L’architettura dell’olfatto: progettare la percezione degli odori

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Oggi il rapporto uomo–architettura è governato principalmente dalla vista, dimenticando spesso che la percezione degli spazi è legata non solo alle immagini, ai materiali, ma anche agli odori. Progettare ambienti che impressionino tanto gli occhi quanto l’olfatto è un gioco complesso che, più che su prospettiva e regole matematiche, si fonda sulla capacità di evocare ricordi attraverso essenze e profumi.

Sperimentare con la luce: zucchero caramellato per il padiglione “dolcissimo”

Già nell’antica Grecia sia Aristotele che Platone discorrevano sull’importanza della visione (si parlava di occhio della mente), considerata in stretta connessione all’intelletto; il Partenone è pieno di correzioni ottiche e l’insieme di edifici dell’Acropoli si pone in modo tale da creare un quadro visivo equilibrato. Nel Rinascimento, con l’invenzione della prospettiva, l’occhio divenne addirittura il fulcro nella percezione della realtà.

ODORI E PROFUMI NELL’ARCHITETTURA DEL PASSATO

Nonostante ciò esistevano anche altri artifici sensoriali, meno acclamati ma ugualmente importanti. Presso gli antichi romani la cosiddetta acqua di rose era molto in voga e profumava persone e palazzi. Le moschee odoravano di muschio per favorire l’ascesi dei fedeli: i muri in mattoni si riscaldavano facendo evaporare tale fragranza negli ambienti interni.

Nel ‘600 e ‘700 regge e giardini erano inebriati da essenze floreali, distintive di un’epoca ancora votata all’ascolto dei sensi ma forse non del tutto consapevole di tale ricchezza.

L’ARCHITETTURA DELL’OLFATTO

L’architettura dell’olfatto perciò non è una novità dell’ultima ora. Fu nel ‘900 che l’imperante desiderio di sintesi portò a “sterilizzare” l’aria e “asciugare” le forme, spostando l’accento sul disegno di superfici, materiali e luce; come scordare la famosa frase di Le Cobusier: “L’Architettura è il gioco sapiente, rigoroso e magnifico dei volumi sotto la luce”.

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Padiglione per l’Expo 2000 di Hannover, Peter Zumthor

Oggi invece la nostra concezione di spazio, come sostiene l’architetto finlandese Juhani Pallasmaa, dovrebbe spingersi oltre, puntare al coinvolgimento contemporaneo di tutti i sensi. Una delle finalità della progettazione eco–sostenibile è proprio realizzare luoghi sensibili, in sintonia col benessere fisico e psicologico. In tal senso mi risuonano le parole di Peter Zumthor il quale, nel saggio Un modo di vedere le cose, descrive le prime sensazioni dell’infanzia nel rapporto con la casa di sua zia: “Mi sembra ancora di sentire nella mano la maniglia della porta(..) oggi quella maniglia mi appare come un segno distintivo dell’accesso a un mondo di sensazioni e odori molteplici(…) E le piccole piastrelle esagonali (..) rispondevano ai miei passi con inflessibile durezza, e la credenza emanava un singolare odore di colore a olio.”

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Terme di Vals, Peter Zumthor

Zumthorritiene che i materiali possano assumere qualità poetiche e gli odori sono elementi che il linguaggio architettonico dovrebbe sempre includere. Ad esempio il suo padiglione all’Expo 2000 di Hannover s’impone per la forte essenza di legno resinoso e le famose Terme di Vals sono un’esperienza concreta e unica di percezione plurisensoriale.

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Casa di legno, Arcipelago di Turku, Juhani Pallasmaa

Anche Pallasmaa, nella casa di legno in un’isola dell’arcipelago di Turkue negli spazi museali a Rovaniemi, dimostra di essere un bravo architetto della percezione, realizzando luoghi dove gli odori sono importanti quanto la visione.

