PortZED: a Brighton il quartiere off grid respinto dai cittadini

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Shoreham Harbour, Brighton. È degli ultimi giorni la notizia che il comitato cittadino, il Brighton and Hove City Council, ha respinto e criticato duramente il piano di sviluppo di PortZED, un quartiere off–grid, ovvero totalmente autonomo dalla rete idroelettrica, capace cioè di produrre l’energia necessaria esclusivamente tramite l’utilizzo di energie rinnovabili. Per cercare di capire perché la cittadinanza, una delle

parti che mai si sospetterebbe andare contro a soluzioni “green”, proprio per la tutela del proprio ambiente, decida di respingere un progetto che, per lo meno sulla carta, promette grande innovazione e sviluppo di risorse rinnovabili, praticamente a costo ecologico zero, occorre vedere il progetto da più vicino.

Il progetto è stato sviluppato dal gruppo ZedFactory, lo stesso che nel 2002 realizzò il complesso BedZED Beddington (in cui, come per PortZED, ZED sta per Zero Emission Development). Per quanto riguarda gli aspetti tecnologici, il quartiere, composto da sei edifici contenti in tutto 67 appartamenti, prevede turbine eoliche tra un edificio e l’altro, e le facciate esposte a sud interamente rivestite da pannelli solari e da solare termico. Trattandosi di un modello off–grid, sottolineano i promotori del progetto, molta importanza è affidata alla consapevolezza, da parte degli abitanti, che avere un’autonomia energetica non significa poter “sprecare” più energia a costo zero, ma al contrario rendersi capaci di “gestire” nel modo più equilibrato possibile le risorse, e a questo proposito le turbine eoliche sono state concepite per essere provviste di tre luci LED ciascuna, di colore rosso, giallo e verde, per monitorare e indicare quanta energia verrà consumata. Questo primo aspetto è sicuramente lodevole, ma occorre domandarsi quanto sia di facile acquisizione un concetto del genere, da parte di un’utenza non preparata.

Inoltre, proprio a causa della concezione off–grid del quartiere, si stima che gli appartamenti costeranno in media il 22% in più delle case tradizionalmente on–grid, cioè collegate alla rete di distribuzione pubblica. Altro dato questo, che di certo rende perplessi, sebbene si potrebbe controbattere con una riduzione dei costi nel tempo, però il problema dei costi incide sui finanziamenti, che devono essere abbastanza elevati da renderlo fattibile: la scelta di stare off–grid o meno, sarà decisa in un momento successivo, da fattori economici, il che inciderà sulle facciate che, non più intervallate dalle turbine eoliche, potrebbero essere variate e diventare continue.

Oltre a questi aspetti tecnici, il comitato ha definito il progetto in sé “troppo ingombrante, invadente e prepotente”, e sono preoccupati soprattutto da come inciderà questo quartiere ad alta densità in un ambiente che ad alta densità non è mai stato, e che a loro avviso non sente la necessità di diventarlo.

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Alcuni sostengono che l’idea in sé non è cattiva, ma che si trova nel posto sbagliato, o perlomeno dalla parte sbagliata del porto, altri denunciano il carattere “fuori scala” del progetto, il suo non integrarsi con le preesistenze e anzi sopraffarle, facendogli ombra con le sue dimensioni, altri ancora sono preoccupati dal potenziale disturbo acustico delle turbine eoliche, e infine, tutti concordano sul fatto che sia “brutto”.

Alla base del conflitto tra le varie voci in campo, in definitiva, non sembra stare la validità del concetto off–grid, delle potenzialità cioè di esplorare in profondità le potenzialità delle energie rinnovabili, quanto un più sottile incontro–scontro tra le parti, in cui emergono valori che non sono più solo di mercato, sebbene si tratti di un mercato ecosostenibile, ma che appartengono al luogo e alle persone che lo abitano, e che esprimono giustamente il loro diritto di discutere e votare a maggioranza sulle cose che lo riguardano.











Giulia Custodi

Giulia Custodi Architetto

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