possiamo immaginare quali ad esempio: informazioni disomogenee – in termini di unità di misura – e segreto industriale, per citarne alcune.
Una opzione più semplice, ma meno attendibile dell’appena descritta, è il metodo di adattare alla nostra realtà i dati desunti dalle banche dati acquistate relative a studi di altri paesi. In questo caso si pone il problema quando ci sono notevoli disparità nel mix energetico tra un paese e l’altro. Vale a dire che: a parità di qualità e di quantità di prodotto esaminato, supponiamo ad esempio un pannello in legno truciolare, l’impatto ambientale può differire notevolmente da un paese all’altro a seconda del tipo di fonti energetiche (rinnovabili o meno) e tecnologie (efficienti od obsolete) impiegate nel processo di fabbricazione.

La notizia è che il completamento di una banca dati tutta italiana è prossimo, alcuni parlano che sarà all’inizio del 2012. A quanto mi risulta l’encomiabile iniziativa della mappatura è ancora aperta e pertanto è auspicabile il contributo di tutti per il beneficio ambientale comune, in fin dei conti “stiamo tutti nella stessa barca” e abbiamo ciascuno una quota parte di responsabilità dell’inquinamento ambientale!

Fonti | “La Rete Italiana LCA: prospettive e sviluppi del Life Cycle Assessment in Italia”. Atti del Convegno Ecomondo 2011, Rimini.

Giovanna Barbaro

Giovanna Barbaro Architetto e Tecnologo

Deve il suo carattere cosmopolita a Venezia, dove si laureò in architettura (IUAV). Dal 2008 europrogettista nei settori green economy e clean tech. Nel 2017 ha realizzato uno dei suoi più importanti sogni: fondare Mobility-acess-pass (MAP), un'associazione no profit per la certificazione dei luoghi pubblici per le persone con disabilità motorie. Tra i suoi hobby preferiti: la fotografia e la scrittura