Vermi mangia plastica. Una scoperta per la riduzione dei rifiuti?

Alcuni ingegneri dell'Università di Standford, in collaborazione con un gruppo di ricercatori cinesi, stanno conducendo una serie di ricerche per approfondire il fenomeno della digestione della plastica e della sua degradabilità, da parte di comuni vermi che si nutrono di questo materiale, al fine di ridurre i rifiuti. Dopo il fungo mangia plastica, arrivano dunque i vermi mangia plastica.

La quantità di plastica prodotta annualmente cresce in maniera esponenziale, tanto che il sistema di riciclo di questo materiale si sta rivelando insufficiente per lo smaltimento di questi rifiuti. Ad aggravare la situazione si somma l’impossibilità di biodegradazione delle materie plastiche che, una volta disperse nell'ambiente, non si biodegradano prima di 1000 anni, provocando conseguenze negative su ambiente ed animali, e quindi sulla salute dell’uomo.

Alcuni esperimenti coordinati da Wei-Min Wu, capo ingegnere di ricerca presso il Dipartimento di Ingegneria civile e Ingegneria ambientale dell'Università di Stanford, hanno rivelato che esistono dei vermi mangia plastica in grado di sostenere una dieta a base di polistirolo. Si tratta di larve di coleottero, appartenenti al genere Tenebrio e comune alimento di uccelli e di altri animali insettivori, che possiedono al loro interno dei microrganismi in grado di smaltire particelle plastiche. Quella della capacità delle larve di coleottero di smaltire la plastica è una scoperta sorprendente che infonde speranza. Wei-Min Wu ha infatti dichiarato:

"I nostri risultati hanno aperto una nuova strada per risolvere il problema globale dell’inquinamento da plastica"

All’interno dei laboratori di ricerca, sono stati effettuati alcuni esperimenti su 100 vermi che si sono cibati di circa 37 grammi di polistirolo (circa il peso di una piccola pillola) al giorno ed hanno trasformato il materiale in anidride carbonica, come farebbero con qualsiasi fonte di cibo.

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Entro 24 ore, i vermi mangia plastica hanno escreto la maggior parte della plastica residua come frammenti biodegradabili, grazie all’azione di microrganismi nel loro apparato digerente, che sono in grado di smaltire il polietilene, la plastica utilizzata per i sacchetti dei rifiuti.

I ricercatori intendono studiare se tali microrganismi possono decomporre anche altri tipi di plastiche come il polipropilene (presente in prodotti che vanno dal tessile ai componenti automobilistici), le microsfere (minuscole sfere utilizzate nei cosmetici esfolianti) e le bioplastiche (derivanti dal mais).

I documenti, pubblicati sulla rivista Environmental Science and Technology, forniscono informazioni dettagliate sulla degradazione batterica della plastica all’interno dell’apparato digerente di questi animali, e potrebbero rappresentare il punto di partenza per sviluppare nuove tecnologie alternative, per la gestione sicura dei rifiuti in plastica.

Una delle osservazioni più importanti è il fatto che, anche seguendo una dieta composta esclusivamente da polistirolo, i vermi si presentano sani come quelli che si cibano di sostanze comuni e, allo stesso tempo, i loro escrementi risultano essere sicuri, tanto da poterli utilizzare come fertilizzante organico nei terreni per le colture. Ciò permette di approcciarsi a questo fenomeno in maniera sistemica, ovvero gli scienziati stanno indagando quale potrebbe essere il destino di tali materiali se ingeriti da piccoli animali, come i vermi, che sono, a loro volta, cibo per altri animali.

Un’ulteriore area di ricerca in cui potrebbero essere contestualizzati questi sistemi viventi, potrebbe essere l’ambiente marino, dove i rifiuti plastici rappresentano una particolare minaccia, non solo per le specie che vivono nell’oceano, ma anche per i volatili che si nutrono di forme di vita marina.

Tuttavia, sono necessari ulteriori studi sui processi di metabolizzazione delle sostanze plastiche da parte di queste larve e, soprattutto, occorre conoscere quali sono le condizioni favorevoli alla degradazione e quali sono gli enzimi in grado di assimilare i polimeri. Queste ricerche potrebbero rappresentare un prezioso aiuto per gli scienziati al fine di ottenere enzimi più potenti che possano degradare maggiori quantità di plastica e, allo stesso tempo, guidare i produttori di polimeri nel progettare sostanze che non si accumulino nell'ambiente.

Elena Solli

Elena Solli Designer

Ha sempre qualche progetto per la testa: che si tratti della creazione di borse e gioielli fatti a mano, o di cambiare città per continuare gli studi, non riesce a rimanere ferma senza far niente. Si è sensibilizzata ai temi ambientali durante un periodo trascorso in una comunità immersa nel verde dell’Oxfordshire inglese.