Algoritmi per l’autoproduzione. Riflessioni sulla terza rivoluzione industriale

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Quando il celebre progettista Enzo Mari arrivò a formulare teorie sull’autoprogettazione e l’autoproduzione che avrebbero cambiato il modo di progettare per l’industria, difficilmente poteva immaginare una svolta così repentina e decisiva nella cosiddetta “terza rivoluzione industriale”, e l’avvento dei Makers. Erano gli anni settanta, e quarant’anni prima della comparsa di tali figure l’ex presidente dell’Associazione Italiana Disegno Industrialegettò le basidi uno sviluppo ragionato indispensabile per la gestione delle tecnologie che oggi stanno invadendo il mondo della progettazione. Questa eredità concettuale può quindi essere la chiave di volta per lo sviluppo di tecniche di progettazione sostenibili.

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L’AUTOPRODUZIONE DI MARI

Esempio celebre del lavoro di Mari è la “Sedia 1”, distribuita da Artek come kit di montaggio correlato di libretto di istruzioni e spiegazione della filosofia del progetto: l’autoprogettazione nasce dalla forte volontà del progettista di sensibilizzare i fruitori al mondo del prodotto.
Mettendo direttamente mano alla costruzione di un elemento di arredo, ogni persona diventa consapevole del funzionamento ogni parte dell’oggetto, e di conseguenza arriva a comprendere ciò che è superfluo.

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Scavando nei formalismi, che il progettista considera come incrostazioni del design puro, è quindi possibile per tutti arrivare alla consapevolezza della forma essenziale e utile del prodotto. Mari infatti parte dal presupposto che ogni cosa ha una sua forma perfetta, funzionale, che non può essere modificata senza che questa perda il suo scopo.

La natura è l’esempio eccellente di questa tipologia di forme, evolutesi in un determinato ambiente per quel contesto, e quindi come risultato di forze e dinamiche specifiche.

MAKERS

Ancora oggi, le idee rivoluzionarie di Mari rimangono un’utopia per la gran parte del mondo della progettazione. Il mercato si basa ancora su idee imposte, che veicolano uno stile momentaneo e troppo spesso superficiale. Tale gusto viene costantemente associato all’ecologia o, peggio, alla sostenibilità, esclusivamente per scopi di marketing. Ma guardando indietro alle teorie dell’autoprogettazione, non sono necessari slogan per comprendere che la produzione spontanea di oggetti utili è “il modo” per parlare di sostenibilità, nonché di usare il termine ecologia in modo proprio.

Inoltre, stiamo assistendo a una rivoluzione tecnologica che segue esattamente questa linea di pensiero. Non si sta lavorando sull’implementare la qualità degli arredi, resi comunque troppo spesso scadenti dalle logiche di mercato, ma sulla possibilità dei singoli di produrre per proprio conto oggetti come desiderati e quando desiderati. Esiste già un folto gruppo di progettisti e non impegnato in questa rivoluzione detta digitale.

Questi sono spesso riconosciuti con l’appellativo di “makers”, persone in grado di portare il progetto dal digitale all’analogico tramite la conoscenza di tecnologie emergenti come la prototipazione rapida, abbinate alla manualità artigianale. In questo momento di passaggio, sono questi “artigiani tecnologici” che hanno la grande responsabilità di guidare i fruitori nella gestione di tali tecnologie e quindi nella risoluzione dei propri particolari bisogni.

ALGORITMI PER L’AUTOPRODUZIONE

Nell’era digitale ciò che fornisce un’importante plus a ciò che era stato teorizzato da Mari è che le soluzioni che si vanno a realizzare possono essere ottimizzate per il contesto in cui si trovano, riportando l’attenzione sulla forma, che deve essere quella perfettamente funzionale.
Non più quindi progetti esclusivamente volti alla scoperta del rapporto con l’oggetto, ma una vera e propria serie di strategie implementabili alla quale ispirarsi per la creazione delle proprie soluzioni. Idee e soluzioni possono essere condivise per la costruzione di manufatti. Progetti, sotto forma di algoritmi per la risoluzione di determinati problemi, atti allo sviluppo condiviso di prodotti realmente sostenibili, condivisibili su scala internazionale con un click.

Tutto è pronto per questa rivoluzione democratica nel design, che è di per sè una pratica insostenibile, se inteso come imposizione di idee.

Infine, così come Mari si riferiva alla natura come creatrice di forme perfette, una fase di ricerca e sviluppo, citando il teorico dell’autoprogettazione, “si tratta di un’attività di ricerca può essere fatta solo con la pratica diretta.”

Per approfondire l’argomento, consultate il testo “Autoprogettazione?” di Enzo Mari, Edizioni Corraini, 2002.