Omaggio alla tipografia. Un ristorante tra arte grafica, culinaria ed architettonica

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Il ristorante Alla lettera progettato da Yet|Matilde, Francesco Stassi e Nicola Di Fonso, è un omaggio ironico allatipografia, alla forma e al significato delle parole. Non a caso si affaccia su una location eccezionale, Piazza Bodoni, tra le più belle e ariose del capoluogo piemontese. Questa, infatti, porta il nome del creatore dell’omonimo font serif, riconoscibile per il forte contrasto tra le linee spesse e quelle sottili. Ed è proprio il carattere Bodoni ad essere il filo conduttore dell’interior design, un mix sapiente di grafica, riciclo creativoe oggetti industriali personalizzati.

Architettura e tipografia: quando il lettering fa parlare gli edifici

La lettera “O” è riproposta in diverse dimensioni e famiglie di font su pareti e accessori, diventando il logotipo del ristorante.Rappresenta la forma della pizza, piatto forte del locale, sempre simile ma mai uguale, perché fatta a mano e, ogni volta, personalizzata.

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La pizzeria editoriale ricorda, inoltre, il parallelismo tra ingrediente e carattere tipografico: entrambi ripetuti creano risultati sempre nuovi e creativi.

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PAROLE, PAROLE, PAROLE…

Marrone, beige, crema e panna sono i colori predominanti del ristorante: su questo scenario si sviluppa il dialogo tra arte grafica, culinaria e architettonica. All’ingresso, il bancone bar e di preparazione delle pizze è caratterizzato da linee pulite, materiali nobili quali legno e ferro; di sfondo la profonda e rettangolare bocca del forno sembra borbottare parole poi impresse sulla parete.
Si allarga il locale dedicando tutto lo spazio a tavoli quadrati e alle tipiche sedie in legno, marchiate sugli schienali e sedute da brevi motti e lettering a grande dimensione .

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Sulle porte e pareti sono ripetute le tipiche destinazioni d’uso dei locali commerciali (toilette, zona cucina…), aggiungendo alla semplice informazione un valore didattico oltre che decorativo. “Un buon pranzo giova molto alla conversazione” recita una parete, mentre parole isolate sono tradotte in varie lingue.

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Il menù è quotidiano e la sua grafica è quella tipica dei vecchi giornali stampati. Anche l’allestimento del locale varia e “si muove” in analogia con l’antico mestiere dei tipografi che utilizzavano appunto caratteri mobili, componibili e riciclabili. I camerieri indossano divise firmate da Antonio Rizza con tanto di copri–maniche, ed infine, i tovaglioli scuri presentano un’asola per agganciarli al bottone della camicia.

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“Specchio servo delle mie brame chi è la più bella del reame?” Il testo posto sulla parete scura del bagno, diventa comprensibile grazie al suo riflesso sullo specchio adiacente. In cucina il neon “Che fame” allevia l’attesa del cliente, che può anche intravedere dalla fessura come i cuochi preparino le pietanze in cucina. L’appendiabiti è realizzato da semplici corde su cui sono ancorati traduzioni di “buono” in varie lingue, mentre su alcune pareti appaiono i bellissimi casellari di legno, in cui una volta erano riposti i bianchi e altri strumenti tipografici.

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Gli ambienti, tutti progettati da eccellenti grafici e designer, sono originali e ricercati: le travi scure d’acciaio rimangono a vista sui soffitti chiari, mentre una fitta rete di lampade a bulbo scende in maniera irregolare sui tavoli.

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Tanta ricercatezza non comporta un effetto finale artificioso e “perfettino”, perché tutti gli allestimenti sono work–in progress: periodicamente il locale accoglie opere di giovani artisti ed è sempre alla ricerca di nuove sperimentazioni.

Elisa Stellacci

Elisa Stellacci Architetto

Di origine barese e studi ferraresi, si occupa di architettura e grafica a Berlino. Lavora in uno studio di paesaggio, adora le ombre, concertini indie-rock e illustrazioni per bimbi. Volubile e curiosa, si perde nei dettagli e divide non equamente il tempo tra lavoro, amici e passioni.