L’insostenibilità dei cimiteri. Quale futuro per l’edilizia cimiteriale?

AAA

L’essere umano da vivo emette – come tutti gli esseri viventi –Co2, in quantità più o meno elevata a seconda dell’attività svolta e della sua corporatura; da morto è plausibile che esso non emetta più alcunché e invece no! Riflettiamo su quanto si siano estesi fino ad oggi i cimiteri e pensiamo non solo all’occupazione del suolo che non si limita all’area di inumazione ma che – secondo la normativa vigente – si estende ben oltre; infattile cosiddette fasce di rispetto cimiteriale costituiscono un vincolo di inedificabilità rinveniente direttamente dalla legge, che si impone con efficacia diretta ed immediata, indipendentemente da qualsiasi recepimento negli strumenti urbanistici ed eventualmente anche in contrasto con i medesimi, per non essere essi idonei ad incidere sull’esistenza o sui limiti operativi del vincolo [T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I – 8 marzo 2011, n. 67]

Quanto e come inquinano i cimiteri?

Riflettiamo innanzi tutto sul consumo energetico dovuto all’illuminazione: milioni di lumini, che se pure di dimensioni minime, se messi tutti insieme divorano migliaia di kilowatt e producono tonnellate di emissioni di Co2. Altrettanto preoccupante è la questione dei rifiuti organici – cadaveri a parte –. Quintali di fiori e piante che durano al massimo pochi giorni sulle lapidi per poi diventare spazzatura, assieme a tutti gli involucri, imballaggi e protezioni di carta, alluminio o pvc che servono a confezionarli. L’acqua poi si consuma a fiumi, vuoi per innaffiare i giardini annessi alle strutture cimiteriali sia per essere sostituita nei vasi dove i fiori vengono collocati. Milioni di metri cubi di cemento e marmo per realizzare lapidi, colombari, cappelle e quant’altro possa giovare ai parenti del defunto pur di saperlo felice nell’aldilà... per cui può sembrare lecito chiedersi il perché di certe tombe sfarzose se poi si crede in una vita eterna da tutt’altra parte che in terra!

Perché la Chiesa Cristiana non si oppone ma tuttavia non tollera il rituale della cremazione?

Sebbene la Chiesa Cristiana, con l’emanazione del nuovo Codice di diritto canonico del 1983, non proibisca più la cremazione, ma piuttosto esorti i fedeli affinché pratichino la sepoltura delle salme, solo in Europa del Nord si f ricorso a questo genere di pratica, mentre in altra nazioni, come l’Italia sussiste ancora una seria di perplessità legate alla diffusione della cremazione. La ferma opposizione della Chiesa alla pratica crematoria deriverebbe dal fatto che erano gli antichi pagani (che attualmente possono essere definiti neopagani) a non credere nella resurrezione del corpo e nella immortalità dell’anima ma bensì alla reincarnazione.

Come mai i cimiteri tradizionali stanno diventando – e molti già lo sono – eco–insostenibili?

Le motivazioni recate da quella parte di popolazione che si definisce laica e di coloro che sono credenti non praticanti,riguardano principalmente gli aspetti igienici. Interrare milioni di salme ogni anno sta diventando un pericolo per l’inquinamento delle falde acquifere soprattutto se le bare sono sepolte direttamente nel terreno e non negli appositi loculi. Inoltre il peso economico ed urbanistico per la realizzazione o l’ampliamento delle strutture cimiteriali comincia a farsi sentire visto che si è sempre più abituati a “farsi fare la tomba di famiglia”, costruendo piccole cattedrali ad uso di poche salme. Per carità, ciascuno è libero di far come crede ma sarebbe auspicabile una sorta di controllo degli sprechi in termini di bene comune: quelle che sono le scelte proprie di un individuo non devono condizionare il resto della popolazione e quindi là dove ci si estende costruendo in nome della credenza nell’inumazione del corpo, ben oltre il necessario si sa che si sottrae superficie utile ad altre attività, si incrementa l’emissione di Co2 prodotta per la realizzazione dell’edificio, per non parlare dello spreco per allestire gli spazi, dai fiori recisi fino all’illuminazione attiva 24 ore su 24.

Curiosità

Numerosi provvedimenti regionali sono indirizzati a regolamentare le attività di interramento delle spoglie degli animali di affezione. Resta quindi complesso gestire la diatriba fra ecosostenibilità e morale, o quanto meno affetto verso un proprio caro venuto a mancare. Nei confronti dell’antichissimo metodo della cremazione invece persiste il riserbo e anche un pizzico di diffidenza alimentata dalla poca conoscenza di questa pratica e, purtroppo è il caso di dirlo, dalla mancanza di infrastrutture adeguate per chi voglia perseguirla: in Italia infatti si contano poco più di 50 crematori.

Quale futuro per l’edilizia cimiteriale?

Probabilmente, anzi inevitabilmente, quello delle onoranze funebri e della realizzazione di strutture cimiteriali è un business, ma fino a quando si pensa possa durare? O meglio il ciclo vita–morte durerà in eterno, quel che avrà un termine sarà la disponibilità di spazio per tali strutture e il raggiungimento della soglia di allerta per quanto concerne le emissioni inquinanti dovute alle salme e a tutto ciò che fa parte del corredo funerario.

Sebbene il business possa sembrare macabro, è comunque, al momento, fruttuoso. Se non saranno le autorità statali e le pubbliche amministrazioni regionali, provinciali e locali, a porre dei limiti in nome del futuro del pianeta (non certo barattabile col “benessere” dei trapassati) allora la salvaguardia dei territori vicini ai cimiteri e di coloro che vi abitano, diverrà interesse esclusivo di qualche ardito sostenitore dell’ecologia e non una piena considerazione del problema.

Mariangela Martellotta

Mariangela Martellotta Architetto

Architetto pugliese. Prima di decidere di affacciarsi al nascente settore dell’Ecosostenibilità lavorava nel settore degli Appalti Pubblici. È expert consultant in bioarchitettura e progettazione partecipata. Opera nel settore della cantieristica. È membro della Federazione Speleologica Pugliese.