Le costruzioni con bottiglie di plastica in Africa hanno un valore aggiunto, anzi due

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La notizia che riguarda costruzioni con bottiglie al posto dei mattoni suona ancora come sensazionale e strepitosa, ma l’idea non è poi così nuova, almeno se ci si attiene strettamente alla strategia del riuso dei vuoti a perdere. Nel Nevada, infatti, è ancora in piedi una casetta di bottiglie di vetro molto carina, che risale addirittura al 1907. E’ incredibile come accada sempre che le più ingegnose idee nascano dal caso, o meglio da situazioni di emergenza:

agli inizi del secolo c’era scarsità di legno da costruzione nella città–fantasma di Rhyolite, e fu così che un anziano gestore di saloon, di nome Tom Kelly, decise di costruire una casa impiegando oltre 50,000 bottiglie tra vuoti di birra, whiskey, soda e medicine. Ci sono voluti ben 6 anni per terminarla ma alla fine ne è valsa la pena: dopo alcuni decenni la Paramount Picture ne ha riconosciuto l’alto valore architettonico e ha deciso di restaurarla per farla poi diventare un set cinematografico.

Dopo tale testimonianza non si contano gli altri esemplari costruttivi: alcuni sono frutto di esercitazioni artistiche e quindi attrazioni turistiche, come nel caso delle costruzioni di Cap–Egmont nell’isola di Prince Edward, e altri fungono da strumenti di monitoraggio per esperimenti tecnologici, come nel caso di una azienda vinicola in Australia, dove si relega all’acqua contenuta nelle bottiglie il compito di isolare termicamente l’ambiente interno.

EDIFICI DI BOTTIGLIE DI PEC

L’avvento del PEC, che ha sostituito in gran parte il vetro, ha risolto molto bene il problema della fragilità, del peso e quindi del trasporto delle bottiglie, ma le ha rese un rifiuto ingombrante e indesiderato. La plastica non permette che la bottiglia venga riutilizzata in quanto tale, cioè come contenitore alimentare, ma richiede complessi processi industriali di trasformazione nonchè alte emissioni di gas serra.

Ed ecco quindi che l’uso delle bottiglie come materiale costruttivo diventa vettore di un ennesimo messaggio: quello che vuole sensibilizzare l’opinione pubblica ad un uso più responsabile del prodotto in plastica o almeno educarla al riciclo. In Taiwan hanno da poco costruito l’EcoARK, un maestoso edificio di tre livelli che ha impiegato 1.5 millioni di bottiglie PET. Esso ospita un anfiteatro, una sala espositiva e una cascata di acqua piovana, rigorosamente riciclata per gli impianti di aria condizionata. E’ stato definito un “breathable environmental miracle" (un miracolo di ambiente respirabile), capace addirittura di resistere a tifoni e terremoti.

Ecco un video del progetto

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GLI EDIFICI DI BOTTIGLIE DI PLASTICA IN AFRICA

Costruzioni-bottiglie-b

Questo evento architettonico sembra aver avuto eco positiva fino in Africa, dove la realtà ambientale e sociale raggiunge paradossi ancora maggiori rispetto a quelli del mondo occidentale. Qui la bottiglia di acqua minerale è un lusso per la maggior parte della popolazione e nonostante ciò il territorio è sommerso di tali rifiuti provenienti da hotel, ville e ambasciate. Non esiste un programma di recupero della plastica e così questo materiale finisce con l’inquinare i bacini d’acqua, ostruire i cananli di irrigazione e alimentare il problema igienico sanitario.

Nel villaggio nigeriano di Yelwa si sono costruite le prime case con bottiglie di plastica riciclata, secondo una tipologia planimetrica a forma di 3, una tradizione di architettura circolare molto diffusa in Nigeria. Qui le bottiglie sono riempite con terra secca o materiali costruttivi di risulta, evitando il riempimento con la sabbia che risulterebbe troppo costoso. Le bottiglie vengono disposte a mo’ di mattoni, amalgamate con il fango che funge anche da isolante, e riescono a garantire una massa muraria bella da vedere ma soprattutto molto resistente e a prova di proiettile (scusate il cinismo, ma è un dato che conta molto). L’efficienza non si ferma alla tecnica muraria: si prevede alimentazione energetica con pannelli solari, si installeranno sistemi di purificazione dell’acqua e cucine ecosostenibili. Il successo di tali costruzioni è stato tale da richiamare l’attenzione non solo di turisti e abitanti vicini, ma anche dei media e di ufficiali governativi di stampo conservatore. C’è da chiedersi se questi ultimi si rendano veramente conto di quanto, questo fenomeno, potrebbe valere l’emancipazione e la libertà del loro popolo. Grazie a programmi di formazione sulla tecnica costruttiva, chiunque potrà facilmente diventare operaio esperto, e quindi costruirsi con pochissime risorse e autonomamente case più sicure e salutari. Si tratta di una conquista sociale molto importante per una popolazione che, contando oltre 160 milioni di abitanti, ha al momento un disperato bisogno di almeno 16 milioni di abitazioni.

Giuseppina Ascione

Giuseppina Ascione Architetto

Dopo aver cambiato case e paesi per 10 anni, si stabilizza definitivamente a Rovereto. Qui inizia a concepire l'architettura come un mezzo per  investigare ed influenzare il nostro benessere psicofisico. Da allora sogna e promuove un’architettura sostenibile non concepita tanto nell'accezione ecologica del termine, quanto mirata a creare una esperienza rigenerativa per chi la vive.