Biocarburanti: un prezzo globale da pagare?

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Il biocombustibile viene utilizzato per utilizzare energia in maniera indiretta partendo dalle biomasse: grano, mais, canna da zucchero, ecc. La provenienza da risorse rinnovabili non ne garantisce tuttavia la fornitura senza interruzione e il prezzo da pagare per i cosiddetti carburanti green è più alto di quanto si possa pensare : in particolare gli aspetti negativi sono legati alla sottrazione di terreno agricolo che potrebbeessere impiegato per la produzione di alimenti, ed al rapporto sfavorevole tra energia necessari per produrre biocombustibili ed a quella che essi rendono disponibile.

Approfondimento: i biocarburanti inquinano?

I biocarburanti vengono ottenuti mescolando liquidi ricavati da materie prime organiche, miscelati in basse percentuali con carburanti di origine fossile. Chi li produce sostiene la loro validità, affermando che essi consentano di abbattere le emissioni di CO2 dei mezzi di locomozione anche del 30% rispetto a benzina e gasolio.

Ridurre la disponibilità di derrate alimentari a scapito delle popolazioni più povere del mondo ed aumentare la fame a livello planetario è la più grossa e disastrosa conseguenza di questi impieghi dei biocarburanti. Inoltre, la coltivazione delle materie prime necessarie per la loro produzione è inquinante; sotto il profilo idrico, il prezzo da pagare è altissimo: per produrre un litro di biodiesel servono 4000 litri d’acqua per l’irrigazione delle colture e per il processo chimico di trasformazione.

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Nel 2005 l’ecologo David Pimentel e l’ingegnere ambientale Tad W. Patzek hanno pubblicato uno studio, sulla rivista Natural Resources Research, secondo cui sia la produzione di biodiesel da soia e girasole, sia quella dell’etanolo da mais, legno ed erba, consumano di gran lunga più energia di quanta se ne possa ricavare dai combustibili, senza tener conto delle tasse o dei danni ambientali.

Nessuna ricetta miracolosa dunque per la salvaguardia dell’ambiente: la denuncia viene da ActionAid e da Oxfam, che pongono in risalto come queste produzioni contribuiscano ad uno smisurato sfruttamento e consumo di terra ed acqua, una spaventosa distruzione di foreste, una massiccia perdita di biodiversità.
Ma malnutrizione e fame nel mondo sono un giusto prezzo da pagare, per impiegare combustibili “biologici” da colture come mais, soia e canna da zucchero?

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L’Unione Europea ha individuato la strada del biofuel come obbligata, ed entro il 2020 deve essere raggiunta una certa quota di biocombustibili destinati ai trasporti; anche nel nostro Paese vi è l’obbligo per i fornitori di benzina di porre in commercio una quota minima di carburanti provenienti da tali fonti. Già nel 2011 a sostegno di questa produzione sono andati ben 6 miliardi di euro.

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Oxfam ed ActionAid hanno diffuso documenti in cui il punto di vista è differente da quello delle industrie che definiscono green questi materiali: Dalla Tanzania al Paraguay ascoltiamo storie di contadini che perdono improvvisamente la libertà di coltivare la propria terra, la dignità di vivere del proprio lavoro e la sicurezza di poter mettere del cibo in tavola per le loro famiglie, perché qualcuno decide che coltivare jatropha o soia per produrre biodiesel da vendere agli automobilisti europei è più conveniente. Più conveniente per chi? Non certo per chi soffre la fame. Solo nel 2008, i frutti della terra utilizzati per produrre biocarburanti avrebbero potuto sfamare 127 milioni di persone, riducendo la fame nel mondo di quasi il 15%”.

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È giusto alimentare i serbatoi delle auto a spese di più di 800 milioni di persone che ogni giorno vanno a dormire affamate? Ed allora cosa si può fare? Riconoscere i reali impatti provocati dai biocarburanti è fondamentale per mettere in campo alternative più sostenibili nel settore dei trasporti, promuovendo la mobilità elettrica, l’efficienza energetica ed il trasporto pubblico. Che sia davvero l’efficienza energetica il primo combustibile del mondo!

“Il Parlamento Europeo ha perso l’occasione di promuovere il consumo e la produzione di biocarburanti sostenibili”– si legge in una nota congiunta di ActionAid e di Oxfam Italia. Questo il primo commento delle due Ong dopo il voto a Strasburgo sulla proposta di modifica del cosiddetto “pacchetto ILUC”, a riguardo delle emissioni indirette determinate dall’utilizzo di coltivazioni agroalimentari a fini energetici.

Per migliorare la performance ambientale e sociale dei biocarburanti europei, lo scorso anno la Commissione ha proposto di dimezzare l’utilizzo di quelli di “prima generazione”, ricavati a partire da coltivazioni alimentari, rispetto all’obiettivo del 10% di energia da fonti rinnovabili nel settore dei trasporti. A settembre 2013 il Parlamento ha votato, a stretta maggioranza, per portare questa soglia al 6% sull’utilizzo di biocarburanti realizzati a partire da coltivazioni alimentari o energetiche dedicate.
Quale sarà la prossima tappa? Verso quale parte tenderà la bilancia?
È possibile firmare la petizione

Ivana Fasciano

Ivana Fasciano Architetto e Designer

Inventiva a 360°, trova nell’architettura la valvola di sfogo per il suo estro creativo. Adora progettare ville immerse nel verde. L’arte, la musica ed i viaggi le danno la carica per imbattersi ogni giorno in una nuova avventura.