La nuova Ziggurath. La città nella città di Dubai: sostenibilità o futurismo?

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Nata nel 1799 come dimora di una tribù beduina locale, conquistata nel 1833 dalla famiglia Al Maktum, Dubai è in una posizione commerciale strategica: assieme alla gemella Deira sull’altra sponda del Golfo Persico, è la porta per l’India; sarà contesa dagli Ottomani, dai pirati Qawasim e dalla Diplomazia Inglese, che, con un accordo del 1892, ne farà un protettorato britannico. La città inizialmente famosa per le perle, attira uominid’affari soprattutto dall’India. Al contrario di quanto accade negli emirati vicini, la scoperta del petrolio non cambia la sua vocazione, date anche le quantità ridotte. Nel 1971 fonda assieme ad Abu Dhabi gli Emirati Arabi Uniti, e negli anni successivi si impone come hub internazionale dei commerci autodefinendosi “zona di libera iniziativa economica”.

L’odierna Dubai ha numeri da capogiro e ne promette di ancora maggiori.

Due porti commerciali, di cui uno al sesto posto per movimentazione di merci, affiancano quello che diventerà il primo aeroporto al mondo come capacità di traffico merci (12 mln tonn./anno) e passeggeri (160 mln/anno). La prima metropolitana della penisola araba collegherà l’aeroporto alla città, mentre nel 2009 è stata testata l’avveniristica monorotaia di collegamento delle isole turistiche artificiali (le tre “palme” e le 300 isole del “mondo”).

La popolazione, composta solo per il 10% da autoctoni, è impegnata prevalentemente nello sviluppo immobiliare della città e delle sue nuove propaggini, affiancandosi alle metropoli cinesi nelle previsioni di crescita: il 23% delle gru da costruzione di tutto il mondo sono a Dubai.

Sorgono a Dubai il più grande centro commerciale del mondo (il Dubai Mall), il grattacielo più alto (il Burj Khalifa) e, a dispetto del clima, il più grande centro sciistico artificiale. Dubailand invece sarà il più grande parco divertimenti del mondo, mentre la catena di alberghi della famiglia Al Maktum è la più imponente e lussuosa. Seguendo la tradizione, e portandola ai massimi sviluppi, si vuole fare di Dubai il centro mondiale del commercio, dello sviluppo tecnologico e della comunicazione: sono dunque in sviluppo la Dubai Internet City unita alla Dubai Media City (TECOM) e il Dubai Knowledge Village (KV).

Lo sviluppo dell’emirato dunque è terreno adatto allo sviluppo di investimenti tecnologici e architettonici a carattere monumentale.

I SEGRETI DELLA PIRAMIDE
Lo Ziqqurath, progenitore antico della piramide, ha incantato folle di fedeli, schiere di sudditi e, a distanza di millenni, squadre di archeologi e frotte di turisti. Ed oggi, sembrerebbe, anche i nuovi tecno–adepti dell’architettura ecosostenibile di Dubai.

Anticamente l’elemento geometrico essenziale della piramide a gradoni, così come nasce in numerose culture assai distanti nel tempo e nello spazio e spesso non interagenti, combinato con i parametri legati alla stabilità e alla visibilità degli edifici peculiari dei secoli passati, precedenti all’esperienza del cemento armato e del ferro, rendono conto della funzione di questi maestosi edifici, ovvero il tentativo di innalzare le proprie anime al cielo degli dei o comunque al di sopra della faticosa esperienza quotidiana.

Nella rivisitazione odierna invece la forma piramidale si combina con la ricerca tecnologica avanzata e con criteri di utilizzo sostenibile dello spazio da abitare e delle superfici perimetrali che interagiscono con l’ambiente circostante, l’astro solare in primis. Il nuovo monumento vuole dunque innalzare una nuova generazione di abitanti totalmente globalizzati ed in armonia con la natura circostante (rispetto a questo sarà necessaria una buona azione di convincimento) e con tecnologie da fantascienza a basso impatto economico ed ambientale.

NUOVI MOTIVI PER UN NUOVO ZIQQURATH
Nell’ottobre del 2008, nel corso della 11ma edizione del Cityscape Global tenutasi presso il Dubai International Exhibition Center è stato presentato un nuovo progetto faraonico: un edificio–città in grado di ospitare un milione di persone riducendo le emissioni legate alla circolazione e all’abitabilità del 90%.

L’equipe della Timelinks, la società che ha patrocinato il progetto e le ricerche ad esso collegate, si sono basati sulle problematiche legate ai tassi di crescita della popolazione di Dubai. La forma di enorme piramide a gradoni, da cui il nome assai poco ambiguo di Ziggurat, permetterebbe secondo i progettisti di conciliare le esigenze della crescita metropolitana con quelle della sostenibilità economica ed ambientale.