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The Rovaniemi Art Museum, Juhani Pallasmaa

E prima di loro il maestro Alvar Aalto insegnava a considerare lo spazio non come un’astrazione pura ma come atmosfera di luce, suoni e profumi: molte sue opere profumano del legno di pino e di betulla, tipici dei boschi finlandesi.

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Villa Mairea, Alvar Aalto

PROGETTARE LE PERCEZIONI OLFATTIVE

L’impressione che si dà di noi stessi è fatta dello spazio in cui viviamo, dei suoi colori, del suo stile, della pulizia, ma prima ancora del suo odore.
Il profumo di casa è simile a quello della pelle: se è gradevole attrae, fa sentire a casa noi e gli ospiti.Usando incensi profumati o candele però si cambia solo superficialmente l’odore di un ambiente, mentre la progettazione dell’olfatto è un’altra cosa, deve avvenire a livello compositivo e strutturale: è la stessa differenza che corre tra mettere un profumo o bere latte, per secernere un odore particolare attraverso il sudore.

Secondo gli studiosi, il senso dell’olfatto è legato all’emisfero destro, mentre le aree del linguaggio si trovano in quello sinistro. L’emisfero destro è un’area connessa alle emozioni, non tanto alle conoscenze; Diane Ackerman afferma che gli odori sono i nostri compagni più cari, ma di cui molto spesso si dimentica il nome. Si fanno catalogare tramite altri elementi di riferimento: odori simili, persone, oggetti o luoghi di provenienza. Engen e Lawless lo chiamano fenomeno “della punta del naso” poiché di fronte ad essi ci si trova in uno stato simile a quando una parola rimane sulla “punta della lingua”.

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Quindi nell’associazione parola–odore, le persone sono spinte istintivamente a dare risposte onomatopeiche o legate ad esperienze personali, del tipo: “Sì buono, sembra l’odore dei pop corn che si prendono al cinema!…”.
In Architetture Invisibili L’esperienza dei luoghi attraverso gli odori, di Anna Barbara e Anthony Perliss ( Skira Milano 2006) si considera il naso uno strumento complesso, fatto di vuoti, membrane e recettori, attraverso cui passa un flusso di particelle registrate dal cervello: messaggi elettrochimici connessi al nostro inconscio.

L’olfatto non mente mai, apre una porta precisa della memoria, non altre; sta a noi correre via o soffermarsi ad assaporare i ricordi. Una casa, un albergo, un ristorante prendono vita attraverso la vista, l’udito, il tatto, ma il primo senso ad accendersi stilando un giudizio netto è l’olfatto.

L’uomo moderno ha due forti aspirazioni: l’allontanamento dell’odore della morte e il desiderio di venerare i defunti con dei riti. Attraverso tumulazione, cremazione, imbalsamazione, accompagnate dall’uso di essenze, è come se si volesse allontanare la morte e il suo odore, esorcizzandola con un ambiente che si fa dimora di una nuova dimensione.

L’olfatto rivela la vera natura di un luogo, seguirlo vuol dire spingersi oltre i muri, rafforzando il legame tra spazi interni ed esterni, tra uomo e architettura, tra materia e spirito. Insomma la dimensione olfattiva non è esclusiva dei profumieri, ma affascina tutti; traccia linee di un’architettura invisibile sempre più reale. Ma alla fine riuscirà a far sentire completamente la sua voce?.. Se ciò avverrà il futuro potrebbe avere spazi un po’ meno seducenti nelle forme, ma più innovativi dal punto di vista percettivo, in cui l’olfatto finalmente emergerà da quel silenzio in cui ha vissuto per troppo tempo.

Federico Da Dalt

Federico Da Dalt Architetto

Vive a Colle Umberto (Treviso) e Venezia, città dove si è laureato con la tesi Abitazioni sostenibili in Bangladesh: un progetto di alloggi in bambù e terra cruda adatti a convivere con le alluvioni. Si diletta nella poesia, nel canto e nel teatro, ama i giri in bicicletta e le escursioni in montagna.