Emergenza ambientale e progettazione architettonica

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“Fintantoché i processi produttivi sono stati contenuti e gli inquinamenti facilmente dispersi, l’ambiente è stato in grado di autodepurarsi. Superate queste condizioni il degrado è andato accumulandosi sulla superficie terrestre.” (Giovanni Abrami, 1987). Una delle cause principali dell’attuale emergenza ambientale è

probabilmente identificabile nelle pratiche correnti degli ultimi decenni che hanno portato ad un assetto territoriale come sommatoria delle singole esperienze locali.

In una situazione carente dal punto di vista della pianificazione ambientale si è andata separando sempre più la fase pianificatoria da quella edificatoria, spesso per problemi gestionali ma, forse soprattutto, per interessi operativi e politici contrastanti; questo ha reso dapprima meno efficace e poi ha addirittura fatto scomparire la verifica dei risultati ottenuti.

In quest’ottica è necessario recuperare il valore profondo del termine progettare, di quell’azione che permette il recupero di un nuovo ordine ambientale o la ridefinizione di quello preesistente.

L’uomo, attraverso il progresso e la tecnologia è in grado di costruirsi un habitat artificiale trasformando le condizioni naturali ma è affidato alla sua responsabilità non superare i limiti che danneggerebbero le altre specie viventi e la stessa specie umana, come sostiene Claudio Magris, purché si sia consapevoli della loro relatività, è opportuno accettare i propri confini, come si accettano quelli della propria abitazione, ma forse questo è proprio uno dei problemi della società contemporanea.

Data l’emergenza ambientale che ci troviamo ad affrontare, non possiamo più prescindere dalle questioni relazionali e in particolari energetiche; progettare un sistema energetico efficiente ci da garanzia di ottimizzazione funzionale (e quindi possiamo supporre estetica?).

E’ interessante osservare le analogie tra le forme del costruito umano, le strutture prodotte da altri esseri viventi e le forme della natura; tra i fattori che maggiormente influiscono sull’attività costruttiva ci sono la luce e il calore: in particolare, all’aumentare della radiazione solare diminuisce la superficie che è necessario esporre.

In sostanza, possiamo affermare che, se l’architettura può essere considerata fusione ottimale tra forma e funzione, in quest’ultima bisogna far rientrare anche gli aspetti legati alle relazioni con il contesto e il clima che, come conseguenza, la faranno interagire con la conformazione della struttura condizionandola in modo massiccio.

Foto | ABRAMI Giovanni, Progettazione ambientale, Clup, Milano 1990














Ester Dedè

Ester Dedè Architetto

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