Dubai, distribuita oggi su più di 4.000 km2, ospita oltre 2 mln di persone, che nel 2020 potrebbero superare i 3,5 mln. Più di un milione di autovetture ed una frequentazione dei mezzi pubblici inferiore al 6% (sul totale dei residenti) rendono l’aria, già appesantita dal caldo umido della latitudine e della vicinanza col mare, irrespirabile. Uno degli obiettivi principali è dunque quello di risolvere il problema del trasporto: una rete di condotti che si sviluppano in orizzontale ed in verticale permetterà agli abitanti di muoversi a bordo di vettori elettrici. I gradoni delle facce esterne dell’imponente struttura ospiteranno invece delle aree a verde in grado di fornire alla città l’apporto necessario di ossigeno in forma di verde pubblico e colture per l’alimentazione.

Altro grande problema delle città arabe della zona è il clima, che costringe a chiudersi all’interno di enormi centri climatizzati o in zone arieggiate fuori dalla città e lontano dal mare. All’interno della piramide invece sarà molto più facile gestire la climatizzazione, anche avvalendosi di tutti i possibili apporti di energia rinnovabili dal sole, dal vento e dalla terra che sarà possibile realizzare sulle sue frontiere e nei suoi anfratti opportunamente disegnati. L’approvvigionamento energetico costituisce in effetti motivo di vanto per i progettisti: la città potrà autosostenersi senza l’apporto di alcuna rete di energia esterna.

Altri vantaggi che emergono dal progetto sono anzitutto la possibilità di ottimizzare all’interno di un perimetro chiuso la movimentazione di beni e personale, anche dal punto di vista dei tempi di spostamento, con mezzi idonei, standardizzati e ad impatto energetico ridotto. In secondo luogo la capacità di contingentare le funzioni urbane ed abitative di un numero notevole di persone all’interno di un’area assai limitata: la costruzione coprirà infatti un’area di circa 2,3 km2. La densità abitativa sarebbe ottocento volte quella attuale di Dubai; lo sviluppo verticale dell’edificio–città sembrerebbe ereditare ed amplificare i vantaggi urbanistici del grattacielo.

Inoltre la gestione dei flussi di consumo energetici e materiali, ovvero gli approvvigionamenti di beni di consumo, servizi ed energia e le conseguenti necessità di smaltimento, possono essere gestiti nel loro complesso ed integrati, confluendo in spazi appositamente progettati ed ottimizzati. Infine nel nuovo medioevo globale non tramonta mai la moda della sicurezza, e così sistemi biometrici ad alta definizione permetteranno un continuo controllo degli abitanti e delle loro attività nei punti di accesso.

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SOSTENIBILITA’ O FUTURISMO?
“Il problema con cui mi sto confrontando è la progettazione odierna di città la cui elevazione si ferma a pochi livelli, che si espandono invasivamente sul territorio per chilometri. Di conseguenza, esse hanno letteralmente trasfigurato la terra, trasformando i terreni agricoli in parcheggi e sprecando enormi quantità di tempo ed energia nel trasporto di persone, beni e servizi sulle loro estensioni. La mia soluzione è una “implosione” urbana piuttosto che una esplosione”; queste non sono frasi promozionali dei manager della Timelinks, bensì la spiegazione dell’ideologia urbanistica di Paolo Soleri, promotore dell’Arcologia. Il concetto di edificio–città è inoltre condiviso da molti best seller di fantascienza, al punto che ci si chiede, in primis Martin Kramer del WAN: “saranno disposte le persone a vivere in una mega architettura di 2,3 Kmq? Non avranno gli abitanti di Ziggurat la cognizione di vivere in una gigantesca macchina?” La Timelinks risponde che “Ziggurat occupa solamente il 10% di una pari superficie terrestre originale. Se progetti come questi fossero realizzati in tutto il mondo potremmo così vedere comunità umane realmente sostenibili, rispettose di ciò che gli circonda ed in sintonia con l’ambiente naturale.”

In effetti è difficile negare un anelito futurista, quasi fantascientifico. Per dare senso ad un progetto di così ampio respiro servono dei buoni motivi. I coordinatori e gli ideatori, come si è visto, ne individuano alcuni interessanti, anche se rimane il dubbio sulla capacità di tali motivazioni di tradursi in opera.









Francesco Cherubini

Francesco Cherubini Dottore in Fisica

Nasce ricercatore biofisico per morire progettista HVAC tra ingegneri, architetti e geometri. E’ il classico soggetto che ha una lavatrice a pedali in cantina e l'estate fa campeggio con i pannelli solari e l'impianto a 12 volts autocostruito. Passione per l'artigianato, il rugby e l'essenzialità.