Dal “circolo vizioso edilizio” alla bio-architettura: un passo avanti guardando indietro

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Essere ecosostenibili è vantaggioso, esserlo in tempi di crisi è indispensabile. I motivi per essere ecosostenibili, infatti, sono soprattutto due: salvaguardare l’ambiente e il portafogli! E qual è la voce che occupa il peso maggiore nelbudget familiare e nel degrado ambientale? Proprio la nostra casa, grande
o piccola che sia. Per fronteggiare questi problemi negli ultimi anni si guarda a una “nuova” soluzione: l’architettura sostenibile. Il numero dei governi (per lo più nordeuropei, in realtà) che incentiva la costruzione di edifici pubblici e privati ecosostenibili è, infatti, in continuo aumento. Sembra, quindi, che la bioedilizia sia un’invenzione degli ultimi decenni... e invece è proprio il contrario!

Siamo così abituati a considerare il nostro modus vivendi l’unico possibile che etichettiamo qualsiasi idea “alternativa” come “nuova”. E’ invece l’architettura “tradizionale” a essere recente: l’invenzione del cemento armato come fondamento per costruire le nostre non–ecologiche case, è soltanto del XIX secolo. In Italia il cemento armato iniziò a diffondersi a cavallo fra l’Ottocento e il Novecento e una legislazione specifica per regolarne l’utilizzo fu emanata in tempi recentissimi: nel 1939, solo 70 anni fa! Non è certo stata l’invenzione del calcestruzzo in sé ad aver generato un “circolo vizioso edilizio”. E’ come sempre la smaniosa corsa all’oro dell’uomo la vera causa. Nessuno di noi può dimenticare le risate di quei costruttori edili che nella notte del terremoto a L’Aquila gridavano in preda a un’assurda euforia «Torniamo alle gare d’appalto»... E’ questa smania senza scrupoli che ha fatto edificare sempre più case, sempre più palazzi a ritmi sempre più veloci, generando un impoverimento della qualità dei materiali e una scarsa sensibilità progettuale nei confronti delle caratteristiche climatiche dei siti destinati alla costruzione degli edifici (e L’Aquila, ahimè, ne è l’esempio più recente e agghiacciante!).

Purtroppo, a lungo andare, anche lo stato di salute di chi abita all’interno di questi edifici viene negativamente influenzato dalla presenza, nei materiali da costruzione, di additivi chimici (indurenti per cemento e calce, colle per mattonelle, vernici di finitura dei mobili in laminato, ecc.) che vengono ceduti nel tempo all’aria che respiriamo in casa ogni giorno. “Già dalla metà degli anni ’70 sono segnalati sempre più di frequente i disturbi dovuti alla permanenza in ambienti interni – si parla di “Sick building syndrome” (SBS) ovvero Sindrome da edificio malato. In studi sulla SBS all’interno degli edifici è stata identificata una serie di fattori di rischio, tra cui figurano una ventilazione insufficiente, climatizzatori poco igienici, emissione di sostanze odorose e irritanti da parte di materiali e apparecchi, danni dell’umidità, ma anche un clima sgradevole nel locale, rumori fastidiosi permanenti” (UFSP – Ufficio federale della sanità pubblica Svizzera)[1]. E prima del XIX secolo? Prima che si innescasse questo circolo vizioso edilizio i materiali di costruzione erano ecologici, come la pietra e il legno, e, soprattutto, l’uso che se ne faceva era nel rispetto dell’ambiente e degli uomini. E’ questa la base della bioarchitettura, né nuova né originale, ma solo consapevole, perché la casa dove viviamo deve essere il nostro rifugio più sicuro.

[1] Fonte | “Sindrome da edificio malato – «Sick Building Syndrom» (SBS)” su www.bag.admin.ch