La casa parassita per città iperdensificate: si autoalimenta con rifiuti altrui

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Gli architetti tailandesi Achawin Laohavichairat, Montakan Manosong, and Peerapon Karunwiwat dello studio Achawin Design hanno proposto un affascinante appartamento–alveare autosufficiente grazie all’utilizzo degli scarti e dei rifiuti degli edifici esistenti. Invece di costruire nuove strutture nel già iperdensificato paesaggio urbano di Bangkok, i progettisti propongono di attaccare piccole unità abitative direttamente sugli edifici esistenti, come un favo si attacca ad un albero.

UN SISTEMA PARASSITA
Così come gli animali parassiti sopravvivono grazie all’organismo che li ospita, allo stesso modo questo tipo di appartamenti utilizza i rifiuti prodotti dall’edificio ad alta densità a cui si attaccano, purificando le acque di scarico per produrre l’energia necessaria al proprio funzionamento.

I progettisti ritengono che gli edifici esistenti della capitale tailandese, che producono significative quantità di acque di scarico e di rifiuti solidi, possano costituire un ottimo supporto per le loro nuove unità–alveare. Le stime parlano di 30.000 litri di acque di scarico prodotte quotidianamente dai grattacieli di Bangkok, e secondo il team di architetti sarebbero più che sufficienti per alimentare questi futuribili appartamenti carbon–zero.

COME FUNZIONA
Diverse sono le soluzioni tecnologiche scelte dai progettisti per la loro proposta:

  • Trattamento biologico delle acque di scarico: un sistema di tubazioni contenente alghe, le quali purificano naturalmente le acque inquinate tramite il processo di fotosintesi, utilizzando CO2 per produrre ossigeno che migliorerà la qualità all’acqua depurata;
  • Coltivazioni idroponiche: l’acqua di scarico è la base di nutrimento per le piante coltivate sulla facciata dell’unità, le quali producono ossigeno, raffrescano l’ambiente e mitigano l’insolazione;
  • Collettore d’acqua piovana: l’acqua meteorica che colpisce la facciata viene incanalata e raccolta in cisterne posizionate nell’edificio esistente ospitante;
  • Struttura riciclata: la struttura principale è in alluminio riciclato al 100%, un materiale oltretutto assai leggero;
  • Pannelli fotovoltaici: grazie allo sfruttamento dell’energia solare rendono l’unità abitativa autosufficiente da un punto di vista elettrico.

Progetto: una fattoria urbana a Tokyo grazie alla coltivazione idroponica

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ALCUNE QUESTIONI ANCORA SOSPESE
Al di là delle nobili intenzioni, e dell’obiettivo condivisibile di limitare il consumo di suolo e lo spreco di energie, alcuni aspetti dell’ardita proposta progettuale non sono ancora ben chiari: ad esempio non è stato specificato come gli abitanti potranno accedere ai propri appartamenti se questi sono attaccati esternamente ai grattacieli esistenti, o anche quali soluzioni adottare per proteggere la privacy sia degli abitanti degli “alveari”, sia degli inquilini degli edifici “ospitanti”.

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Rimane il fatto che si tratta di un concept molto interessante per il futuro, e l’augurio è quello che questa proposta molto ardita e provocatoria possa essere ulteriormente sviluppata, portando soluzioni alle problematiche finora non risolte, magari avvalendosi di nuove tecnologie e, perché no, coinvolgendo gli abitanti presenti e futuri per conciliare le diverse posizioni.






Matteo Gabbi

Matteo Gabbi Architetto

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