Architettura sostenibile è architettura sociologica?

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Capita che molte delle persone più interessanti che conosciamo abbiano le mani logorate dagli anni. Sono mani che sono state vicino alle cose, le hanno toccate, le hanno sentite sulla pelle, percependone ogni piccola imperfezione o qualità. Oggetti conosciuti fino ad innamorarsene, creati da quelle stesse mani che appartengono a persone spesso di poche parole, accompagnate da gesti che danno vita ad una stratificazione di istanti, situazioni e pensieri, accatastati tra loro nel tempo, che ci raccontano di momenti che sentiamo subito nostri

ARCHITETTURA E SOCIOLOGIA: IL RAPPORTO TRA UOMO E SPAZIO URBANO

LA CITTÀ DI TUTTI

Allo stesso tempo le città nate dalla stratificazione del proprio passato sono il luogo di tutti, dei nostri lavori, della nostra vita; ce lo rivelano le tecniche e i materiali con cui sono costruite, le vie, le piazze, le pause, sono “gesti sociali”, luoghi di socializzazione che per un'affascinante magia, possono trasformarsi nei posti più intimi che si conoscano.

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I vari momenti sono davanti a noi, si leggono e si percepiscono. Imprevisti. Una macchia su un muro, un intonaco dal colore un po' stanco oppure un caffè dove rilassarsi e non sentirsi estranei. Robert Musil, nel romanzo L'uomo senza qualità, riassume in una splendida frase questi momenti urbani, regalandoci un'atmosfera talmente reale da essere quasi palpabile, una città riconoscibile anche ad occhi chiusi, in cui aprire gli occhi servirebbe solo per averne la conferma.

"Le città si riconoscono al passo, come gli uomini...[sono costituite] da irregolarità, avvicendamenti, precipitazioni, intermittenze, collisioni di cose e di eventi, e, frammezzo, punti di silenzio abissali; da rotaie e da terre vergini, da un gran battito ritmico e dall'eterno disaccordo e sconvolgimento di tutti i ritmi".
Robert Musil, L'uomo senza qualità, 1930.

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Purtroppo però capita di camminare attraverso piazze, in realtà vuoti urbani, nati per sottrazione di volumi - la geometrica alternanza di macchie bianche o nere sui fogli di carta -, luoghi racchiusi da edifici (qui nella grigia accezione di fabbricati, costruzioni geometriche chiuse, isolati da vie e spazi vuoti e separati dalle altre costruzioni mediante muri) a cui mancano i presupposti per creare reciproca permeabilità tra lo spazio pubblico e quello privato.

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Accade di incontrare muri geometricamente perfetti, puliti, lisci, spigolosi, in realtà cataste di materiali che non possono raccontare nulla, devono ancora iniziare a vivere, ad esser parte di noi e della città. Si relazionano in maniera passiva al proprio intorno, non sono stati progettati per dare ma solo per assorbire, le nostre energie e le nostre idee. Molte e note “opere” architettoniche sono cataste di materiali che non comunicano con noi, molto dello spazio costruito non ha memoria e mai l'avrà.

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Forse i progettisti, desiderosi di diventare essi stessi l'oggetto del loro lavoro, hanno dimenticato l'importanza della funzione sociale dell'architettura, senza la quale non si dovrebbe tracciare alcuna linea su un foglio bianco. Capace di intervenire a vari livelli di prossimità, gestendo lo spazio, infatti l'architettura agisce in profondità nelle relazioni tra gli individui e, cercando di assecondarne gli stati d'animo e le inclinazioni, finisce inconsciamente per condizionarne le azioni, le scelte ed i pensieri. Alcune architetture “non-sociologiche” sembra quasi che sentano il peso della loro responsabilità e comunichino il loro fallimento a chi, distrattamente, le sfiorerà di uno sguardo, nascondendosi dietro ad alti muri, vomiti di cemento, impassibili per anni a ciò che accade intorno a loro.

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Potremmo quindi definire sostenibile quell'architettura nella quale ad esserlo sono i rapporti sociali derivanti dal progetto, generatori di spazi urbani stimolanti e quindi sociali. La sostenibilità è un concetto che oggi troppo spesso è, esclusivamente, abbinato a fattori contingenti o accessori al progetto (spesso riferiti a questioni tecnologiche e numeriche) ed elevati a paladini di un illusorio rispetto ambientale dell'edificio, spostando l'attenzione da dove dovrebbe originarsi la sostenibilità architettonica, cioè da quei primi pensieri alla base delle linee tracciate dalla matita del progettista.

  • crediti fotografie © Lenny Schiaretti
Lenny Schiaretti

Lenny Schiaretti Architetto

Appeso ad una scala poco stabile, da tempo sta cercando il suo libro tra i polverosi scaffali di una biblioteca, ancora tutta da scoprire. Si fa aiutare dall'architettura, dal basso elettrico, dai viaggi, qualche buon libro e frequenti tuffi in piscina. Durante questa ricerca, insieme ad un amico, ha attraversato la Mongolia in bicicletta e da quei deserti nella sua mente sono cambiate tante cose...